Strage di piazza Fontana, Strage di Stato. Non è il caso di commemorare. È il caso di trarre insegnamento e farci alcune domande indecenti:
– prima domanda: la strage è stato un evento straordinario oppure era, ed è, il modo di rispondere delle istituzioni di fronte a un movimento che pone il problema della trasformazione rivoluzionaria ed opera per realizzarla?
– seconda: abbiamo capito dunque qual’è la funzione dello Stato? Mantenere l’ordine sociale capitalistico ad ogni costo e con qualsiasi mezzo! Sta a noi prenderne atto.
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“Basterebbe che in questi giorni in qualche manifestazione di piazza si ammazzasse qualche
poliziotto e comparisse tra i dimostranti qualche arma da fuoco. La situazione potrebbe precipitare in poche ore. Toccherebbe al governo e al Capo dello Stato dichiarare lo stato d’emergenza. In alcuni Stati federali americani non si è fatto del resto lo stesso proprio in questi ultimi mesi?”
[Dichiarazione rilasciata da un alto funzionario del Ministero dell’Interno apparsa sul settimanale «Panorama» nel mese di luglio 1969, in: La strage di Stato, 1970 ]
Nella prefazione a questo libro-inchiesta gli autori Marco Ligini, Edoardo Di Giovanni, Edgardo Pellegrini affermano:
“Per questo non ci stupisce né ci indigna il ricorso dei padroni alla strage e la trasformazione di 16 cadaveri in formula di governo; né che l’apparato ne copra le responsabilità con l’assassinio e con l’incarcerazione di innocenti. Lasciamo ai democratici il compito di scandalizzarsi.”
La strage di Piazza Fontana NON arriva come un fulmine a ciel sereno;
Il 2 dicembre ’68, ad Avola, la polizia aprì il fuoco contro una manifestazione di braccianti, sotto i colpi della forza pubblica rimasero uccisi Giuseppe Scibilia e Angelo Sigona, centocinquanta le denunce.
Il 9 aprile ’69, a Battipaglia, in provincia di Salerno, la polizia caricò una manifestazione di operai e braccianti e poi iniziò a sparare uccidendo Teresa Ricciardi e Carmine Citro di 19 anni, rimasero feriti molti altri manifestanti. Su richiesta del prefetto erano stati inviati a Battipaglia 120 carabinieri e 160 agenti di Ps; alla fine della giornata i carabinieri erano 300 e gli agenti 700.
L’11 aprile ’69 scoppiò rivolta all’interno del carcere Le Nuove di Torino. I detenuti chiesero l’abolizione del regolamento penitenziario del periodo fascista, Ps e carabinieri stroncarono violentemente la protesta.
Il 25 aprile ’69 due bombe esplosero a Milano, una alla stazione centrale e l’altra alla Fiera, allo stand della Fiat.
Il 12 maggio ’69 tre ordigni esplosivi, due a Roma e uno a Torino. La polizia aggredisce una manifestazione a Torino contro il caro affitti e arresta una trentina di persone e ne ferisce una settantina.
Il 25 luglio ’69 a Milano scoppia bomba al Palazzo di giustizia.
Nella notte tra l’8 e il 9 agosto vengo effettuati otto attentati ferroviari.
Negli ultimi tre mesi del ’69 vengono denunciate oltre 13.000 persone.
Il 25 ottobre ’69 «l’Unità» riferisce di proteste degli agenti di Ps, con il titolo: «Hanno scioperato a Torino gli operai del reparto manganelli », pubblicando fra l’altro la testimonianza di un agente:
…per gli scioperi alla Fiat ci hanno tenuti 13 ore in servizio e, dopo tre ore di sonno, eravamo di nuovo sui «tigrotti» ai cancelli di Mirafiori. Quando si è stanchi, coi nervi a pezzi, si carica e si picchia con più rabbia.
La bomba di Milano è esplosa contro il proletariato
“Compagni, il movimento reale del proletariato rivoluzionario italiano lo sta conducendo verso il punto da cui sarà impossibile – per lui e per i suoi nemici – ogni ritorno al passato. Mentre si dissolvono una dopo l’altra tutte le illusioni sulla possibilità di ristabilire la «normalità» della situazione precedente, matura per entrambe le parti la necessità di rischiare il proprio presente per guadagnarsi il proprio futuro. Di fronte al montare del movimento rivoluzionario, malgrado la metodica azione di recupero dei sindacati e dei burocrati della vecchia e nuova «sinistra», diviene fatale per il Potere rispolverare ancora una volta la vecchia commedia dell’ordine, giocando questa volta la falsa carta del terrorismo, nel tentativo di scongiurare la situazione che lo costringerà a scoprire tutto il suo gioco di fronte alla chiarezza della rivoluzione.“
[Da un volantino dell’Internazionale situazionista, in Nanni Balestrini, Primo Moroni, L’ Orda d’oro, cit.]
Due settimane prima della strage, il 28 novembre ’69, con cinque treni speciali e centinaia di pullman arrivarono a Roma 150.000 metalmeccanici. Le tute blu riempirono tutta piazza del Popolo con la volontà di inasprire la lotta per contrastare l’arroganza confindustriale. La tensione si tagliava col coltello, Roma era sotto assedio. Provocazioni delle forze dell’ordine non mancarono.
La segreteria nazionale della Cgil diramò un comunicato nel quale affermava:
…il tentativo di creare un clima di timore, specie nella città di Roma, per infliggere un duro colpo alla lotta in corso, per aprire la strada a una svolta politica reazionaria.
Poi la strage. Tre giorni dopo, la notte del 15 dicembre – si erano appena svolti funerali delle
vittime di piazza Fontana – il militante anarchico Giuseppe Pinelli, ferroviere, venne «suicidato» negli uffici della Questura di Milano. Appena qualche ora dopo, il questore, quel Marcello Guida gerarca fascista e carceriere degli antifascisti a Ventotene, tenne una conferenza stampa nella quale affermò che il suicidio di Pinelli equivaleva a una confessione che confermava la «pista anarchica».
Valutazioni nel movimento di quei tempi
“Dietro gli assassini di Milano non ci sono solo i fascisti veri e propri, ma ci sono, da un lato le forze borghesi più arretrate e parassite […] dall’altro l’ala avanzata e riformista della borghesia che vuole rinsaldare attorno alle istituzioni «repubblicane e democratiche» del patto costituzionale la propria unità di potere nell’oppressione e nello sfruttamento.” [Da un volantino del 14 dicembre ’69]
Sappiamo bene che cosa sia questa democrazia, sappiamo bene che cosa abbia dato questa Repubblica democratica fondata sul sangue dei lavoratori: 91 proletari uccisi (dal ’47 a oggi), 674 proletari feriti, 44.325 operai uccisi in fabbrica dal ’51 al ’66, uno ogni mezz’ora di lavoro. 15.677.070 operai infortunati sul lavoro.
[Volantino del Collettivo operai-studenti del 16 dicembre 1969 dal titolo: I soli assassini sono i padroni]
“I neofascisti non sono il nemico principale e la loro presenza viene gonfiata artificiosamente per dividere e reprimere l’azione delle masse e incanalarle su obiettivi di semplice difesa della democrazia, agitando lo spauracchio del colpo di Stato reazionario.”
[Volantino del Movimento studentesco a commento degli scontri dell’8 marzo1969 a Torino]
“Piazza Fontana ci sembrò un fatto grave e tragico, ma un fatto di cronaca nera. Noi non avevamo mai creduto, a differenza di altre formazioni e dello stesso Feltrinelli, alla teoria del complotto e del colpo di Stato. Pensavamo che la guerra di classe era così, dove si spara senza lacrime per le rose.” [Oreste Scalzone]
“Attentati, bombe, azioni squadristiche, sparatorie contro i compagni. L’aggressione fascista sta diventando guerra civile. […] sono i padroni che l’hanno promossa, sono gli imperialisti che l’hanno voluta, è lo Stato con la sua polizia e con la sua magistratura a sostenerla.”
[Brigate rosse, Comunicato n. 2. Processo popolare contro i fascisti, 25 aprile 1971]
“…questo disegno repressivo per ora si estende e mira non tanto alla liquidazione istituzionale dello Stato «democratico» come ha fatto il fascismo, quanto alla repressione più feroce del movimento rivoluzionario.” [Auto-intervista Br, sett 1971]
“Il patto corporativo. Il tentativo di costruire legami corporativi tra la classe imprenditoriale del regime e le organizzazioni sindacali dei lavoratori è funzionale più di quanto si creda alla formazione dello Stato Imperialista. […] La funzione che il Pci si assegna dunque è quella di recuperare all’interno del «sistema democratico» tutte le spinte antagoniste del proletariato stravolgendole in termini riformisti.”
[Brigate rosse, Risoluzione della direzione strategica, aprile 1975]
“…una cosa è stata chiara: che la parte egemone della borghesia […] ha avuto sempre in mano l’iniziativa […]. La nuova maggioranza, l’accordo di potere tra il movimento operaio e i rappresentanti avanzati della borghesia viene preparato proprio da queste contraddizioni.” [«Lotta Continua» del 31 gennaio 1970]
“…a poche settimane di distanza l’atmosfera si è decisamente distesa […] le minacce di rotture clamorose tra i rappresentanti della borghesia sono sfumate o si sono ridotte a piccole beghe di potere […]. La campagna repressiva lanciata dalle destre ha ceduto il posto alla campagna antirepressiva amministrata dalle sinistre, Pci e sindacati in testa […]. Ai fascisti si sta rimettendo la museruola, alle masse si promettono amnistie e indulti.” [Da «Lotta Continua» del 14 febbraio 1970]
“Noi dobbiamo stare attenti a non assumere un atteggiamento difensivo (noi non c’entriamo, se c’è violenza operaia è risposta alla violenza borghese ecc.). In realtà questo è controrivoluzionario perché: a) esiste la violenza proletaria; b) è un atteggiamento tattico […]. Va ribadita la legittimità della violenza proletaria […] porre il problema dell’autodifesa delle masse proletarie (dentro le fabbriche e fuori) […]. Gli operai a livello di massa si rendono conto dell’urgenza di risolvere certi problemi. Armare il proletariato. Parlare di queste cose non deve voler dire dedicare il dibattito politico esclusivamente su queste cose, considerate come a sé. Cioè, occorre discutere di queste cose, in relazione alle lotte contrattuali.” [Volantino di Lotta Continua]
“…gli atti terroristi servono a convincere gli sfruttati che questo ordine democratico è il migliore che si possa avere e che vada preservato, facendo loro dimenticare che è proprio questo ordine democratico a esercitare la sua violenza su di loro giorno per giorno nelle fabbriche, nella scuola, nei quartieri e nelle baracche in cui vivono.”
[Volantino distribuito da Lotta Continua il 17 dicembre 1969 dal titolo:No alle bombe dei padroni.]
“Per qualche ora, per qualche giorno dopo gli attentati, Feltrinelli è certamente l’obiettivo, mai ufficialmente esplicitato, della «caccia rossa». Poi la caccia a Feltrinelli rientra nell’ombra. A essere chiamati in scena per le bombe sono ora Valpreda e gli sbrindellati anarchici del circolo 22 marzo.” [Giorgio Boatti, Piazza Fontana, 1999]
Su un’altra posizione era Feltrinelli, che si aspettava le bombe come premessa di un golpe alla greca. E non era il solo. Perfino il giudice Guido Viola nella requisitoria nei processi Gap-Feltrinelli-Br, così afferma:
“…la possibilità di un colpo di Stato di destra non era, tuttavia, peregrina e fantapolitica […] La dura repressione della contestazione, gli avvenimenti internazionali, ma soprattutto le stragi e gli attentati attribuiti con colpevole leggerezza, per non dire di più, a gruppi della sinistra parlamentare, non facevano che alimentare e dare corpo alle idee di Feltrinelli. Alla luce dei fatti successivi […] inchieste giudiziarie […] che vedono coinvolti gli ex vertici dei servizi di sicurezza, e che hanno portato a conoscenza dell’opinione pubblica l’esistenza di una trama eversiva di destra , potente e non ancora stroncata, l’ossessione di Feltrinelli sulla possibilità di un colpo di Stato non era priva di un certo contenuto di serietà e di fondatezza.” [Giorgio Boatti, Piazza Fontana, cit.]
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Consiglio a tutti di leggersi il libro di Alex Butterworth: Il mondo che non fu mai – Una storia vera di sognatori, cospiratori, anarchici e agenti segreti. Letto questo ognuno tiri le sue conclusioni e lo commenti; mi piacerebbe dibattere l’argomento con compagni che abbiano avuto esperienze “ravvicinate” con certe strategie rivoluzionarie e poliziesche. Gianni