Quaranta anni fa, il 1974: un anno di grandi contraddizioni e di svolte importanti
Nelle carceri il 1974 inizia verso fine di febbraio. Il 24 febbraio i detenuti del carcere Le Murate di Firenze organizzano una protesta, non è la prima volta, si battono da anni insieme a tutta la popolazione prigioniera per l’attuazione della riforma carceraria.
Il detenuto Giancarlo Del Padrone, nemmeno 20 anni, viene ucciso falciato da una raffica di mitra di un agente di custodia. [vedi qui e qui ]
Il potere era molto preoccupato; il movimento dei detenuti aveva raggiunto livelli di mobilitazione importantissimi e di massa e aveva coinvolto importanti settori della società esterni al carcere. Situazioni di sostegno alle lotte dei carcerati erano presenti in ogni città. Grazie a questo sostegno esterno e ai livelli di organizzazione interna, il movimento dei detenuti aveva sviluppato una capacità di azione notevole e una capacità programmatica tanto da mettere in crisi il Ministero e i funzionari della Direzione Generale Istituti Prevenzione e Pena (DGIPP). Va ricordato che i testi scritti dai prigionieri in quegli anni, testi di analisi critica del carcere e proposte per riforme sostanziali sono state successivamente oggetto di studio e riferimento per numerosi centri studi in tutto il mondo. Ma in questo triste paese quel patrimonio di cultura anticarceraria è stato nascosto e criminalizzato.
Seguiamo la cronaca di quei giorni. Da [da Maelstrom pag.162 e segg]
«Il 23 febbraio ’74, a Firenze, nel carcere delle Murate è in corso una protesta per la riforma dei codici fascisti e per un nuovo regolamento penitenziario. I detenuti sono sui tetti, non è la prima volta, però la polizia spara, prima lacrimogeni e poi piombo. E quella è la prima volta. Giancarlo Del Padrone, un ragazzo di vent’anni, detenuto per un tentato furto, rimane ucciso, altri otto detenuti vengono feriti.
In molte carceri si impenna la protesta contro gli assassini di Stato. A Genova due giorni dopo si ribellano i detenuti del carcere di Marassi. Una nuova ondata di forti proteste corre da nord a sud. Scontri avvengono anche fuori dal carcere. Il movimento, a quel tempo, non abbandonava i ribelli nelle carceri e il 14 marzo, a Firenze, per un intero pomeriggio si accendono scontri tra polizia e manifestanti sotto il carcere delle Murate, scontri cui i detenuti assistono dalle finestre e partecipano con battiture e urla.
Il potere decide di rispondere ancora col piombo. Il 9 maggio nel carcere di Alessandria tre detenuti sequestrano un medico, un’assistente sociale, sei insegnanti e sei agenti. Polizia e carabinieri circondano l’edificio, i detenuti chiedono di poter lasciare il carcere in un furgone. In serata il governo consente una soluzione di forza di polizia e carabinieri che porta alla morte di due ostaggi.
Il giorno dopo vi è l’assalto, diretto dal generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, che porta all’uccisione di due detenuti e tre ostaggi. Un massacro. Dalla Chiesa non viene destituito, viene anzi nominato plenipotenziario del nuovo sistema carcerario. A lui viene affidato il compito di individuare e predisporre il circuito delle carceri speciali e di sovrintendere alla loro sicurezza. Il Procuratore della Repubblica Reviglio della Veneria commenta: «Un’azione meravigliosa, condotta magistralmente dai carabinieri ». Sette morti.
Il movimento dei detenuti vacillò, anche perché in quel ’74 si contarono altri quattro detenuti uccisi, ma non arretrò. La società civile, quella che si era scoperta riformatrice, invece arretrò lasciando mano libera ai massacratori. E arretrò, inaspettata, perfino la compagine più battagliera del movimento, Lc, che aveva fino allora offerto sponda e sostegno al movimento dei detenuti. La Commissione carceri di Lc ne chiedeva un potenziamento per far fronte alla repressione dilagante, la segreteria di Lc invece ne propose l’unificazione con la Commissione soccorso rosso per realizzare una Commissione sui problemi della giustizia. Nei fatti significava l’abbandono dell’intervento sul carcere. Le argomentazioni dei dirigenti di Lc suonarono come campane a morto: «La situazione era diventata troppo pesante, segnata dalla sfiducia disperata e dal riflusso qualunquistico dei detenuti». I leader di Lc sentenziarono che: «Il tentativo di orientare dall’esterno un processo di sensibilizzazione politica e di iniziativa collettiva dei detenuti […] non è ripetibile»
Il ripiegamento di Lc, la formazione più numerosa della sinistra rivoluzionaria, avvenne anche nei riguardi di altri settori sociali fino alla riscoperta, nel ’76, della la via elettorale. La repressione dilagò, accompagnata da una pesante stretta
delle condizioni di vita. Si tornò al regime delle celle chiuse. Il Ministero cominciò a lavorare per realizzare un circuito ristretto di supercarceri dove rinchiudere i più riottosi, definiti «di difficile controllo».
La controffensiva reazionaria, quasi un golpe, si attuò con la nascita del governo Moro del 23 novembre ’74. Governo bicolore Dc-Pri, nel quale venne estromesso il ministro Zagari che aveva offerto soluzioni aperturiste e sostituito con Oronzo Reale, quello che produrrà la famigerata «legge Reale» sull’ordine pubblico. Fu proprio quel governo Moro a guidare una decisa svolta a destra su tutti i terreni del conflitto: repressione contro le lotte operaie e di quartiere e le manifestazioni di piazza. Luigi Gui era agli Interni. Quel governo varerà il maggior numero di leggi liberticide.
Nel Parlamento, liberali, missini e destra Dc lanciarono allarmi per il «lassismo» con cui lo Stato affrontava i ribelli nelle carceri: «Non facciamo delle carceri dei soggiorni piacevoli per detenuti».
Vennero tolti dalla riforma i contenuti avanzati e venne introdotto l’art. 90 che permetteva al ministro di sospendere in tutto o in parte i contenuti della riforma qualora si ravvisassero problemi di sicurezza.
Colpi di tale durezza crearono sbandamento nel movimento dei detenuti. Per quelli politicizzati la scelta a quel punto divenne obbligata. A Napoli si riunirono nel Movimento dei proletari emarginati, a Firenze nel Collettivo George Jackson. E quelli furono i due raggruppamenti da cui si formarono i Nap. Vi furono anche le Pantere rosse, formatesi nel carcere di Perugia che si posero da subito la prospettiva combattente.
[…] I Nap iniziarono il loro intervento in un clima incandescente, la polizia sparava contro i rivoltosi e i secondini picchiavano selvaggiamente chiunque protestasse, si moltiplicava l’uso delle più dure punizioni, il letto di contenzione aveva ripreso a funzionare a pieno ritmo massacrando corpi e menti. La prima azione dei Nap: un messaggio diffuso con altoparlanti: «Compagni detenuti il volantino qui allegato è la trascrizione del testo megafonato la notte del primo ottobre 1974 davanti ai carceri di Milano, Roma e Napoli e seguita da un’esplosione che aveva lo scopo di distruggere le apparecchiature trasmittenti.
[…] Compagni e compagne detenuti nel carcere, questo messaggio è rivolto a tutti voi dai Nuclei armati proletari che si sono costituiti in clandestinità all’esterno dei carceri per continuare la lotta dei detenuti contro i lager dello Stato borghese e la sua giustizia; il nostro è un appello alla ripresa delle lotte per il conseguimento degli obiettivi espressi nelle piattaforme dal ’69 in poi. Una ripresa delle lotte nei carceri che ci vede uniti, ora come dal ’69 in poi, al proletariato; contro il capitalismo violento dei padroni, contro lo Stato dei padroni e il suo governo. La risposta dello Stato borghese a cinque anni di lotta dura è stata una crescente repressione e una serie di provvedimenti fascisti tra i quali il raddoppio della carcerazione preventiva e il definitivo affossamento del progetto di riforme penali. […] Noi non abbiamo scelta: o ribellarsi e lottare o morire lentamente nelle carceri, nei ghetti, nei manicomi, dove ci costringe la società borghese, e nei modi che la sua violenza ci impone. Contro lo Stato borghese, per il suo abbattimento, per la nostra auto liberazione di classe, per il nostro contributo al processo rivoluzionario del proletariato, per il comunismo, rivolta generale nelle carceri e lotta armata dei nuclei esterni. […] I nostri obiettivi immediati sono:
a)abolizione dei manicomi giudiziari, veri lager nazisti…
b)abolizione dei riformatori minorili, luoghi di violenza originaria sul giovane proletario…
c)amnistia generale e incondizionata, salvo che per i reati di mafia e per la sbirraglia nera…
d)abolizione immediata della recidiva.
e)inchiesta da parte di una commissione non parlamentare, ma composta da compagni, avanguardie di lotta delle fabbriche e dei quartieri sulle torture, sugli abusi e sugli omicidi…
f)la verità sul compagno fucilato a Firenze e sulla strage ordinata dal potere e dai suoi servi ad Alessandria…
Viva il comunismo, viva la lotta dei detenuti [ottobre 1974].
(Da: Progetto memoria. Le parole scritte. Sensibili alle foglie, Cuneo 1994).
«I Nap adottarono un atteggiamento politico e ideologico di condivisione rivendicativa di ogni azione volta a liberare il proletariato recluso, i detenuti sociali, gli extralegali e i non garantiti, e a favorire una presa di coscienza politica. […] Questo programma fu spesso considerato con diffidenza, se non addirittura con sospetto, da altre formazioni armate più dogmatiche, anche se la linea d’ombra fra clandestinità e movimento venne superata, in diverse occasioni, da un’innegabile sintonia fra Nap e altre organizzazioni di riferimento, come per esempio le Br, da molti tacciate di dirigismo e stalinismo. Sta di fatto che i Nap incarnarono un indiscusso ruolo di avanguardia all’interno del sistema carcerario e, all’esterno, nel carcerario diffuso». [Roberto Silvi, La memoria e l’oblio, cit.]
Luca Mantini verrà ucciso il 29 ottobre 1974 durante un esproprio a una banca di piazza Alberti a Firenze insieme a un altro compagno napoletano, Giuseppe Romeo «Sergio».
Il 1974 sul piano internazionale:
*** Il 2 marzo in Spagna il compagno anarchico catalano Salvator Puig Antich e il detenuto “comune” tedesco Georg Michael Welzel (noto come il “polacco” Heinz Ches) vengono garrotati. Ultima ferocia di un regime ormai morente. Il 20 dicembre dell’anno precedente (1973) l’ammiraglio Luis Carrero Blanco successore di Franco era saltato in aria insieme alla sua scorta grazie a un’azione eseguita dai compagni dall’Eta.
*** In Portogallo il 25 aprile alcuni ufficiali, i cosiddetti Capitani d’Aprile, danno il via alla Rivoluzione dei Garofani, che abbatte il regime fascista di Marcelo Caetano successore di Salazar , sostituendolo con una giunta militare. Quella rivoluzione fa sperare in una rivoluzione socialista, ma è un sogno di breve durata: errori clamorosi delle forze politiche rivoluzionarie, e soprattutto la minaccia di strangolamento economico e commerciale di tutto il mondo capitalista, nessun appoggio dal mondo del “socialismo reale”, riducono una speranza in una democrazia borghese corrotta e incapace.
[vedi qui e qui ]
Di nuovo qui da noi…
*** Durante sedute burrascose, ma sostanzialmente concordi, tra il 9 e il 17 aprile, Camera e Senato approvano la legge 195 sul finanziamento pubblico dei partiti (quello che è in discussione in questi giorni per abolirlo o per ridimensionarlo).
*** Il 18 aprile a Genova le Brigate Rosse sequestrano il magistrato Mario Sossi, persecutore accanito di tutto le istanze del movimento genovese e pubblico ministero nel processo contro i compagni della XXII Ottobre. Di questi compagni in carcere, le Br il 5 maggio chiedono la libertà in scambio con quella di Sossi. La magistratura concede la libertà provvisoria ai compagni imputati e Sossi sarà liberato a Milano il 23 maggio, ma il procuratore generale Francesco Coco rinnega l’impegno della liberazione dei compagni, avvalendosi di un cavillo giuridico.
Primo volantino e ottavo volantino l’ultimo:
*** Il 12 maggio nel referendum per l’abrogazione della legge sul divorzio il NO vince con il 59,3% (l’affluenza sfiora l’88%): la legge Fortuna-Baslini resta in vigore.
*** Il 22 maggio a Roma è costituito presso l’Arma dei carabinieri un nucleo antiterrorismo, al comando del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa. È il premio per aver compiuto la “strage nel carcere di Alessandria. Dalla Chiesa seleziona dieci ufficiali dell’arma e con questi crea nel maggio del 1974 una struttura antiterrorismo, denominata Nucleo Speciale Antiterrorismo, con base a Torino. Verrà sciolto nel 1976, dopo che era emerso in tutta chiarezza la totale illegittimità di questa struttura all’interno delle istituzioni disegnate dalla Costituzione. E anche per le sue azioni eccessivamente “indipendenti dalla legge”.
*** Il 28 maggio – Brescia: esplode una bomba in piazza della Loggia durante una manifestazione sindacale
*** Il 30 maggio – Gianni Agnelli è eletto presidente di Confindustria.
*** Il 21 luglio – Roma: viene costituito il Partito di unità proletaria per il comunismo (PDUP), fusione della lista de il manifesto con il gruppo proveniente dal PSIUP.
*** Il 23 luglio in Grecia cade la dittatura dei colonnelli al potere dal 1967. Il cosiddetto “mondo occidentale” con gli Usa in testa si rendono conto che tale regime è impresentabile nel confronto col mondo del “socialismo reale”, d’altronde il lavoro sporco di ripulire la Grecia dai comunisti era stato già svolto. In attesa di elezioni, per guidare il governo temporaneo viene richiamato in patria l’ex primo ministro Konstantinos Karamanlis [vedi]
*** Il 4 agosto – San Benedetto Val di Sambro (in provincia di Bologna): strage dell’Italicus. Una bomba esplode nella carrozza 5 dell’espresso Roma-Monaco mentre sta uscendo dalla galleria dell’Appennino. L’attentato, che causa 12 morti e 44 feriti, è rivendicato gruppo neofascista Ordine Nero come vendetta per la morte del militante Giancarlo Degli Esposti, avvenuta il 30 maggio durante uno scontro a fuoco con le forze dell’ordine
*** Il 9 agosto Richard Nixon si dimette dalla carica di presidente degli Stati Uniti a seguito dello scandalo Watergate
*** L’8 settembre a Roma, nel quartiere di San Basilio, gli occupanti di case vengono aggrediti da ingenti forze di polizia. Trattative e scontri si protraggono per tre giorni. Colpi d’arma da fuoco della polizia uccidono Fabrizio Ceruso, di diciannove anni, militante del Comitato Proletario autonomo di Tivoli. Vedi qui e qui
*** Il 2 ottobre a Torino la FIAT mette in cassa integrazione 65.000 operai, adducendo i motivi della crisi del settore automobilistico, in realtà iniziando la controffensiva padronale. Il 9 ottobre viene indetto uno sciopero generale. Dopo un mese di agitazioni trovato l’accordo: riduzione oraria da 40 a 24 ore settimanali e recupero parziale del salario. Il 4 ottobre vengono messi in cassa integrazione 73.000 operai FIAT, Autobianchi e Lancia. Questo primo attacco padronale verrà respinto, si ripresenterà nel 1980, con esiti diversi come si vede qui e qui
*** Il16 ottobre a Milano l’Alfa Romeo annuncia la riduzione dell’orario di lavoro per 13.000 lavoratori.
*** Il 12 novembre New York, Yasser Arafat interviene per la prima volta all’Assemblea Generale dell’ONU come rappresentante del popolo palestinese. E il 22 novembre l’ONU riconosce l’OLP come legittimo rappresentante del popolo palestinese, cui viene riconosciuto il diritto all’autodeterminazione.
*** Il 27 dicembre, dopo 30 anni dalla liberazione, finalmente la Corte costituzionale dichiara illegittime le norme del codice penale che impediscono lo sciopero politico.
Leggendo l’articolo , ho la percezione che non siano passati 40 anni, bensì 40 anni luce,. Tale è il tempo che separa quella società piena di fermenti , contraddizioni, speranze, da questa attuale piatta, lobotomizzata, individualista, corrotta fino al midollo. L’Italia del 2014 è un paese privo di ogni sovranità alla mercè di guitti politicanti , maggiordomi degli Stati Uniti,della grande finanza e dei poteri forti, tanto bravi a parlare di diritti civili, quanto infaticabili a distruggere i diritti sociali e dei lavoratori , in nome della “democrazia” e della ripresa economica ( che non ci sarà, sia ben chiaro) Ora è il turno di Renzi.
Ovviamente chi contrasta questo disegno è dipinto come terrorista ed eversore ( No Tav per esempio). In Ucraina, al contrario, i neo fascisti di Svoboda, epigoni di Stepan Bandera , nonchè ladri di stato come Timoschenko, sono acclamati dal main stream mediatico come rivoluzionari. Che strano…
Ottima ricostruzione, come sempre, di quegli anni fantastici, ma quell’entusiasmo giovanile e la poca preparazione storico politica ci fecero commettere degli errori di valutazione circa la nostra penetrazione nel tessuto sociale; questo non vuol dire che dovevamo aspettare di essere maggioranza rivoluzionaria, ma neanche impazienza giovanile dettata dalla ventata liberatrice da una società asfissiante, borghese, cattolica, fascista, gravida di luoghi comuni e rapporti familiari ed istituzionali nauseanti, intollerabili come quella degli anni ’60. La tattica del mordi e fuggi, quella del cane da tana che avanza ed indietreggia per stanare la volpe e consentire al cacciatore di colpire a morte l’animale quando è vicino all’uscita dalla tana è la metodica giusta da seguire. I compagni russi nel 1917 avevano preparato bene il terreno prima della presa del Palazzo d’inverno, anche se quello fu un colpo di mano che come anarchico non posso condividere perchè non decise la gestione della Russia da parte dei Soviet, ma la dittatura del Partito bolscevico (a questo riguardo sarebbe utile ai compagni conoscere le ragioni della rivolta della Comune di Kronstad e dell’Ucraina makhnovista). Bene fai Salvatore a ricostruire la storia d’Italia di quegli anni, ma bisognerebbe approfondire anche il percorso ideologico e pratico collegandolo a quegli anni per capire dove abbiamo sbagliato. Parli di Luca Mantini, di Sergio Romeo, dei NAP, del Collettivo Jachson di Firenze…tutti compagni e realtà che ho conosciuto da vicino e devo dirti che ci fu fretta da un certo momento in poi, perchè sia nei NAP come in Azione rivoluzionaria fu privilegiato il percorso “lottarmatista”, con tutto ciò che ne consegue, rispetto a quello di penetrazione politica che da anni stavamo facendo e che poteva essere affiancato con azioni atte a disarticolare l’avversario, sia materialmente che politicamente; prova ne sia che a Firenze, ASSASSINATI PREMEDITATAMENTE Luca Mantini e Sergio Romeo a Piazza Alberti, ci fecero capire che il terreno era già tutto bruciato per chi avesse velleità di creare una organizzazione armata nella città. Ci vuole tanto tempo per sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo a problematiche concrete e giuste ed ancora meno sono quelle disposte ad impugnare le armi, e quelle poche che ci stanno, bastano ed avanzano; è inutile andare troppo in avanti. Bene stanno facendo i compagni No Tav con il sabotaggio, meno bene, a mio avviso, chi suggerisce di colpire a morte qualche responsabile della costruzione del tunnel; bene fanno coloro che soffiano su focherelli per farli diventare dei grandi incendi. Questa è la mia esperienza, Salvatore, e te sai bene quale è sempre stata la mia determinazione nel cambiare questa società. Sempre avanti a pugno chiuso e chi indietreggia od è spettatore, od è traditore od è un vigliacco. Gianni Landi
P.S. Quando firmo con nome e cognome, lo faccio per assumermi tutte le responsabilità di ciò che dico.