A proposito di “democrazia” e “repressione”

Ancora nel 1968 l’Unità denunciava collusioni tra neofascisti e forze di polizia «…in certi ambienti delle forze dell’ordine”  in particolare a  Milano.

Nel dibattito alla Camera dai banchi del Pci si criticavano i comportamenti polizieschi,

«…è bene che si sappia con chiarezza questo, ditelo alla vostra polizia: non si illuda  che possa continuare quest’opera di violenza e di aggressione senza che gli operaie i giovani rispondano, perché non sono pecore, sono uomini e difendono la loro dignità».

Dopo Battipaglia, aprile 1969, Lelio Basso alla Camera dei Deputati:

«…l’intervento della polizia è già di per sé una vera e propria provocazione perché si dimostra che la mentalità dei nostri governanti non è mutata dai tempi passati. Essi continuano a considerare lo sciopero un fatto sedizioso…»

Più in là si spinge Lucio Libertini alla Camera nel dicembre ’69:

«Da quando l’ondata di lotte è cominciata, da quando questo movimento civile di rinnovamento del paese è cominciato, la polizia ha fatto di tutto, in tutte le occasioni, per drammatizzare … per esasperarle».              

Dopo l’omicidio di Saverio Saltarelli ucciso a Milano da un candelotto lacrimogeno sparatogli in pieno petto a pochi metri di distanza, durante una manifestazioni a un anno dalla strage di Piazza Fontana il 12 dicembre ’70, in un documento della Cgil si legge,

«…i lavoratori italiani non assisteranno passivi a questa violenza poliziesca che si scatena sempre contro chi lotta per la libertà».

Dopo il massacro di Avola,  su l’Unità dell’8 dicembre 1968 si leggeva:

«…non è un mistero che in certe caserme della Celere, dai tempi di Scelba, sono stati creati dei veri e propri corsi di ‘studio’ il cui scopo è soltanto di istillare nella mente di ogni poliziotto il ‘dovere’ di picchiare operai, manifestanti, di fare piazza pulita a ogni costo. Una scuola dove si insegna soltanto a odiare.[…] E ancora non è un mistero che durante l’addestramento per i ‘caroselli’ delle camionette agli autisti  si fa capire di non andare tanto per il sottile». 

Sempre su l’Unità, Terracini scriveva un articolo dal titolo Disarmatela!:

«“La polizia come strumento di salvaguardia e repressione della criminalità deve evidentemente figurare nell’organizzazione del nostro Stato, ma adeguatamente ridimensionata da quel massiccio organico che essa oggi ha sotto specie di forze di combattimento civile e opportunamente riattrezzata ai suoi scopi essenziali, il che significa largamente disarmata».

La Cgil indisse uno sciopero per il disarmo della polizia cui parteciparono dodici milioni di lavoratori.

A proposito di democrazia e fascismo,

Pier Paolo Pasolini scriveva:

Da: la scomparsa delle lucciole  (febbraio 1975)

«La continuità tra fascismo fascista e fascismo democristiano è completa e assoluta. Taccio su … la mancata epurazione, la continuità dei codici, la violenza poliziesca, il disprezzo perla Costituzione. E mi soffermo su ciò che ha poi contato in una coscienza storica retrospettiva. La democrazia che gli antifascisti democristiani opponevano alla dittatura fascista, era spudoratamente formale. 

Si fondava su una maggioranza assoluta ottenuta attraverso i voti di enormi strati di ceti medi e di enormi masse contadine, gestiti dal Vaticano. Tale gestione del Vaticano era possibile solo se fondata su un regime totalmente repressivo. In tale universo i “valori” che contavano erano gli stessi che per il fascismo:la Chiesa,la Patria, la famiglia, l’obbedienza, la disciplina, l’ordine, il risparmio, la moralità. Tali “valori” (come del resto durante il fascismo) erano “anche reali”: appartenevano cioè alle culture particolari e concrete che costituivano l’Italia arcaicamente agricola e paleoindustriale. Ma nel momento in cui venivano assunti a “valori” nazionali non potevano che perdere ogni realtà, e divenire atroce, stupido, repressivo conformismo di Stato: il conformismo del potere fascista e democristiano. Provincialità, rozzezza e ignoranza sia delle “élites” che, a livello diverso, delle masse, erano uguali sia durante il fascismo sia durante la prima fase del regime democristiano. Paradigmi di questa ignoranza erano il pragmatismo e il formalismo vaticani.»

Scriveva Paolo Nori, “Noi la farem vendetta”, Feltrinelli, 2006, pag.75

Si legge nel Murgia che all’epoca dei fatti di Reggio Emilia, nel 1960 c’erano in Italia 64 prefetti di prima classe, 62 dei quali erano stati funzionari del ministero degli interni fascista. C’erano poi 64 prefetti ordinari: provenivano tutti dai ranghi della burocrazia fascista. E i 241 viceprefetti erano tutti, nessuno escluso, ex funzionari dei governi fascisti.   

Sullo stesso tema scrive Lelio Basso nel 1968:

«Sotto il nome “fascismo” si intendono spesso cose diverse. A me sembra che il significato essenziale di esso possa individuarsi in un regime che voglia garantire il potere assoluto di fatto (non importa se rivestito di apparenze  democratiche) al grande capitale alleato con il capitalismo di Stato e con il personale politico dirigente, e che si sforzi di ottenere per questo suo regime l’adesione popolare, grazie alla diseducazione, al conformismo, al qualunquismo, alla depoliticizzazione, ecc. Vi sono dunque nel fascismo due facce, due momenti: quello dell’autorità, del potere assoluto, della forza, e quello della supina acquiescenza, del conformismo, della abdicazione popolare.   […]   Mi pare quindi si possa dire che un fascismo 1960 è in pieno svolgimento in Europa, non solo in Spagna ed in Portogallo, ma nella “Demokratur” di Adenauer, nella Francia di De Gaulle, e, perché no? anche nell’Italia democristiana.  Mi sembra infatti assurdo pensare che in Italia si possa considerare il pericolo fascista legato alle fortune dei pochi detriti raccolti nel MSI anziché alla volontà di regime della classe dirigente, alla sua azione sistematica, condotta silenziosamente, senza rulli di tamburi e senza squadre d’azione, per svuotare di ogni vitalità la coscienza democratica del paese, per seminare a piene mani quella sfiducia, disgusto e apatia, che rendono ad un certo momento possibili i discorsi qualunquisti […]    …bisogna riconoscere che la maggiore minaccia a questo aspetto essenziale della coscienza democratica deriva oggi dalle pretese temporali della Chiesa, dai “punti fermi” dell’Osservatore Romano: la pretesa cioè di imporre autoritariamente delle scelte politiche. Non mi riconosco la competenza per giudicare se questo sia legittimo dal punto di vista della dottrina cattolica, ma è certo incompatibile nel modo più assoluto con un’esperienza democratica; se quella dovesse essere la giusta posizione della Chiesa, bisognerebbe amaramente concluderne che vi è incompatibilità totale fra Chiesa cattolica e democrazia

In Germania non era andata meglio…

Nell’apparato della giustizia prestavano servizio 800 ex nazisti, molti in posizioni altolocate come quelle del giudice o di pubblico ministero. Dei 48 primi membri della Corte  costituzionale, 40 erano ex-appartenenti al Partito nazista. Il ministero degli Esteri contava nelle sue file più di 200 ex-iscritti al Nsdap (partito nazista), e anche nel corpo della polizia e dell’Ufficio federale per la tutela della Costituzione, più di 300 ex-nazisti ricoprivano importanti cariche. Ad Aquisgrana, Bonn, Monchengladbach, Colonia, Krefeld, Essen, Dortmund, e Gelsenkirken, le rispettive polizie criminali venivano quasi interamente dirette da ex SS-Sturmbannfuhrer.

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3 risposte a A proposito di “democrazia” e “repressione”

  1. gianni.landi ha detto:

    Sento sempre citare Pasolini. Sembra una corsa ad accaparrarsi il “personaggio importante” o l’intellettuale od il cantante di successo che stia dalla” nostra parte”, ma ci si scorda come si espresse Pasolini nei confronti di tutti noi che negli anni 60-70 scendevamo in piazza come è stato fatto il 15 dicembre u.s.. Non ricordo le sue esatte parole, ma in sostanza diceva che eravamo figli della borghesia benestatnte in vena di pruderie rivoluzionarie; in definitiva queste erano le posizioni del PCI di allora, quando non dicevano che eravamo dei fascisti mascherati per fare casino…quello che oggi dice la sinistra dei black blog. La “linea” non la dava certamente Terracini che ho conosciuto tramite Franca Rame quando ci mobilitammo per il processo all’anarchico Giovanni Marini che si era difeso da una aggressione fascista uccidendone uno e ferendone un altro (con Marini c’era anche quel Mastrogiovanni morto recentemente sul letto di contenzione a Vallo della Lucania); fu proprio Terracini che intervenne su sollecitazione della F.Rame per farlo togliere dal letto di contenzione dove potava fare la fine di Mastrogiovanni. Terracini era della vecchia guardia come Pertini, ma il resto erano merda ed oggi sono rimaste solo le merde; comunque anche Pertini si comportò bene subito dopo la liberazione quando aveva ancora la memoria fresca del periodo fascista, perchè in seguito si guastò anche lui stando vicino alle mele marce!! Scusate questa lunga digressione, ma quando sento parlare di Pasolini m’incazzo. Sempre avanti!Gianni Landi

    • contromaelstrom ha detto:

      Caro Gianni, tante strumentalizzazioni ha subito Pasolini. In particolare quella poesia cui fai riferimento, scritta nel giugno del 1968, una delle sue poesie più discusse, che è stata brutalmente strumentalizzata. Isolando 5 righe (segnate in grassetto) dal resto, nel quale completa il suo pensiero: “…prendetevela contro la magistratura, e vedrete!…” Difatti abbiamo visto quando ce le siamo presa contro la magistratura e lo Stato!

      “… Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte
      coi poliziotti,
      io simpatizzavo coi poliziotti!
      Perché i poliziotti sono figli di poveri.
      Vengono da periferie, contadine o urbane che siano
      .


      Hanno vent’anni, la vostra età, cari e care.
      Siamo ovviamente d’accordo contro l’istituzione della polizia.
      Ma prendetevela contro la Magistratura, e vedrete!
      I ragazzi poliziotti
      che voi per sacro teppismo (di eletta tradizione
      risorgimentale)
      di figli di papà, avete bastonato,
      appartengono all’altra classe sociale.
      A Valle Giulia, ieri, si è cosi avuto un frammento
      di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte
      della ragione) eravate i ricchi,
      mentre i poliziotti (che erano dalla parte
      del torto) erano i poveri. …”
      E ancora più avanti dice:
      «…Occupate le università
      ma dite che la stessa idea venga
      a dei giovani operai.
      E allora:
      Corriere delle Sera e Popolo, Newsweek e Monde
      avranno tanta sollecitudine
      nel cercar di comprendere i loro problemi?…»

      Difatti così è successo quando gli studenti si sono uniti agli operai e hanno occupato le fabbriche
      Lo stesso Pasolini precisò più tardi il proprio pensiero in diversi scritti. Il 17 maggio 1969, scriveva:
      “quei miei versi, che avevo scritto per una rivista “per pochi”, “Nuovi Argomenti”, erano stati proditoriamente pubblicati da un rotocalco, “L’Espresso” (io avevo dato il mio consenso solo per qualche estratto): il titolo dato dal rotocalco non era il mio, ma era uno slogan inventato dal rotocalco stesso, slogan (“Vi odio, cari studenti”) che si è impresso nella testa vuota della massa consumatrice come se fosse cosa mia. … i poliziotti erano visti come oggetti di un odio razziale a rovescia, in quanto il potere oltre che additare all’odio razziale i poveri – gli spossessati del mondo – ha la possibilità anche di fare di questi poveri degli strumenti, creando verso di loro un’altra specie di odio razziale …”.

      Guarda caso proprio “l’Espresso” è stato artefice del “falso”, stessa matrice ideologica de “La Repubblica” che oggi ha propagandato l’esistenza di un “movimento buono e uno cattivo”.
      un caro saluto,
      Salvatore

      • gianni.landi ha detto:

        Caro Salvatore, non sono d’accordo riguardo alle tue conclusioni su Pasolini perchè, al di là del titolo dato da l’Espresso, la posizione di Pasolini a proposito degli scontri, era quella del PCI e rifletteva la sua posizione di “pancia” su di noi che non eravamo figli della borghesia.Furono le stesse posizioni di Pertini su Marghera quando le BR colpirono il dirigente e Pertini disse che era un proletario! Sono passati tanti anni ma tutt’oggi non sento di condividere certe prese di posizione socialiste e comuniste. Pazienza..non si può essere d’accordo su tutto e qualsiasi analisi a posteriori serve a poco. Fraterni saluti Gianni

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