Non conosceremo mai l’enormità delle torture e sevizie compiute dalla Cia nei confronti dei detenuti
Il Quotidiano Online Indipendente Lettera43 ha pubblicato il 17 gennaio un articolo “Torture, gli Usa non pubblicano il rapporto”
L’intero articolo lo puoi leggere qui
Nel dicembre del 2014 la commissione Intelligence del Senato statunitense pubblicò una sintesi fortemente censurata di un rapporto su una lunga indagine relativa al programma di arresti e interrogatori messo in atto dalla Cia negli anni della guerra al terrore scatenata da George W. Bush.
Il documento consultabile, di 525 pagine e già conteneva un nutritissimo elenco di episodi, tutti documentati, di maltrattamenti, arresti illegali e torture compiuti dalla Cia, spesso con l’avallo della Casa Bianca:
Interrogatori-fiume che durarono per giorni e giorni. Detenuti costretti a stare in piedi dopo che erano state spezzate loro le gambe. Oppure a stare svegli anche per 180 ore di seguito, senza poter dormire. Prigioni talmente fredde da provocare la morte degli ‘ospiti’ per congelamento.
Ma l’intero e dettagliato resoconto dell’inchiesta della Commissione che si compone di quasi 7 mila pagine, non è mai stato diffuso al pubblico. E forse non sapremo mai tutte le sevizie compiute dalla Cia dal 2001.
Ecco cosa ha dichiarato la senatrice democratica della California Dianne Feinstein:
«Sono convita che non vogliano diffondere questi fatti. E mi riferisco all’amministrazione, all’intelligence e al dipartimento di Giustizia».
La senatrice ha anche scritto una lettera a novembre al ministro della Giustizia e al direttore del Fbi sollecitandoli a leggere i documenti. «Il lascito storico di questo rapporto», ha dichiarato, «non può essere sepolto in qualche cassaforte degli uffici dell’esecutivo, senza essere analizzato da coloro che più devono imparare da quanto è accaduto».
«SOLO UN RIASSUNTO». L’aspetto più grave, secondo lei, è che il rapporto pubblico è solo un riassunto e la reale dimensione di quello che è accaduto può essere compresa solo leggendo la relazione completa.
I documenti pubblici per quanto stringati e sbianchettati sono un’antologia di racconti dell’orrore. Nel novembre 2002 Gul Rahman un prigioniero afgano venne incatenato nudo al pavimento e morì di freddo in una prigione della CIA; due anni dopo un afgano chiamato Janat Gul venne arrestato con l’accusa di essere al corrente di un possibile attacco di al Qaeda sul territorio americano e venne deportato in un centro di detenzione segreto (forse in Europa) qui, dopo un’autorizzazione del ministro della giustizia Ashcroft, venne sottoposto agli «interrogatori potenziati».
TORTURATI ANCHE DEGLI INNOCENTI. Ci si rese conto che il detenuto non sapeva nulla, ma dagli Usa ordinarono di insistere. Gul arrivò al punto di chiedere a chi lo interrogava di «ucciderlo o di lasciarlo morire». Dopo mesi di detenzione si appurò che era stato la vittima di un depistaggio. Il saudita Mustafa al Hawsawi, tuttora detenuto a Guantanamo, ha subito danni permanenti all’intestino dopo forzate applicazioni di una procedura chiamata «alimentazione rettale».
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Questi episodi, secondo la stessa Feinstein, sono solo la punta dell’iceberg. Il programma di interrogatori della Cia costò più di 300 milioni di dollari, alcuni Paesi il cui nome non compare nella relazione pubblicata, percepirono tangenti per accettare la presenza delle prigioni segrete americane sul proprio territorio. «La Cia diede milioni di dollari in contanti a governi stranieri».
È lecito supporre che nella relazione integrale sia scritto quali siano questi governi e quali funzionari furono pagati.
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La American civil liberties union ha richiesto che l’intera documentazione legata all’inchiesta rientri tra i documenti soggetti a diffusione secondo il Freedom of information act (Foia).
CHI SIAMO NOI PER DIMENTICARE? RICORDIAMO TUTTO!
L’ha ribloggato su sergiofalcone.
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Condivido e ricondivido su FB la tua “denuncia” ma bisognerebbe che qualche Centro sociale si impegnasse a divulgare nelle piazze, nei quartieri,nelle Università, questi sistemi di interrogatorio che anch’io avrei creduto che fossero relegati ad un passato remoto, magari in Sud America