A diciotto anni da Genova 2001

Schiavo chi ti libererà

Chi sotto a tutti, in fondo a tutto sta

Compagno ti vedranno

Udranno le tue grida

Schiavi ti libereranno

Nessuno o tutti – o tutto o niente

Non si può salvarsi da sé

O i fucili o le catene

Nessuno o tutti – o tutto o niente

                                                                              (B. Brecht)

*********

«…non mi lascio mettere nel sacco da questa presa in giro della gara, questo correre e cercare di vincere, questo trottare per un pezzo di nastro azzurro,… 
…ma io non vincerò perché l’unico caso in cui cercherei di arrivare primo sarebbe quando vincere significasse che sfuggo ai poliziotti dopo aver fatto il più grosso colpo in banca della mia vita, ma vincere significa esattamente il contrario, … significa correre dritto nelle loro robuste mani inguantate di bianco e verso i loro brutti musi sorridenti e rimanervi per il resto della mia lunga vita di spaccapietre, si, ma di spaccapietre nella maniera in cui voglio farlo io e non nella maniera in cui mi dicono loro…
…non c’è niente che io voglia evitare o da cui pensi di scappare; voglio solo vendicarmi dei Difensori della Legge e dei Pancioni lasciandoli là seduti sulle loro poltrone eleganti a vedermi perdere questa gara…
…questo è un altro uppercut che mollo in primo luogo alle persone come il direttore, per dimostrare –se posso- che le sue corse non si vincono mai anche se c’è sempre qualcuno che senza saperlo arriva primo…»
[La solitudine del maratoneta, 1962 di Alan Sillitoe.  Da cui è stato tratto il film:
 Gioventù Amore e Rabbia di Tony Richardson GB 1962]
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Maelstrom

Ho aperto questo blog per rendere fruibili tutti i documenti che non sono riuscito ad inserire nel mio libro Maelstrom, appena uscito per Derive Approdi. Non troverete ancora tutto, perché il sito è in costruzione.           Pazientate!

“Il proletariato ha una pazienza infinita, ma anche una memoria prodigiosa…  Statene certi… alla fine nulla resterà impunito”.    dai muri d’Italia, anni ’70
Sì, sì! e io la inseguirò oltre il Capo di Buona Speranza, oltre il Capo Horn, oltre il Maelstrom di Norvegia e oltre le fiamme della perdizione prima di arrendermi. Ed è per questo che vi siete imbarcati, marinai! Per dare la caccia a quella Balena Bianca sulle due sponde del continente e in ogni angolo del mondo, fino a che non sfiaterà sangue nero e non avrà le pinne all’aria. Cosa ne dite, marinai, volete mettere le mani su tutto ciò, oppure no?”    (Herman Melville, Moby Dick, Cap. XXXVI)
“In cinque minuti l’intero mare fu travolto da una furia incontrollabile [..] il vasto letto delle acque si fondeva e si divideva in mille torrenti in lotta tra loro, esplodendo all’improvviso in frenetiche convulsioni – gonfiandosi, ribollendo, sibilando – roteando in innumerevoli , giganteschi vortici…”
(Edgar Allan Poe, Una discesa nel Maelström)
Per chi ama il JAZZ. Nel 1953 Lennie Tristano compose ed eseguì un brano ispirato al racconto di E.A. Poe.  Il brano prese lo stesso nome: A Descent into the Maelström. Questo brano, concepito ed eseguito con il pianoforte in modo straordinariamente innovativo, fu pubblicato soltanto nel 1979, l’anno dopo la morte di Tristano, quando già molti pianisti si erano incamminati per quella strada.  Si può ascoltare qui (3′ 26”)
“Il maelström! Poteva forse suonarci all’orecchio un nome più spaventoso? [..] Non so come il canotto sfuggì al formidabile risucchio del maelström, ma quando rinvenni mi trovai coricato nella capanna di un pescatore delle Lofoten”.        (Jules Verne, Ventimila leghe sotto i mari)

SOLIDARIETA’ MASSIMA ALLA POPOLAZIONE DELLA VAL DI SUSA IN LOTTA CONTRO  LA LINEA ad ALTA VELOCITA’!!!

La loro lotta è la nostra lotta! 

Libere tutte e tutti

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Coronavirus nelle carceri. Appello per la sospensione pene a detenuti malati e anziani

Un appello al Presidente della Repubblica, ai ministri della Giustizia e della Sanità, al responsabile del Dap, al Garante dei detenuti, ai deputati e ai senatori della Repubblica.

“Vista la drammatica emergenza sanitaria che sta colpendo la popolazione tutta riteniamo che le misure di prevenzione adottate rispetto alla popolazione detenuta siano assolutamente inadeguate a fronteggiare i rischi connessi ad un contagio che metterebbe a rischio oltre 61.000 persone.

Va tenuto conto che tra la popolazione detenuta il 50% circa ha una età compresa tra i 40 e gli 80 anni, oltre il 70% presenta almeno una malattia cronica e il sistema immunitario compromesso.

È del tutto evidente che la diffusione del virus all’interno delle carceri assumerebbe dimensioni catastrofiche. Limitare o proibire i colloqui familiari, l’accesso dei volontari e i permessi di uscita non mette al riparo dal rischio contagio.

Quello che si è creato, e che va crescendo di ora in ora, è un clima di paura e insicurezza tra la popolazione detenuta, i familiari e il personale penitenziario che comunque è obbligato a garantire il servizio.

Gli istituti penitenziari sono a tutti gli effetti luoghi pubblici, sovraffollati e promiscui con un via vai continuo di personale e fornitori che potrebbero diventare veicolo di contagio e scatenare una vera epidemia, pertanto non bisogna dimenticare che la popolazione detenuta, al pari del resto della popolazione, è tutelata dalla Costituzione e dalle carte internazionali dei diritti umani.

Chiediamo che si intervenga con un provvedimento immediato di sospensione della pena per tutte le persone detenute ammalate ed anziane; chiediamo che il Parlamento vari una amnistia urgente per la rimanente popolazione detenuta”.

4 marzo 2020

Associazione Yairaiha Onlus, Osservatorio Repressione, Associazione Liberarsi, Associazione Bianca Guidetti Serra, Rifondazione Comunista, Associazione Memoria Condivisa, Associazione Il Viandante, Associazione Lasciateci Entrare, Ass. Culturale Papillon-Rebibbia, sezione Bologna, Associazione Fuori dall’Ombra, Comune-info, Federazione dei Verdi – Foggia,

Yasmine Accardo, Damiano Aliprandi, Ilario Ammendolia, Mario Arpaia, Luisa Barba, Tiziana Barillà, Sandra Berardi, Domenico Bilotti, Marco Boato, Fortunato Cacciatore, Rosy Canale, Donato Cardigliano, Francesca de Carolis, Angela Chiodo, Maurizio Ciotola, Francesco Cirillo, Valentina Colletta, Sissi Contessa, Edoardo Corasaniti, Gioacchino Criaco, Nicola D’Amore, Elisabetta Della Corte, Delio Di Blasi, Italo Di Sabato, Giuliana Falaguerra, Jenny Federigi, Alessandro Fo, Eleonora Forenza, Gabriella Fragiotta, Andreina Olga Ghionna, Yvonne Graf, Antonio Greco, Valerio Guizzardi, Pietro Ioia, Giuseppe Lanzino, Peppe Marra, Carmelo Musumeci, Bruna Nocera, Giampiera Nocera, Sante Notarnicola, Maurizio Nucci, Grazia Paletta, Antonio Perillo, Maria Teresa Pintus, Mario Pontillo, Paolo Rausa, Vittorio da Rios, Luigi Romano, Giovanni Russo Spena, Nino Santisi, Orlando Sapia, Vincenzo Scalia, Maria Elena Scandaliato, Annalisa Senese, Lisa Sorrentino, Mario Spada, Manola Testai, Giusy Torre, Carmen Veneruso, Carla Ventre, Francesca Volpintesta, Giorgio Vianello Accoretti
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Sono persone NON palle da ping-pong alla frontiera greco-turca

In nome dei “diritti umani” migliaia di persone, bambini, anziani, donne e uomini, vengono sbattuti da una parte all’altra del confine graco-turco, come una palla da ping pong.

Gruppi di migranti e polizia greca alla frontiera turca continuano a scontrarsi.

Al confine sono ammassate migliaia di persone che cercano di entrare in Europa. Spinti dalle forze turche a entrare in Grecia;

le forze greche cercano di ributtarle in territorio turco;

forze di polizia turche schierate al confine le ributtano verso la Grecia…

        BASTA!!

Sono persone NON palle da ping-pong

Il portavoce del governo greco Petsas: “Smentisco categoricamente. la parte turca diffonde notizie false. Prima parlavano di infortuni, ora parlano di un morto. Non si è verificato niente del genere”.

Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan attacca l’Europa. “I Paesi europei calpestano diritti umani stabiliti da convenzioni internazionali”. L’Europa deve sostenere gli “sforzi” della Turchia, dice, “per soluzioni politiche e umanitarie in Siria” se vuole risolvere la crisi dei migranti. Poi accusa la Grecia di “calpestare i diritti umani”, chiudendo ai migranti le porte.

un migrante è stato ucciso e altri 5 feriti

FERMIAMO I GOVERNI!

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Recensione del libro: “Esclusi dal consorzio sociale”

Ho finito di scrivere un libro e lo regalo a chi vuole leggerlo. Il libro lo pubblico su questo Blog,  di seguito a questa …

Di seguito una recensione del tuo bel libro pubblicata su Lotta Continua:

Queste pagine raccontano ciò che si svolge in un carcere senza nome, ma concreto, reale, un
carcere dei nostri giorni”; inizia così “Esclusi dal consorzio sociale”, l’ultimo lavoro di Salvatore Ricciardi, che ci conduce all’interno di un mondo trascurato eppure pulsante di vita, dando voce a chi voce non ne ha.
Il racconto si apre con un suicidio, uno dei tanti ad affliggere le carceri italiane, che segna un punto di non ritorno per i detenuti protagonisti di questa storia. L’esigenza di dare una risposta concreta a una vita spezzata dalla detenzione anima le discussioni e le azioni di Nicco, giovane militante di un centro sociale da poco in carcere, Giggi, arrestato per essere fuggito da una comunità di recupero per tossicodipendenti, Nabil, dentro in quanto promotore delle proteste dei braccianti agricoli del Sud Italia, e altri detenuti di lungo corso: Sergio e Marcello, che hanno vissuto movimento dei detenuti degli anni ’70 e ’80, Ciccio, Emilio, Er Faina e gli altri.
Attraverso le loro voci il racconto copre una settimana di vita all’interno della sezione penale del penitenziario, scandita da sveglie, conte, perquise e ore d’aria. La metodica gestione del tempo, con la sua funzione disciplinante e spersonalizzante, non riesce però a spezzare la voglia di resistenza dei detenuti, perché’ il carcere “devi affrontarlo, non puoi schivarlo” come insegnano i vecchi ai nuovi arrivati.
La differenza di età e di percorsi di vita dei protagonisti garantisce alla narrazione una polifonia che intreccia le rivolte carcerarie degli anni ’70 e le desolate periferie contemporanea, le lotte contro il caporalato dei braccianti stranieri e la questione della tossicodipendenza. La necessità di elaborare una risposta collettiva a una situazione ormai insostenibile, come tristemente sottolineato dall’ennesimo suicidio, permette ai detenuti di sentirsi protagonisti della propria storia, uscendo dal paradigma vittimario tanto caro ai “bravi cittadini [che] si indignano per le condizioni vergognose del carcere, lo criticano, ma non lo mettono in discussione. Vogliono che il carcere rimanga come spartiacque tra il mondo del giusto e il mondo dell’errore”. Non si tratta di recitare la parte dei malfattori pentiti ma di ottenere il rispetto della dignità umana che neppure la carcerazione può cancellare.
Con il procedere della storia, l’autore introduce una cartografia del mondo carcerario, fatto di
suoni da decifrare, come l’intensità della battitura mattutina, linguaggi ellittici e codici di condotta da comprendere in fretta; una vera e propria didattica carceraria, che ancora la vicenda a una realtà vissuta in prima persona da Ricciardi e magistralmente descritta a uso e consumo dei lettori.
Ed è attraverso questa lotta, elaborata attraverso il confronto continuo tra i detenuti, ognuno con la propria storia e posizione, che il suicidio iniziale diventa un punto di partenza e non un atto di resa al sistema.
Nel libro, scaricabile sul sito Contromaelstrom, vengono toccati anche altri aspetti della vita
carceraria, come l’abuso di psicofarmaci a cui vengono indotti i prigionieri nell’illusione che
l’intorpidimento della mente avvicini il momento della liberazione e il rapporto tra
psichiatrizzazione del disagio e istituzioni di controllo. Non manca poi l’analisi dell’individualizzazione dei percorsi premiali, che vengono concessi “solo a chi accetta il dogma del trattamento individuale”, in ottemperanza all’individualismo che è il cardine antropologico della contemporaneità. Viene inoltra affrontato il tema della segmentazione identitaria dei prigionieri perché, che seppur vietata dai regolamenti penitenziari viene quotidianamente utilizzata perché’ raggruppare i detenuti per provenienza geografica “crea ostilità tra i vari raggruppamenti regionali e contrasta l’unità della popolazione prigioniera necessaria per proteste e lotte”.
In filigrana, a fare da collante all’intero racconto, lo scontro incessante tra il carcere e il detenuto, attraverso cui è possibile leggere le comuni tendenze di sviluppo del modo di produzione e dei
rapporti sociali. Riprendendo Foucault, forte della propria esperienza, l’autore ci mostra come “Il terreno conteso tra il sistema carcere e il prigioniero stesso” è il corpo del detenuto. I ritmi del carcere (come quelli della produzione) plasmano il corpo del carcerato, che diventa “un campo di battaglia” sul quale si combatte per prenderne il controllo, con i prigionieri che lottano per mantenere la propria autonomia.
E in questa battaglia ci sono stati momenti, come gli anni ’70, in cui i” dannati della terra” sono passati all’offensiva, sia nel mondo dei rapporti di produzione che in quello carcerario. Come sappiamo, lo Stato è uscito vittorioso, e gli sconfitti nei caceri e nei luoghi di produzione e riproduzione hanno pagato un prezzo altissimo. Come dice Sergio, uno dei protagonisti del libro, “hanno dovuto uccidere la voglia di vivere, che poi non è altro che voglia di agire e di lottare. Sono stati frantumati i percorsi collettivi e è stato imposto l’individualismo, così c’è stata un’impennata di suicidi. Hanno pugnalato l’ironia e infestate le celle con la disperazione e la sfiducia nella lotta”.
Ma, come insegnano i protagonisti di questo bellissimo libro, c’è sempre possibilità di riscatto e ripresa!
Lorenzo
Redazione pisana di Lotta Continua

il libro è  qui

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Iran: 54.000 persone detenute scarcerate e ai domiciliari per impedire il contagio

(ANSA) – ISTANBUL, 3 MARZO

Le autorità iraniane hanno stabilito il trasferimento di 54 mila detenuti agli arresti domiciliari per evitare i rischi di diffusione del contagio da coronavirus (Covid-19) nelle carceri. Lo ha annunciato il portavoce della magistratura di Teheran, Gholamhossein Esmaili, spiegando che il relativo ordine è stato firmato la scorsa settimana dal responsabile della magistratura Ebrahim Raisi.

Di questa notizia non si trova traccia né nessun commento sui giornali. Eppure potrebbe essere un buon insegnamento per gli stati occidentali. A me non piace il regime teocratico iraniano, ma il popolo persiano, forse il più antico ancora esistente delle grandi culture del passato, ha dato spesso prova di grande apertura mentale.  Sarebbe opportuno che quegli stati sempre pronti a giudicare e condannare, questa volte seguissero l’esempio iraniano.

Mauro Palma: “Carceri dimenticate nell’emergenza coronavirus”– estremeconseguenze.it, 3 marzo 2020  –  Dei detenuti interessa poco in tempi normali, figuriamoci in questi giorni. “Non c’è nessun provvedimento nazionale in atto – dice il Garante nazionale dei detenuti Mario Palma – e questo è un problema. Stiamo aspettando in queste ore, finalmente, una prima linea comune. C’è più rigore per i colloqui con i parenti, ovviamente, ma è sempre consentito consegnare dei pacchi al detenuto. Non abbiamo notizie di tamponi a campione nelle varie carceri. Non abbiamo notizia di misure sanitarie specifiche. Al momento quello che notiamo è una maggior “chiusura” di tutte le attività. Questo significa anche che i detenuti in semilibertà sono costretti a stare 24 ore al giorno in carcere, e questa in pratica è anche una violazione della Costituzione.

Carceri e coronavirus: non toccate i diritti dei detenuti  –  L’amministrazione penitenziaria ha diramato Linee guida, ma nessuna indicazione sulle visite dei familiari. Così che alcuni istituti hanno chiuso le porte agli esterni. In modo ingiustificato. [Stefano Anastasia  sul Il Riformista, 3 marzo 2020]

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Presidio ambasciata greca a Roma – Solidarietà alle persone migranti

Appuntamento mercoledì 4 marzo, ore 17:00, davanti l’Ambasciata greca a Roma in solidarietà alle persone migranti in lotta e per la libertà.

In queste ore si sta consumando l’ennesima tragedia sotto i nostri occhi.

Migliaia di persone sono ammassate al confine tra Grecia e Turchia, l’Europa risponde con armi da fuoco, carcere e pestaggi. Contiamo i primi morti.

I governi europei hanno finanziato con miliardi di euro il regime autoritario turco affinché svolgesse il compito di guardiano esterno delle frontiere UE, per bloccare i movimenti migratori. Ora il Governo turco, come strumento di pressione politica verso l’Ue, al fine di avere mano libera nella sua guerra in Siria, ha temporaneamente aperto la sua frontiera verso la Grecia (tenendo chiusa quella con la Siria), e sollecitato migliaia di persone ad attraversarla. Migliaia di vite umane usate come vera e propria arma di guerra.

Iraq, Siria, Afghanistan, Kurdistan, Palestina, Yemen (solo per citarne alcuni) sono paesi dove la guerra delle potenze mondiali, Italia compresa, marchia i corpi di popolazioni intere. Questa guerra continua al confine e nei campi di internamento.
Dall’accordo del 2015 con la Turchia, in Italia e in Grecia, così come fuori dalle frontiere europee, sono aumentati i Campi di reclusione per migliaia di persone migranti costrette a rimanere intrappolate a tempo illimitato e senza alcuna prospettiva.
Le proteste sono all’ordine del giorno così come le dure rappresaglie.

Da questa estate il Governo greco ha rinforzato l’attacco alle lotte autorganizzate, alle occupazioni e nei confronti delle persone migranti.
Nelle isole come Lesbo e Chios, ormai prigioni a cielo aperto, lo Stato ha scelto di far esplodere la rabbia della popolazione piuttosto che smantellare un maxi campo di concentramento e permettere alle persone di spostarsi liberamente e contemporaneamente ne costruisce di nuovi. Lasciando così sfogare tensioni sociali sui migranti anziché contro le stesse istituzioni che per anni hanno costretto decine di migliaia di persone ad una convivenza difficile. E, come se non bastasse, viene lasciata carta bianca a nazisti e fascisti che approfittano di questa situazione per colpire le persone.

Arrivano immagini di vera e propria guerra a due passi da casa nostra.
Viviamo in un paese esperto in stragi in mare, campi di internamento e deportazioni.
Non possiamo restare a guardare.
Appuntamento mercoledì 4 marzo, ore 17:00, davanti l’Ambasciata greca a Roma in solidarietà alle persone migranti in lotta e per la libertà.

vedi qui

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Il coronavirus nella carceri

Circolare del Dap (ministero della giustizia) per fronteggiare il contagio nelle carceri:

Si dà priorità al personale penitenziario, non ai detenuti, disponendo l’esenzione dal servizio, fino a nuove disposizioni, per “tutti gli operatori penitenziari residenti o comunque dimoranti nei Comuni di Codogno, Castiglione d’Adda, Casalpusterlengo, Fombio, Maleo, Somaglia, Bertonico, Terranova dei Passerini, Castelgerundo e San Fiorano”.

Non potrà accedere alle carceri nemmeno il personale esterno come gli insegnanti, i volontari che provengano dai Comuni sopra riportati.

Le persone detenute vedranno sospesi i colloqui con i familiari (non si dice che potranno essere incrementati i colloqui telefonici per sopperire alla mancanza di colloqui visivi). Inoltre sono sospese, con effetto immediato e fino a nuova disposizione, “le traduzioni dei detenuti verso e dagli istituti penitenziari rientranti nella competenza dei Provveditorati di Torino, Milano, Padova, Bologna e Firenze“.

Il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ( Dap) si prepara a prevenire il contagio dovuto alla diffusione del coronavirus covid-19 e, conformandosi alle indicazioni del Ministero della Salute e d’intesa con il Presidente della Regione Lombardia, ha inviato un ordine di servizio ai Provveditorati e a tutti gli istituti penitenziari italiani. Viene inoltre istituita una unità di crisi presso la Direzione Generale dei Detenuti e del Trattamento “per assicurare il costante monitoraggio dell’andamento del fenomeno e delle informazioni relative ai casi sospetti o conclamati, nonché per l’adozione tempestiva delle conseguenti iniziative“.

Nella nota, infine, il Capo del Dap Francesco Basentini, raccomanda ai direttori, attraverso il coinvolgimento del presidio medico competente per l’istituto, di “attuare uno stretto coordinamento con le autorità sanitarie locali e gli altri eventuali referenti territoriali“, nonché di “predisporre le azioni necessarie ad assicurare l’osservanza delle indicazioni, rispettivamente offerte dal Ministero della Salute e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità“.

NOTE: C’è da tener presente che le persone entrano in carcere tutti i giorni e a tutte le ore, quindi si poteva chiedere ai direttori di individuare le persone entrate in carcere nei 15 giorni precedenti (tempo di incubazione del contagio) ed eseguire test per verificarne lo stato, considerando che nel caso una sola persona dovesse essere portatrice, il sovraffollamento carcerario ne moltiplicherebbe rapidamente il contagio.

Altro aspetto critico è lo stato delle strutture sanitarie in carcere per la popolazione detenuta: il “presidio medico” esistente in ogni carcere è totalmente al di sotto delle necessità della popolazione detenuta in condizioni normali, in pratica smantellato dalle riduzioni di spesa del ministero, figuriamoci nei casi straordinari come questo!

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Un rogo infausto, 420 anni fa la Chiesa carbonizzava Giordano Bruno

420 anni fa, il 17 febbraio del 1600, dopo sette anni di carcerazione, Giordano Bruno (il nolano) fu condannato a bruciare sul rogo in piazza Campo de’ Fiori a Roma.

Nato nel 1548 a Nola, prese i voti a Napoli, ma ben presto i suoi dubbi sulla dottrina trinitaria e su quella dell’incarnazione lo misero in contrasto con gli ambienti ecclesiastici. Iniziò a peregrinare per l’ Europa, prima a Ginevra, poi a Tolosa e a Parigi e in Inghilterra dove insegnò ad Oxford e anche in Germania dove insegnò a Marburgo, Wittemberg e Francoforte, infine accettò l’ ospitalità del nobile veneziano Giovanni Mocenigo. Ma le pressioni della Chiesa sulla repubblica veneziana, costrinsero questi a lasciarlo nelle mani dell’inquisizione nel 1592 che lo arrestò per i sospetti di eterodossia. Nel 1593 fu trasferito da l’Inquisizione a Roma e, dopo sette anni di carcerazione e terribili processi, fu messo al rogo il 17 febbraio del 1600.

Col rogo di Bruno, con le torture e il processo, 33 anni dopo, a Galileo Galilei che lo costrinsero a parziale abiura delle sua teorie scientifiche, la Controriforma con lo strumento dell’Inquisizione bruciò non solo carni, come quelle di Giordano Bruno e altri e altre, ma incenerì le più grandi aspettative che, in questa parte del mondo, l’umanità aveva messo in moto nel grandioso esperimento umano, artistico e scientifico del Rinascimento.  Dal XVI secolo l’Italia è quasi interamente soggetta alla corona spagnola ed è interessata da quel processo di reazione della Chiesa cattolica al protestantesimo che va sotto il nome di Controriforma.

Il Rinascimento che aveva posto l’umanesimo con tutte le sue caratteristiche, al centro del tessuto urbano, di quello produttivo e artistico, come si nota ancora in molte città italiane, veniva così ridotto in cenere. La Controriforma aveva impedito nella penisola non solo la riforma religiosa, ma aveva ostacolato la modernità filosofica e scientifica da cui prese l’avviò l’età moderna. La Riforma protestante, al contrario, in altre aree europee aveva favorito queste innovazioni, facendo compiere quel salto in avanti che segnò i secoli successivi, mentre in Italia e Spagna, in particolare, si svilupparono, sotto quella coltre  plumbea reazionaria, pratiche impregnate di opportunismo, compromesso, intrallazzo accomodante e tutti le calamità in cui, ancora oggi, inciampiamo.

La statua in bronzo a Giordano Bruno in Piazza Campo de’ fiori è stata realizzata da Ettore Ferrari, inaugurata il 9 giugno 1889, poi distrutta per volontà di Pio IX durante la restaurazione del papato. Nel 1876 ci vollero numerose proteste e manifestazioni degli studenti universitari, organizzati in un Comitato allo scopo di edificare un monumento a Giordano Bruno. Lo Studium Urbis romano dal 1660 si era trasferito nella nuova sede del palazzo in Corso Rinascimento che prense il nome di Sapienza dall’iscrizione posta sopra il portone principale.

SONETTO – IN LODE DE L’ASINO.

O sant’asinità, sant’ignoranza,

Santa stolticia e pia divozione,

Qual sola puoi far l’anime sì buone,

Ch’uman ingegno e studio non l’avanza;

Non gionge faticosa vigilanza

D’arte qualunque sia, o ‘nvenzione,

Né de sofossi contemplazione

Al ciel dove t’edifichi la stanza.

Che vi val, curiosi, il studiare,

Voler saper quel che fa la natura,

Se gli astri son pur terra, fuoco e mare?

La santa asinità di ciò non cura;

Ma con man gionte e ‘n ginocchion vuol stare,

Aspettando da Dio la sua ventura.

Nessuna cosa dura,

Eccetto il frutto de l’eterna requie,

La qual ne done Dio dopo l’essequie.

[Giordano Bruno, Cabala del Cavallo Pegaseo 1585- sonetto d’apertura dell’opera)

                                          Ciao Giordano !!!  

In questi giorni passate dalle parti di Campo de’ Fiori per salutare un grande filosofo e per riflettere su quale sarebbe stata la storia, in queste terre, se la scure reazionaria della Chiesa non fosse calata vigliaccamente sul grande rinnovamento.

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Corteo 15 febbraio a Roma, libertà per Öcalan e per tutti e tutte prigionieri politici

Difendiamo il Rojava per la libertà e la pace in Medio Oriente

Il 15 febbraio 1999 il leader curdo Abdullah Öcalan veniva rapito in Kenya dai servizi segreti turchi. Da allora è detenuto nell’isola-prigione di Imrali. Per chiedere la sua liberazione e la fine dei conflitti militari nell’area sabato prossimo ci saranno manifestazioni in diverse città europee. A Roma appuntamento alle 14 in piazza della Repubblica

Da 21 anni il leader del popolo curdo Abdullah Öcalan è sequestrato nell’isola-carcere di Imrali, in condizione di totale isolamento. Lo scorso anno, grazie alla pressione esercitata dallo sciopero della fame iniziato dalla deputata dell’HDP (Partito Democratico dei Popoli) Leyla GÜVEN e sostenuto da migliaia di prigionier* politic*, per pochi mesi i famigliari e gli avvocati sono riusciti ad avere accesso all’isola di Imrali. Ciò è durato poco. Dal 12 agosto 2019, Öcalan e gli altri tre prigionieri sono nuovamente isolati dal mondo esterno.

Negli incontri che in quel breve periodo si sono svolti, Abdullah Öcalan ha fatto ancora una volta concrete proposte per una soluzione politica della questione curda e dato la sua disponibilità per contribuire a un processo che, sulla base della democratizzazione, porti la pace in Medio Oriente, dimostrando di avere un ruolo importante nel far fronte alla situazione attuale che vede venti di guerra ancora più forti e che coinvolgono sempre più territori, dalla Siria fino alle porte di casa dell’Italia e dell’Europa, in Libia.

La proposta di un sistema democratico multietnico basato sulla parità di genere e sull’ ecologia, come quello realizzato nel Nord-Est della Siria, dove tutti i popoli della regione hanno combattuto per ricercare un modello amministrativo laico, democratico ed egualitario fa paura alle potenze regionali. L’ esperimento del Confederalismo Democratico va quindi difeso dall’ invasione turca e dalla pressione delle potenze globali.

Intanto in Turchia aumenta la repressione con il preciso obiettivo di mettere a tacere qualsiasi opposizione democratica. Occupando interi territori in Medio Oriente, Erdogan sta distruggendo la storia e l’identità culturale, provocando esodi di massa di intere popolazioni. Catastrofi umanitarie, come quelle provocate in Siria (ad Afrin prima, a Serekaniye e Gire Spi ora) invase, saccheggiate e occupate da turchi e alleati jihadisti sono la dimostrazione della barbarie del regime di Erdogan che espande le sue mire a tutta l’area del Mediterraneo orientale. L’ invio di mercenari islamisti in Libia è uno strumento col quale esercitare maggiore pressione sull’ Europa, giocando la carta dei profughi e delle risorse energetiche.

È ora più che mai necessario, per la pace in Medio Oriente, far sentire la nostra voce contro il fascismo neo-ottomano di Erdogan. Porre fine all’ isolamento di Abdullah Öcalan significa dare una prospettiva di pace e di democrazia a tutti quei territori martoriati da decenni di guerra, distruzioni e milioni di profughi.

Il 15 febbraio, da Strasburgo a Roma, si terrà la annuale manifestazione europea per chiedere la sua liberazione.

Difendiamo il Rojava per la libertà e la pace in Medio Oriente

Libertà per Ocalan e per tutte e tutti i prigionieri politici

Ufficio Informazione del Kurdistan in Italia , Comunità Curda di Italia , Centro Socio-Culturale Curdo ARARAT, Rete Kurdistan Italia

(da Dinamo Press)

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C’è del revisionismo storico nel “Giorno del ricordo”

Il “Giorno del Ricordo” cerca di nascondere i crimini del colonialismo italiano

Il Giorno del ricordo in Italia si celebra il 10 febbraio, istituito con la legge n. 92 del 30 marzo 2004,  in memoria delle vittime delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata. Nel testo di legge si leggono le motivazioni:

« La Repubblica riconosce il 10 febbraio quale “Giorno del ricordo” al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale…» 

Un linguaggio razzista in una legge. Perché mettere «tragedia degli italiani» e poi «di tutte le vittime»? Come se ci fosse una gerarchia tra le vittime , quelle italiane “superiori” alle altre vittime?  Un brutto linguaggio appesantito dalle affermazioni di Giorgio Napolitano: «Fu una barbarie basata su un disegno annessionistico slavo che assunse i sinistri connotati di una pulizia etnica»

Leggi tutto

Altri articoli sul “giorno del ricordo”  qui   qui    qui  e  qui

Qui  una intervista della storica Alessandra Kersevan sul “Revisionismo storico” a proposito del “giorno del ricordo”
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Quali sentimenti verso il carcere?

Da molte parti oggi si parla di carcere, ma se ne parla come di un qualcosa che esiste, più o meno, da sempre e che è possibile soltanto migliorarlo, attenuando le tremende sofferenze che produce.

E’ TUTTO FALSO! Non è vero che il carcere è sempre esistito! Non è vero che è l’unica sanzione possibile! non è vero che non si può togliere di mezzo e riprendere il percorso millenario dell’umanità di ricercare un diverso modo di mantenere l’aggregato sociale coeso e solidale. senza che debba voler sbranarsi a vicenda.

Per questo ODIO IL CARCERE perché

*dal 2000 ad oggi, dentro quelle mura, hanno trovato la morte 3.019 persone di cui 1.107 per suicidio; 4 morti dal 1° gennaio (dati al 23 gennaio 2020);
*oltre il 60% delle persone rinchiuse in carcere viene invogliata ad ingerire psicofarmaci, ossia “la droga di stato”, con effetti devastanti;
*oltre il 70% delle persone recluse, una volta uscite dl carcere, sono costrette a riprendere l’attività illegale perché altre possibilità sono loro negate;
*il 100% delle persone recluse, oltre la libertà, in carcere perde anche la dignità;
*da 50 a 60 bambine e bambini inferiori a tre anni devono stare in carcere se vogliono accompagnarsi con la madre;
*in questo paese oltre l’ergastolo, che è pena anticostituzionale, esiste anche l’ergastolo ostativo, ancor più anticostituzionale (condannato anche dalla Corte europea), che funziona come la tortura: viene interrotta solo quando la persona detenuta inizia a fare il delatore: è una punizione di scambio;
*i dati del ministero dicono che circa il 70% delle persone detenute che escono dal carcere, tornano a fare quello che li ha portati in carcere. La rieducazione è un fallimento

Dal 2001 la repressione contro i movimenti sociali ha segnato una forte accelerazione.  E’ urgente comprendere  le dinamiche che alimentano la repressione. che prende forma e peso non da un impennata di reati e crimini contro la persona, che sono in netta diminuzione, ma da una deliberata scelta politica, come parte del complesso sistema di potere per il controllo sociale, necessario al mantenimento dell’ordine capitalistico. Non c’entra nulla l’astratta e rigorosa applicazione della legge, non c’entra nulla l’ideologia della “legalità”, è il potere repressivo che costruisce un vero e proprio “nemico pubblico” contro il quale opera per mobilitare tutte le forze sociali disponibili e che assume, di volta in volta il volto dell’albanese, dello zingaro, del maghrebino, del rumeno, ecc. Tutto questo al fine di occultare i gravi problemi sociali come: l’aumento delle disuguaglianze prodotte da un aumento dello sfruttamento: l’aumento della disoccupazione prodotta da un aumento dello sfruttamento; l’impossibilità di raggiungere gli obiettivi sociale che ciascuna e ciascuno rincorre nella sua vita.

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