Da Lama a Landini… novità o continuità?

42 anni fa la direzione della Cgil con la “politica dei sacrifici” e la “svolta dell’Eur” del 1977-78, impresse una svolta storica al suo operare. L’intervista su La Repubblica fatta da Eugenio Scalfari a Luciano Lama (segretario generale), chiarisce i contenuti di questa svolta. Se volete riesaminarli o se non li conoscete, per motivi di età, vedete il mio post precedente  [Tutta l’intervista è qui]

Poi confrontateli con l’intervista odierna di Maurizio Landini, attuale segretario generale (sotto riportata).

Il giornale è lo stesso, La Repubblica, l’intervistatore no. Il 24 gennaio 1978, fu Eugenio Scalfari a intervistare Lama, cui diede un titolo esplicito e sconvolgente: “Lavoratori stringete la cinghia”. Oggi, 11 dicembre 2019, Landini, è intervistato da Roberto Mania, si richiama all’altra sua intervista del 1° maggio scorso, quando Landini si attribuì la ricomposizione dell’unità sindacale frantumata da tempo, al grido: “Un sindacato unitario per tutti i lavoratori”, aggiungendo che “non ci sono più le ragioni per dividerci da Cisl e Uil”. Trascorsi 8 mesi del Conte bis, e trovandosi come sindacato sempre più con le pive nel sacco, Landini cerca di riprendere, ringiovanire e rilanciare quella proposta di Lama del ‘78 proponendo una “nuova concertazione”, senza tempo e senza spazio politico, in una fase di pesante arretramento della classe lavoratrice, che non sembra fermarsi né cambiare il senso di marcia.

L’intervista di Lama del ‘78 segnò uno spartiacque nella storia del sindacato in Italia, in cui Lama prese spunto da un grosso problema: l’enorme disoccupazione, argomentando: “Ebbene, se vogliamo esser coerenti con l’obiettivo di far diminuire la disoccupazione, è chiaro che il miglioramento delle condizioni degli operai occupati deve passare in seconda linea.” L’intervistatore, il direttore de la Repubblica, Eugenio Scalfari, gli chiese di spiegare “in concreto” cosa intendesse dire, Lama rispose: “Che la politica salariale nei prossimi anni dovrà essere molto contenuta, i miglioramenti che si potranno chiedere dovranno essere scaglionati nell’arco dei tre anni di durata dei contratti collettivi, l’intero meccanismo della Cassa integrazione dovrà essere rivisto da cima a fondo. Noi non possiamo più obbligare le aziende a trattenere alle loro dipendenze un numero di lavoratori che esorbita le loro possibilità produttive, né possiamo continuare a pretendere che la Cassa integrazione assista in via permanente i lavoratori eccedenti. Nel nostro documento si stabilisce che la Cassa assista i lavoratori per un anno e non oltre, salvo casi eccezionalissimi che debbono essere decisi di volta in volta dalle commissioni regionali di collocamento (delle quali fanno parte, oltre al sindacato, anche i datori di lavoro, le regioni, i comuni capoluogo). Insomma: mobilità effettiva della manodopera e fine del sistema del lavoro assistito in permanenza.”

Per maggior chiarezza aggiunse: “Noi siamo tuttavia convinti che imporre alle aziende quote di manodopera eccedenti sia una politica suicida. L’economia italiana sta piegandosi sulle ginocchia anche a causa di questa politica. Perciò, sebbene nessuno quanto noi si renda conto della difficoltà del problema, riteniamo che le aziende, quando sia accertato il loro stato di crisi, abbiano il diritto di licenziare.

Lama rafforzò il concetto: “Sì, si tratta proprio di questo: il sindacato propone ai lavoratori una politica di sacrifici. Sacrifici non marginali, ma sostanziali. Poche settimane dopo, a metà febbraio ci fu la famosa svolta dell’Eur. Una conferenza sindacale al palazzo dei congressi dell’Eur. La linea che ne scaturì s’imperniava su due elementi, la moderazione salariale e come contropartita un programma di investimenti per garantire l’occupazione. L’idea era che i maggiori sacrifici dei lavoratori avrebbero permesso ai padroni di accumulare il capitale necessario per gli investimenti. Invece non andò così! Inoltre nella tornata dei rinnovi contrattuali dell’inverno ’78-79, nonostante la “linea di moderazione dell’Eur”, ciascun sindacato di categoria, pressato dalla base, cercò un recupero salariale. Così i padroni si resero conto che il Pci e i vertici sindacali non avevano la capacità di contenere le spinte dei lavoratori e decretarono defunta la linea dell’Eur. La conseguenza parlamentare fu l’uscita del Pci dal governo all’inizio del 1979. Nelle elezioni anticipate che seguirono, il Pci subì un arretramento non indifferente, di ben 4 punti, scendendo intorno al 30% del voto nelle elezioni di giugno ‘79. In un articolo apparso su la Repubblica del 7 giugno del 1979, Eugenio Scalfari cercò di spiegare cosa fosse successo al voto comunista: “Il Pci ha registrato perdite sensibili, mediamente quattro punti in percentuale, il che significa il 12 per cento del suo elettorato”.

E oggi Landini vuol rilanciare qualcosa di simile “Alleanza con governo e imprese per impedire che il paese si sbricioli

La CGIL ha ormai smarrito le ragioni di fondo della sua parte sociale, e contribuisce in prima persona allo sfaldamento progressivo che sta attraversando la coscienza e la capacità organizzativa della classe e quindi paradossalmente sta favorendo, in questo modo, il consolidamento di quell’egemonia reazionaria che sta scavando proprio nelle classi subalterne.

Alla domanda di Roberto Mania Propone un nuovo patto sociale?”, Landini risponde: “Propongo di ricercare un progetto comune, un progetto condiviso per il paese in cui ciascuno faccia la sua parte e nel quale sia riconosciuta pari dignità tra lavoro e impresa”. Leggete la risposta di Landini all’ultima domanda: “Pensa alla cogestione?”, vedrete che non c’è differenza con il pensiero di Lama: sempre subordinazione al capitale!

Tante cose sono cambiate da quel ‘78 ad oggi, ma il nodo centrale del costo della forza lavoro in ambito capitalista, è rimasto lo stesso; così sembra sia rimasta inalterata la subalternità della visione sindacale alle regole capitaliste: moderazione salariale, riduzione diritti, arretramenti dei processi organizzativi e della coscienza di classe in cambio di un illusorio rilancio degli investimenti. Chimera beffarda, anche perché gli investimenti del capitale sono connessi all’andamento mondiale della finanza e all’orientamento dei mercati.

Da 42 anni… niente di nuovo!!!!

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