

(da: Le Parole Scritte, Ed Sensibili alle foglie, 1996, pag.239)
A Napoli si riunirono nel Movimento dei proletari emarginati, a Firenze nel Collettivo George Jackson. E quelli furono i due raggruppamenti da cui si formarono i Nap. Vi furono anche le Pantere rosse, formatesi nel carcere di Perugia che si posero da subito la prospettiva combattente. Le Pantere rosse e i Nap sono stati la mia scuola. Quando ero entrato non avevo finito nemmeno le medie. Mi sono avvicinato a questi che sapevano parlare, che leggevano, che sapevano com’era il mondo, e grazie a loro ho avuto una mia dignità e una identità. Lì, praticamente ho imparato a leggere, a discutere, a diventare una persona. […] All’esterno chiedevamo soprattutto libri. Io, ma era una cosa un po’ di tutti, avevo un rapporto quasi morboso con i libri. Li guardavo, li accarezzavo, erano un oggetto di culto e di piacere. Si faceva quasi a gara per leggerli. In carcere avevamo costruito il nostro spazio. La nostra idea era di trasformare il carcere in una base rossa. Eravamo molto attratti dalle Pantere nere, la nostra idea era di organizzare qualcosa di simile anche qui da noi. Quando nascono i Nap vi aderisco immediatamente. In pratica, dentro, non vi è molta differenza da quando eravamo Pantere rosse e Nap. La nostra idea è un po’ sempre la stessa: organizzare i detenuti, fare del carcere una base rossa, costruire dei quadri rivoluzionari. […] Sia come Pantere rosse, sia come Nap, un seguito anche grosso lo abbiamo, però, è vero, tra le batterie dei rapinatori non abbiamo un grande successo. I motivi sono tanti. All’epoca pensavamo che ciò fosse per il loro individualismo che non gli consentiva di accettare una disciplina dura come la nostra, o anche che erano troppo condizionati dall’ideologia consumistica della borghesia. Il grosso dei nostri simpatizzanti o militanti era composto da ragazzi come me, piccoli illegali che provenivano dal mondo della strada. […] [Maelstrom, pag. 165]