Quello che segue non è un Dossier sulle sevizie e torture praticate dalle forze dell’ordine nei confronti degli arrestati o detenuti. Donne e uomini massacrati nelle camere di sicurezza e nelle prigioni dell’Italia repubblicana. Sono soltanto alcuni avvenimenti, solo un piccolo campione dell’operare delle “forze dell’ordine”, tratti dai giornali dell’epoca. Le note si interrompono con le sevizie ai danni del compagno Buonoconto nel 1975, perché da lì in poi c’è documentazione. Vedi post su Buonoconto qui e poi il volume “Le torture affiorate”, Ed. Sensibili alle foglie; ed anche in Internet su numerosi Siti e Blog (è sufficiente cercare).
Nel prossimo Post (domani o dopo domani) proveremo a buttar giù alcune considerazionie a ragionare su come difenderci da tale barbarie, sperando che si sviluppi un profondo dibattito su questo grave tema.
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8 giugno 1946 – Il ministro di Grazia e giustizia Palmiro Togliatti presenta al Consiglio dei ministri il progetto di legge sull’Amnistia per tutti i reati commessi nel periodo bellico, con la sola esclusione di quelli relativi alle “sevizie particolarmente efferate“
L’interpretazione di questa definizione: “sevizie particolarmente efferate” produrrà numerosi ricorsi alla Corte di Cassazione di cui qui elenchiamo alcune sentenze:
21 marzo 1947 -La Corte di Cassazione, nel ricorso Manferrino, sentenzia che “pugni e calci non costituiscono sevizie particolarmente efferate, seppure nel novero di queste potrebbero rientrare l’applicazione della corrente elettrica; ma ciò deve essere escluso quando non risultino le modalità dell‘applicazione (sua durata ed intensità della corrente) e la vittima non abbia mai lamentato conseguenze di detta applicazione“.
7 luglio 1947 -La Corte di Cassazione stabilisce che non sono causa ostativa alla concessione dell’amnistia Togliatti, perché non sono da considerarsi sevizie efferate “il torcimento dei genitali e l’applicazione alla testa di un partigiano di un cerchio di ferro che veniva gradualmente ristretto“.
17 settembre 1947 -La Corte di Cassazione stabilisce che “le scudisciate, gli spintoni e i calci non sono sevizie ma forme normali di violenza“.
9 novembre 1948 – Desdemona Palombi muore bruciata viva nella ‘camera di sicurezza’ di un comando di carabinieri di Roma. Desdemona di mestiere cameriera, era accusata di un furto al quale risulterà del tutto estranea nelle successive indagini.
27-28 ottobre 1948– Piero Calamandrei interviene alla Camera dei deputati sui casi di tortura in Italia e afferma: “Ho voluto fare una specie di inchiesta privata e discreta fra gli avvocati e i magistrati…ho raccolto materiali impressionanti…Gli avvocati interpellati mi hanno risposto in via confidenziale, ma mi hanno fatto promettere di non dire pubblicamente i loro nomi perché essi sanno che se, nel rilevare quei metodi, precisassero dati e circostanze, verrebbero danneggiati i loro patrocinati: li esporrebbero a rappresaglie e persecuzioni, forse a imputazioni di calunnia, perché di fronte alle loro affermazioni non si troverebbe il testimone disposto a confermare che quanto dice l’imputato è vero. Accade così che il difensore, anche quando sa che il suo patrocinato è stato oggetto di vera e propria tortura per farlo confessare, lo esorta a sopportare, a tacere, a non rilevare in udienza quei tormenti ai quali, in mancanza di prove, i giudici non credono“.
13 maggio 1950 – Il deputato del Psi Ferdinando Targetti denuncia in Parlamento l’atteggiamento del questore di Milano che ha indetto una conferenza stampa per protestare contro il rinvio a giudizio di un commissario della squadra mobile e di 4 agenti, accusati di lesioni aggravate e continuate a danno di un arrestato, peraltro assolto poi con formula piena dalla magistratura. L’atteggiamento del questore ha provocato anche una nota di protesta della sezione milanese dell’Anm.
Il 26 agosto del 1949 il governo italiano crea il Comando forze repressione banditismo (C.F.R.B.), reparto speciale interforze di carabinieri e polizia, sotto la responsabilità del Ministero dell’interno, con il compito ufficiale di stroncare il banditismo in Sicilia e catturare Salvatore Giuliano. In realtà il Cfrb opera in prevalenza contro le lotte bracciantili e contadine e a difesa del latifondo mafioso. Difatti il 10 agosto 1950 a Gibellina (Trapani), i carabinieri conducono nella caserma dove ha sede un distaccamento del Cfrb il contadino socialista Salvatore Garracci, che muore sotto le torture inflittegli nel corso dell’interrogatorio. Nonostante l’evidenza dei fatti, la versione ufficiale parla di decesso provocato da collasso cardiocircolatorio.
29 gennaio 1951– A Napoli, si apre in Corte d’Assise il processo per l’omicidio del detenuto Lucio Volpe, ucciso dalle sevizie dei secondini nel carcere di Poggioreale e per percosse nei confronti di altri detenuti. Imputati sono il secondino Felice La Manna, incriminato per omicidio preterintenzionale in concorso con i secondini Rocco Pastore, Antonio Ruggiero, Gino Rosati, Antonio Ranieri e il detenuto Tobia Varriale. Fra i corpi di reato, sono prodotti giubbetti di costrizione macchiati di sangue, un bastone con tracce di pelle e sangue e la riproduzione di una cella nota come ‘cella imbottita’. Alcuni testimoni riferiscono che La Manna conduceva talora gli interrogatori, premendo col ginocchio sulle reni affinché le cinghie meglio stringessero il giubbetto; e che il prigioniero Galderisi rimase per 3 giorni privo di cibo e di acqua, legato ad un letto di contenzione. Il perito riferisce che il corpo del Volpe riportava ben 24 ecchimosi.
17 novembre 1951 – A Perugia, il Tribunale condanna 6 carabinieri, fra cui il maresciallo Falomi a 7 mesi di reclusione, e gli altri a 6 mesi, oltre al risarcimento dei danni, per avere essi torturato 5 detenuti allo scopo di estorcere loro confessioni, in seguito ritrattate. I 5 torturati sono operai, arrestati nel 1949 per furto di stoffe: ma in un secondo tempo emergeranno i reali responsabili, trovati in possesso della refurtiva.
12 dicembre 1951 – A Lucera, si svolge il processo per gli scontri di San Severo del 23 marzo 1950 (due giorni di scontri per la lotta contro il latifondo e le paghe basse dei braccianti), nei quali la polizia aveva ucciso Michele Di Nunzio e ferito decine di manifestanti. I 4 principali imputati sono accusati di ‘insurrezione armata contro i poteri dello Stato, avvenuta con la formazione di barricate e uso di armi contro le forze di polizia’ (Attenzione: questo reato è tuttora presente nel Codice Penale fascista in vigore in Italia, e potrebbe/potrà essere utilizzato a tempo debito). sono Erminio Colaneri, Antonio Berardi, Carmine Cannelonga, segretario della locale Cdl e Matteo D’Onofrio. Le fotografie prodotte al processo mostrano barricate rudimentali, e le armi riprodotte non sono che fionde per lanciare sassi, mentre i pochi feriti delle forze di polizia non hanno riportato alcuna lesione da arma da fuoco. Diversi testimoni dichiarano che i rastrellamenti avvennero prima degli scontri ed alcuni imputati denunciano le torture subite: Pietro Forte denuncia la tortura dell’acqua, praticata con un tubo mentre gli era stato messo uno scarafaggio sul ventre. D’Errico dichiara di essere stato appeso ad un uncino, Matteo De Florio di aver avuto i denti spezzati durante l’interrogatorio a causa delle percosse. Il ministro Scelba si dichiara contrario a una commissione di Inchiesta.
18 gennaio 1952 – La Corte di Assise di Roma assolve Lionello Egidi detto il biondino di Primavalle dall’accusa di omicidio pluriaggravato, risultando che la confessione da lui firmata alla polizia gli era stata estorta mediante torture. I due agenti, Autieri e Fichera, che avevano raccolto la confessione di Egidi ritrattano l’accusa nei suoi confronti dopo l’arringa del difensore. Molte critiche piovono in particolare sul dott. Barranco, capo della mobile di Roma e sul pm, dottor Tartaglia.
21 febbraio 1952 – Quattro carabinieri accusati di aver seviziato ed ucciso La Rosa all’interno della caserma di Mazara del Vallo nel corso di un interrogatorio, sono prosciolti dalla sezione istruttoria del Tribunale di Palermo dall’accusa di omicidio preterintenzionale e solo uno è rinviato a giudizio per ‘abuso dei mezzi di disciplina’. Il 26 giugno successivo la Cassazione, su ricorso del pubblico ministero, annulla la sentenza della sezione istruttoria del Tribunale di Palermo nei confronti dei 4 carabinieri accusati per l’omicidio La Rosa, e ne dispone il rinvio alla stessa sezione diversamente composta.
27 marzo 1954 – Il contrasto delle torture e sevizie, veniva praticato dalle opposizioni di allora, Pci e Psi, per via parlamentare con “interrogazioni” e per mezzo di denunce alla Magistratura. Non c’è una vera azione a largo raggio e popolare di contrasto alla tortura.
Il presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sui casi di tortura da parte delle forze di polizia in Italia, Adone Zoli, trasmette la relazione finale al ministro di Grazia e Giustizia. Nella stessa, si può leggere: “La lievissima percentuale di casi in cui siffatto fenomeno è stato positivamente constatato in rapporto al numero di processi celebrati durante l’ultimo decennio…consente comunque di escludere che l’abuso abbia mai assunto l’importanza e la gravità di un vero e proprio sistema, come tale imputabile ad iniziativa e direttive di organi centrali e periferici. Trattasi invero di casi fortunatamente isolati, consistenti nella maggior parte in percosse, e quindi dovuti alla intemperanza dei singoli, la quale può trovare la sua spiegazione nell’ambiente e nel carattere individuale oltre che nella inadeguata preparazione di alcuni degli elementi cui sono affidate funzioni così importanti e delicate, esercitate a volte senza possibilità di immediato ed efficace controllo…Giova inoltre rilevare che il fenomeno non è esclusivamente italiano…ma affligge anche altri Paesi di alta civiltà giuridica e di consolidate tradizioni liberali“.
15 dicembre 1959– Si dimette il direttore di Regina Coeli, Carmelo Scalia, ufficialmente ‘per motivi di salute’ dopo che si è saputo della morte di un ragazzo di 19 anni Marcello Elisei, rinchiuso in una cella di punizione fredda e legato ad un letto di contenzione, nonostante fosse affetto da polmonite. Situazione che gli ha causato la morte.
In merito alla morte di Marcello Elisei nel carcere di Regina Coeli, su l’ “Avanti!” del 17 dicembre 1959, un articolo domanda se occorreva uno scandalo costato la vita a un giovane uomo per sapere “che la organizzazione dei penitenziari italiani è feudale ed ignobile, vergognosamente rivelatrice di una struttura incivile. Uno dei primi atti del pontificato di Giovanni XXIII fu quello di visitare Regina Coeli; quel giorno tutto fu rimesso a nuovo, il carcere romano sembrava un luogo di riposo, i dirigenti, il personale, le guardie sorridevano come assistenti sociali che credono nella loro nobile missione. Era tutto un bluff…“.
Sulla morte del giovane Marcello Elisei, il ministro della Giustizia Guido Gonella, dovendo rispondere all’interpellanza parlamentare dei deputati del Pci sulle cause della morte, il 18 gennaio del ’60, difende l’amministrazione carceraria ed afferma che il letto di contenzione non è una misura punitiva bensì “di sicurezza, per evitare che un soggetto possa arrecare danni a sé od altri” e come tale “è approvata dal regolamento delle Nazioni unite sulla umanizzazione della pena” [???]
3 gennaio 1960 –Altro assassinio per tortura punitiva: il caso di Alfeo Zannini che, dopo un tentativo di fuga dall’ospedale psichiatrico nel quale era rinchiuso, è stato costretto nella camicia di forza in un locale umido e buio, dove è morto per edema polmonare.
16 marzo 1960 – A Milano, la Corte d’Assise assolve per non aver commesso il fatto tre giovani accusati dell’omicidio di un metronotte. La polizia li aveva indotti a confessare a suon di botte. I dirigenti del commissariato di Ps di Porta Genova non subiranno alcuna conseguenza.
7 luglio 1960 – A Genazzano (Roma) vengono arrestati tre giovani sorpresi a tracciare scritte sui muri contro il governo Tambroni. Sono Enrico Todi, Arcangelo Camicia e Marco Eufemi che, tradotti presso la Questura di Roma, vengono seviziati con estrema brutalità. Successivamente, il sostituto procuratore della repubblica di Roma Antonio Lojacono archivia la denuncia presentata dai tre giovani contro i poliziotti torturatori perché il fatto non costituisce reato. Il sostituto procuratore chiede l’incriminazione dei tre per ‘resistenza a pubblico ufficiale’ e ‘oltraggio al governo’.
5 maggio 1964 -Nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, muore legato al letto di contenzione Vincenzo Razzano. Alcuni parlamentari del Pci presentano un’interrogazione, nella quale riprendono la vicenda delle sevizie denunciate in Lombardia.
6 ottobre 1967 – A Sassari, vengono arrestati funzionari della Squadra mobile con l’accusa di calunnia, violenza privata, falso ideologico, lesioni gravi commessi per indurre un accusato a confessare un reato che non aveva compiuto.
17 ottobre 1967 – I giornali di destra, tra cui Il Tempo, lanciano invettive contro la Procura della repubblica di Sassari per l’iniziativa a carico dei funzionari della Squadra mobile della Questura: “Non il fatto in sé, cioè la natura dei reati contestati agli imputati, – scrive il giornale – ha turbato l’opinione pubblica; ma la procedura adottata nelle specifiche circostanze dal pubblico ministero di Sassari e il mandato di cattura spiccato contro funzionari di polizia in servizio, insciente l’autorità amministrativa e politica. E non ci si dica, non ci si ripeta che la autonomia del magistrato è assoluta e che il giudice istruttore non era tenuto ad avvertire preventivamente le autorità delle sue gravissime decisioni. A parte la consuetudine, a parte il dovere morale e civile, esiste in Italia una legge (31.5.46) la quale sottopone l’azione del pubblico ministero alla ‘vigilanza’ del ministro di Grazia e giustizia. Che significa questa ‘vigilanza’? Come funziona? Ed è possibile che non abbia funzionato in un caso come quello di Sassari?’[???]
30 luglio 1973 – Gli ex direttori di Rebibbia e Regina Coeli, Giuseppe Castellano e Filippo Vastola, l’ispettore ministeriale Marcello Buonamano, ricevono avvisi di reato firmati dal giudice Squillante, per non aver detto il vero circa i pestaggi avvenuti in carcere.
24 settembre 1973 – A Roma, nel quadro dell’inchiesta sui pestaggi ai detenuti, la magistratura invia un avviso di reato al direttore degli Istituti di pena: Manca.
10 ottobre 1975 – Alberto Buonoconto, arrestato a Napoli due giorni prima, dichiara al procuratore della repubblica Di Pietro “di essere stato interrogato nella Questura di Napoli per 10 consecutive, senza la presenza del legale di fiducia o di un difensore di fiducia. Precisava poi che nel corso dell’interrogatorio aveva subito da parte di funzionari ed agenti percosse e violenze fisiche somministrate con sistemi scientifici tali da poter essere qualificate come delle vere e proprie torture. Il sostituto procuratore dava atto che il giovane presentava escoriazioni e contusioni multiple su innumerevoli punti del corpo“.
Sulle torture e morte di Alberto Buonoconto vedi qui e qui
Particolarmente efferate e sconosciute sono le sevizie e le torture praticate contro gli “irredentisti” in Alto Adige/Sud Tirolo. Una pagina nera, troppo facilmente dimenticata; ecco alcuni episodi:
Un tale di nome Antonio Negri, detto Toni, celebre (e chiarissimo) filosofo, ebbe a scrivere, nell’appendice al suo “Fabbriche del soggetto” (anno di grazia, o del Signore, 1987): “Erkenntnistheorie. Elogio dell’assenza di memoria”. Ed esattamente dalla pagina 159 alla pagina 167 dello stesso.
Io, invece, avrei scritto un elogio della presenza di memoria, della memoria storica.
Il lavoro di controinformazione di Salvatore ha il merito di rinfrescare la memoria a quelli della mia età e di informare giovani e giovanissimi; quelli che, per motivi anagrafici quegli avvenimenti non hanno vissuto. E che, magari, vedono quegli anni come noi avremmo visto, che so, la guerra del ’15-’18.
Se pure questo lavoro dovesse presentare delle lacune, non ne esistono di eguali, nell’Italia devastata dalla “fine delle ideologie”, dal pensieri debole e, consentitemi, da personaggetti da palude metropolitana.
A Salvo il mio più affettuoso “Grazie!”.
E’ un ottimo lavoro Salvatore. Un popolo senza memoria, è un popolo acefalo. Ciao “vecchietto”!! Gianni
le torture ci sono ancora nel 3 millenio purtroppo è una storia vecchia come il mondo….
Nessuno ricorda questa vicenda siciliana, ad Alcamo, nel 1976 ?
http://attualissimo.it/strage-alcamo-marina-giuseppe-gulotta-assolto-dopo-21-anni-di-ingiusta-detenzione/
La vicenda di Giuseppe Gulotta, dell’uccisione dei due carabinbieri e delle torture per estorcere confessioni e incriminare persone innocenti e coprire torbidi segreti di Stato, è connessa anche con l’uccisione di Peppino Impastato. A questi link si può leggere quelle vicende :
http://inchieste.repubblica.it/it/repubblica/rep-palermo/2012/02/14/news/peppino_impastato_e_la_strage_di_alcamo_riaperte_le_inchieste_su_due_misteri_siciliani-29887337/
http://senzamemoria.wordpress.com/2008/05/11/la-strage-di-alcamo-marina/