Perché indignarsi per poche ore e poi tornare ai rituali quotidiani ossequiosi del potere?
Perché immaginare che simili crimini delle istituzioni di questo stato siano un’eccezione e non la regola di un sistema che impone l’omologazione e annienta la diversità?
Perché inondare il Web con frasi di fuoco, propositi per sovvertire l’esistente, ma solo in preda alle forti emozioni suscitate da un video come quello che accompagna la tortura e la morte di Francesco Mastrogiovanni?
Perché non scendere per strada e mettere la faccia in pubblico, gridando quelle stesse frasi che si perdono nel Web insieme a all’insulsa brodaglia delle “anime belle” che non hanno il coraggio di gridare con la propria voce?
Perché non venite al nostro fianco nelle piazze e nelle strade quando gridiamo di
fronte al potere, facendoci fotografare dalla polizia, il dramma delle carceri, dei manicomi criminali (Opg), del controllo psichiatrico, del Tso, dei Cie, del carcere minorile, dei bambini nati in carcere?
Il 4 agosto 2009 Francesco Mastrogiovanni, un maestro di 58 anni, un compagno anarchico, dopo essere stato fermato per una presunta violazione al codice della strada, viene sottoposto a una caccia all’uomo, inseguito, catturato e rinchiuso nel reparto di psichiatria dell’ospedale San Luca di Vallo della Lucania e sottoposto a Tso (Trattamento Sanitario Obbligatorio). Ne uscirà 82 ore dopo morto, ucciso da questo Stato. Dalle sue istituzioni psichiatriche.
Viene legato al letto di contenzione, un’agonia lunga 82 ore è stata tutta registrata dalle telecamere di sorveglianza dell’ospedale. Il filmato, per volontà della famiglia, è stato reso pubblico. Si può vedere qui:
Oggi ne parlano tutti: giornali, siti Web e tutte le reti televisive, per un pò di giorni, quanto durerà il processo che vede imputati 18 operatori sanitari del reparto dell’ospedale. Poi di nuovo calerà iil silenzio omertoso dei “bravi cittadini”, fino al prossimo morto che indignerà…fino a quando questa pantomima?
Ascoltiamo la vera storia del compagno Francesco e della persecuzione cui lo sottoposero le istituzioni, fino ad ucciderlo. Il racconto è della compagna Leandra del circolo “Cafiero” intervistata da RadiOndaRossa il 21 novembre, 2010: Qui
La storia giudiziaria di Francesco comincia nel 1972. Giovanni Marini stava indagando sulla misteriosa morte dei coraggiosi cinque anarchici ‘della baracca’ avvenuta nei pressi della tenuta di Valerio Junio Borghese il 26 settembre 1970 e mai spiegata a oggi. L’incontro con un gruppo di missini scatena una rissa – Carlo Falvella muore poco dopo, Giovanni Marini, pur avendo agito in legittima difesa, viene condannato a 14 anni di reclusione, Francesco, dopo un anno scontato in diverse carceri, inizia un lungo percorso di processi, intimidazioni fasciste, ricoveri coatti fino all’isolamento e alla morte. Il 5 ottobre ’99, per un banale litigio con un carabiniere, Franco è condannato a tre anni di reclusione per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, malgrado la testimonianza in suo favore di sei persone. Assolto in appello, ma segnato come ‘pericoloso anarchico’, distrutto dai maltrattamenti subiti in caserma, piantonato mattina e sera, Franco subisce per ordine del Comune di Pollica il primo T.S.O. nel 2002 per motivi tuttora da chiarire. Il 1 agosto 2009 è di nuovo il Comune di Pollica, nella persona del Sindaco Angelo Vassallo, a ordinare senza prove né denunce il TSO che lo porterà alla morte. L’atroce supplizio vissuto da Francesco, più di tre giorni senza cibo né acqua, è stato ripreso dalle telecamere del reparto e nel corso del dibattito ne sarà proiettato un breve estratto. Il processo iniziato lo scorso 28 giugno presso il Tribunale di Vallo della Lucania vede 18 imputati per sequestro di persona, delitto doloso in concorso, negligenza, imperizia e imprudenza, falso in cartelle cliniche e tentato occultamento di prove. Suscita profonda preoccupazione in tutti noi il passaggio d’ufficio del ‘caso Mastrogiovanni’ allo stesso PM che nel 1999 ottenne una detenzione ingiusta per Franco. Il Comitato e i compagni anarchici ribadiscono con forza la richiesta di approfondire le circostanze e le motivazioni che hanno portato al TSO che ha poi causato la morte di Franco e auspicano che l’imminente processo abbia tempi brevi.
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“Quasi sempre gli aggressori
danno la colpa agli aggrediti.” Giorgio Antonucci
Ho riviste le immagini di Francesco Mastrogiovanni che conobbi a Vallo della Lucania durante il processo al compagno anarchico Giovanni Marini nel 1972; Francesco aveva 18 anni ed insieme a Marini seppero difendersi dalla ennesima aggressione di un gruppo di fascisti che ebbero la peggio: uno, Falvella , morto, un altro Alfinito, ferito. Marini finì più volte sul letto di contenzione, come succedeva frequentemente in quegli anni alle avanguardie carcerarie; soltanto il nostro interessamento, insieme a quello di Franca Rame, oltre alla grande mobilitazione dei Gruppi allora esistenti attivamente, riuscì ad impedire che Marini facesse la fine di Mastrogiovanni. All’inizio del processo a Mastrogiovanni fui contattato da un amico e compagno di Mastrogiovanni per mettere in piedi un controprocesso politico, ma purtroppo dovetti rispondergli che i tempi erano molto cambiati e la fine tragica di Mastrogiovanni ne è la dimostrazione più lampante! a processo concluso potrebbe essere emessa una controsentenza militante, e sono convinto che, come nel caso del ferimento del medico dottor Mammoli che lasciò agonizzare Franco Serantini senza prestargli soccorso per l’emorragia cerebrale determinata dai manganelli della celere accorsa per far parlare a Pisa il fascista Niccolai, nessuno si stupirebbe. Non sarebbe vendetta, come direbbero le solite cornacchie, ma una meritoria opera di Giustizia popolare. Ottimo e disperante Blog quello del nostro Salvatore. Ti abbraccio Gianni Landi
penso e credo fortemente che sia stato voluto hanno volontariamente condannato FRANCO perchè non aveva problemi a dire come stavano le cose in un comune che lui frequentava da sempre.molte persone e molte cose tacciono per paura ma soprattutto x compiacere un branco di scimmie che amministrano se cosi si può dire la cosa publica. E’ propio vero, qua non ci sono le tigri le “scimmie” si attegiano a tali.
Perché non hanno messo pure la ghirlanda di spine e i chiodi! Almeno la crocifissione sarebbe stata più completa. Povero Cristo!!!
Non riusciamo a trasformare la nostra indignazione in interventi mirati a ristabile la vera giustizia sociale…questi fatti accadevano,accadono e accadranno in futuro