La rivoluzione dei garofani – Portogallo 25 aprile 1974

Anni di grande movimento quei primi anni Settanta. La rivoluzione bussava alle porte arrugginite della vecchia Europa!  Stavolta un rivoluzione che vinceva.  Il 25 Aprile del 1974 un movimento rivoluzionario il M.F.A. (Movimento das Forças Armadas), formato da numerosi ufficiali e soldati semplici, occupavano militarmente Lisbona e le altre principali città del Portogallo. L’iniziativa era partita dall’azione del Movimento dei Capitani, molti dei quali di formazione marxista, che trovava vasto consenso tra le truppe e tra la popolazione esasperata dal proseguimento del dominio coloniale in Africa e Asia che dissanguava le casse dello Stato. La dittatura che aveva fino a quel momento utilizzato le forze armate per opprimere il proprio popolo e quelli dei paesi occupati, vedeva ribellarsi proprio quelle forze armate.   Gran parte della popolazione scendeva in strada per festeggiare la sua libertà e la sua gioia. In Aprile a Lisbona la primavera offriva molti fiori, garofani in particolare e così, a simbolo della libertà ritrovata, i cittadini di Lisbona donavano garofani rossi ai militari i quali li infilavano nelle canne dei loro fucili. Il simbolo di quella rivoluzione diveniva così il garofano nella canna del fucile. Dopo 40 anni si tornava a festeggiare il 1° Maggio con milioni di persone in piazza.

Terminate le operazioni militari e garantito l’ordine con i primi governi di salvezza nazionale, le forze armate abbandonavano ben presto la scena politica lasciando posto alla sarabanda dei partiti politici e dei governi con alleanze variabili.

Accorsero in Portogallo moltissimi giovani provenienti dai movimenti di tutta Europa, moltissime compagne e compagni dall’Italia. Volevano vedere in diretta la rivoluzione dei garofani. Partecipavano alle assemblee che si tenevano in ogni luogo per organizzare la vita di una nuova società, venivano ascoltate e ascoltati con attenzione. Pensavano, le donne e gli uomini del Portogallo, che potessero portare dei contributi importanti, provenendo da quei movimenti che da oltre cinque anni lottavano nei paesi europei.

La proclamazione del primo capo di governo comunista dell’Europa occidentale, Vasco Goncalves, destò stupore e preoccupazione nelle borse e nel mondo della finanza. Nei sei mesi di governo, Goncalves riuscì a restituire le terre ai contadini espropriandole ai ricchi latifondisti, finanziatori del regime fascista, a nazionalizzare i servizi e le risorse fondamentali del paese, sottraendole alle multinazionali. Ma la parabola fu breve.

Cominciò una dura lotta di classe. Le classi possidenti, la borghesia capitalista, dopo un periodo di sbandamento, abbandonato il sogno del ritorno del regime fascista si riciclò nella democrazia, cercando di mantenere inalterato il proprio potere, chiedendo aiuto alle potenze internazionali, alle banche, alla finanza, ai potenti che esercitarono tutte le pressioni interne e internazionali, Usa in testa. La borghesia minacciava di portare i capitali all’estero e di dissanguare il paese, molte fabbriche cominciavano a chiudere, la crisi economica era lo spauracchio agitato di fronte alla popolazione già affamata, se avesse scelto il socialismo.  Anche la chiesa, dopo essere stata un sostegno fondamentale della dittatura fascista, ora si imbellettava di democrazia per mantenere il  potere. Cominciavano azioni dinamitarde dei gruppi controrivoluzionari.

Un altro insegnamento, dopo quello del Cile. Cambiare regime politico è, a volte, possibile, ma cambiare  l’ordine capitalistico è molto, molto più difficile. Per mantenere quell’ordine le classi possidenti usano la violenza militare, ma quando non possono usarla, come in Portogallo, fanno uso della violenza economica col massimo di ferocia. Non tentennano nel decidere di affamare milioni di persone per mantenere l’ordine proprietario. I capitalisti, si che sono umanitari, non sono violenti come quelli che avrebbero dovuto, e non l’hanno fatto, metterli in condizioni di non nuocere.

La sinistra rivoluzionaria portoghese, da parte sua, si dimostrò incapace di costruire un percorso di transizione in grado di preparare il terreno per un potere proletario. Il Pc portoghese, di osservanza sovietica, voleva semplicemente andare al governo e fare le nazionalizzazioni di molte imprese private, a colpi di decreti governativi. La vecchia idea di instaurare il socialismo dall’alto per via governativa, ancora una volta si dimostrò fallimentare. Difatti non durò più di qualche mese, nonostante il grande consenso di massa di cui godeva, in quei giorni, tutta la sinistra dal Pc alle formazioni rivoluzionarie.

Passato un anno da quel 25 aprile, sedati col ricatto economico e con la repressione i tentativi dei movimenti e della sinistra rivoluzionarie, schiacciati gli ideali di una trasformazione socialista, si riproducevano i grigi rituali della democrazia proprietaria; venivano indette le prime elezioni e formato il primo Parlamento sul modello di quelli europei.
Di quei giorni bellissimi e straordinari per il proletariato portoghese non rimaneva quasi nulla, se non il ricordo di un’occasione perduta per cambiare la propria vita.
Nella costituzione portoghese era stato inserito un articolo che affermava che l’obiettivo del popolo era quello di “costituire una società socialista”. L’articolo veniva abrogato dal Parlamento nel 1995.

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