Contro la “tortura” che fare?

Il Post precedente ripercorre sommariamente la storia dei feroci crimini delle forze dell’ordine e segnala la loro propensione alle sevizie e alla tortura. Poiché negli ultimi tempi si assiste, purtroppo passivamente, ad un inasprimento di aggressioni, maltrattamenti fino a vere e proprie torture, è urgente porre a tutti e tutte noi una domanda: come attrezzarci e reagire per far cessare questa barbarie?

 

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La domanda è rivolta a noi: tutti quelle e quelli che, dovendo praticare il conflitto sociale per necessità vitale e per voler cambiare questa società, hanno e avranno sempre più a che fare con le “attenzioni” e le “mani pesanti” delle forze poste a tutela e garanzia dell’ordine dello sfruttamento e dell’oppressione capitalista.

Alcuni rispondono proponendo di introdurre nel Codice Penale italiano il “reato di tortura” (obbligo cui, da molti anni, la Commissione europea dei diritti dell’uomo richiama i parlamenti italiani). Il ragionamento che sottende questa proposta è che una legge di questo tipo può costituire deterrenza per quelle forze dell’ordine che vogliano praticare torture, sevizie, e maltrattamenti inumani.

Si tratterebbe di inserire la norma così come è stata definita della Convenzione contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, inumani o degradanti, (approvata a New York il 10 dicembre 1984):

Art. 1 – Ai fini della presente Convenzione, il termine «tortura» designa qualsiasi atto con il quale sono inflitti a una persona dolore o sofferenze acute, fisiche o psichiche, segnatamente al fine di ottenere da questa o da una terza persona informazioni o confessioni, di punirla per un atto che ella o una terza persona ha commesso o è sospettata di aver commesso, di intimidirla od esercitare pressioni su di lei o di intimidire od esercitare pressioni su una terza persona, o per qualunque altro motivo basato su una qualsiasi forma di discriminazione, qualora tale dolore o tali sofferenze siano inflitti da un funzionario pubblico o da qualsiasi altra persona che agisca a titolo ufficiale, o sotto sua istigazione, oppure con il suo consenso espresso o tacito. Tale termine non si estende al dolore o alle sofferenze derivanti unicamente da sanzioni legittime, ad esse inerenti o da esse provocate.

L’intera Convenzione è scaricabile     qui:

Io non penso che una legge possa ribaltare i “rapporti di forza” tra soggetti del conflitto e Stato, rapporti che oggi sono a noi sfavorevoli a causa del conflitto scarso e difensivo. Tuttavia mi va bene che i giuristi, gli avvocati, uomini e donne che si occupano di tradurre sul terreno giuridico le dinamiche sociali, facciano la loro battaglia. Potrà forse servire, solo se si collocherà all’interno di una ripresa di iniziativa dei movimenti sul terreno della lotta alla repressione.

Ma non illudiamoci che una legge da sola, anche ben congegnata (cosa tra l’altro difficile in questo quadro politico), possa fermare l’offensiva del sistema che si dispiega a livello statale e sociale, ed è teso a impedire le esplosioni dei conflitti e perciò ad una Repressione sempre più preventiva. Cosa spetta fare a noi e ai proletari, ai giovani e alle donne, agli immigrati, a tutti quelli e quelle che hanno necessità di lottare e che, per tali comportamenti, rientrano nell’“attenzione” delle “forze dell’ordine” e della Repressione? Spetta capire cosa fare per difendersi e tutelarsi, per non essere colpiti, per non essere torturati, né seviziati, per non subire il terrorismo di stato che cerca di annichilire i movimenti al loro sorgere: da Genova 2001 ad oggi -14 novembre 2012, corteo di studenti medi.

Non ci deve interessare tanto mandare sotto processo un torturatore, ma intervenire preventivamente per impedire la tortura e i maltrattamenti. La legge opera dopo che le torture sono state praticate e dopo hanno distrutto e annientato proletari/e, compagni/e e movimenti.

Alcune accortezze tecniche inderogabili.

Primo punto– ricordiamo che sevizie, torture e maltrattamenti diventano praticabili quando le forze dell’ordine hanno la certezza che quanto da loro praticato NON venga conosciuto. Ossia che si trovino nella condizione che non si sappia che quella persona è nelle loro mani. Quindi è importante che attiviste/i, compagne/i, ragazze/e, sia che vanno ad attaccare manifesti, o fare scritte sui muri, sia che vanno a una manifestazione, NON devono andare mai da soli/e; devono inoltre tenere contatti con altri loro amici o compagni in luoghi distanti, per comunicare loro eventuali problemi. Insomma mettere a punto tutte quelle attenzioni che consentano di sapere IMMEDIATAMENTE se qualcuna/o è stato fermato o arrestato (a tal proposito molto utile seguire i suggerimenti dell’opuscolo “Corteo” redatto dalla Rete Evasioni a Roma).

È necessario tenere contatti PERMANENTI, con una rete stabile di avvocati, consapevoli di tale compito. Se l’avvocato si presenta in Questura o al Commissariato o alla Caserma dei CC, immediatamente a chiedere informazioni sul fermato/a, difficilmente potranno infierire contro quel fermato. Questa è un’importante deterrenza contro percosse, sevizie, torture. Ma per poter far ciò, l’avvocato deve essere stato nominato dal fermato/a. Per questo ogni attivista di qualsiasi area di movimento sia che si accinga a realizzare una iniziativa, sia che esca da casa per andare a passeggiare, deve avere ben chiaro in memoria il nome e il n. di telefono di un avvocato di questa rete.

Secondo punto– Costruire e attivare una rete di medici e tecnici sanitari per perizie su persone che abbiano subito pestaggi, sevizie, torture e altro, per realizzare un dossier continuamente aggiornato, utile anche per le vicende processuali.

Sul piano politico. I luoghi dove avvengono o possono essere realizzate queste sevizie, torture e maltrattamenti contro persone fermate sono: i Commissariati, le Caserme CC, le Questure, le Carceri. Questi edifici non stanno sulla luna ma nei territori dove viviamo. Non è difficile costruire sistemi di monitoraggio territoriale per sapere cosa avviene in questi “luoghi oscuri”. È possibile, attivando chi abita nei territori, conoscere chi entra e esce da quei luoghi e cosa succede dentro. Il rapporto con la gente del quartiere può offrire risorse di conoscenza impensabili, certamente superiori a quelle del più scaltro servizio di intelligence.

Insomma la presenza politica sul territorio deve prevedere, oltre tutte le altre attività: casa, trasporti, servizi, scuola, ecc. la “attenta conoscenza” di tutto quello che avviene nelle zone limitrofe e dentro i luoghi del “controllo”. Chiunque si accinga a maltrattare o torturare una persona, se si sente “mille occhi addosso” è difficile che lo faccia. Insomma si tratta di applicare la norma: controllare i controllori.

Su questi “argomenti” in ogni città dovrebbero svolgersi numerose assemblee cittadine… buon lavoro!
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9 risposte a Contro la “tortura” che fare?

  1. sergio falcone ha detto:

    Avevo in mente di meglio articolare il commento ma, non essendo assolutamente uno specialista in comunicazione e per non annoiare il volenteroso lettore, arrivo subito alle conclusioni.

    Lo Stato è assolutamente ipocrita quando stigmatizza l’uso della violenza. Esso non è organizzazione di nonviolenti in quanto tollera, al proprio interno, la presenza di forze armate e strutturate. La verità vera è che lo Stato della violenza pretende il monopolio.

    L’unico modo per opporsi concretamente all’uso della tortura è ribaltare l’antico assunto che il fine giustifichi i mezzi e che ci sia una violenza giusta e, in qualche modo, necessaria e giustificabile. Una violenza “a fin di bene”, e catartica e risolutiva di tutti i mali, da contrapporre alla violenza di chi detiene il Potere.

    L’unico modo per opporsi concretamente alla violenza è negarla, la violenza.
    Ed è l’unico modo per cercare di fermare le altre tragedie, e gli olocausti, che già si annunciano.

  2. vittoria oliva ha detto:

    soo d’accordissimo, siamo rimasti con pochissimi avvocati, tra l’altro

  3. vittoria oliva ha detto:

    Salvo te posso dire una cosa?, pure se te incazzi ma io dico sempre quello che penso, nessuno lo farà, non se vonno esporre in prima persona perchè appena te interessi de carcerario, hai un amico pure in galera finisci sotto tiro, continueranno a chiedere la legge

    • contromaelstrom ha detto:

      Lo so che oggi in pochissimi/e si interessano del carcere e della deriva “forcaiola”. Soprattutto “a sinistra” molti/e pensano che si possa combattere lo squasso economico-sociale con “più galera”, difatti le liste “di sinistra” sono piene di secondini, guardie, magistrati. Ma la realtà ha la testa dura e, prima o poi, sbatterà in faccia a tutti/e questi cretini/e che devono cambiare strada, e radicalmente se non vogliono diventare un popolo di zombie.

  4. vittoria oliva ha detto:

    ma nun se attrezzano e nun reagiscono manco pe o pane!

  5. gianni ha detto:

    E’ vero quello che dice Vittoria Oliva ed è tanto più vero nelle provincie lontane da grossi centri urbani come Roma o Milano, ma non ci si può fermare a posizioni di sfiducia. Bene fa Salvatore ad offrire materiale di informazione e discussione per le nuove generazioni che abbiano voglia di rimboccarsi le maniche e sacrificarsi senza aspettarsi un “riconoscimento di gratitudine”. Questi erano gli intenti che ci spinsero a sobillare negli anni ’60 un popolo disabituato ad agire in prima persona, speranzoso ed illuso di ottenere qualcosa delegando a politici già da tempo inseriti nel sistema. Bisogna anche dire che avemmo la fortuna di avere dalla nostra parte uomini come Sofri, Con Bendit, Rudi Dutche, che seppero essere dei buoni detonatori…eppure la situazione non era di merda come quella odierna. La reazione è all’attacco in tutta Europa e meglio che nulla facciamo della buona informazione, in attesa di tempi più favorevoli a noi. Gianni

  6. vittoria oliva ha detto:

    io non sto a dir che SAlvatore sbaglia! ma quando penso a a fine che hanno fatto chilli che citi, marò! è quello è pure uno dei motivi per cui non ci sta impegno fra l’altro! poi no mitizare i grossi centri come Roma o Milano,c he in italia o potere e o sottopotere è uguale nei centri piccoli e grossi

  7. gianni ha detto:

    Meno male che sono pochi a pensarla come Olivia e qualche rimasuglio del vecchio PCI perchè sarebbe molto deludente aver perso tanta esistenza e sacrifici per conclusioni superficiali ed inconcludenti come quelle di Olivia. Salvatore, ci vuole più pazienza con i compagni che con i “nemici”. Forza e coraggio, andiamo avanti e badiamo al sodo, senza seghe mentali proprie degli sconfitti e dei grilli parlanti. C’è sempre un prima ed un dopo nella esistenza delle persone e questo vale per tutti . Io apprezzo tantissimo Salvatore per il “prima” e per il “dopo”: equilibrio, sensibilità, assenza di piagnistei, di incensamenti personali , preparazione storico-politica non comune, umiltà senza polemica, capacità di mettersi in gioco completamente senza rimpianti……..nonostante trent’anni di “alberghi popolari in tutta Italia” Gianni

  8. Pino ha detto:

    Bella, caro Gianni!! Concordo in pieno su tutto!!! E grazie a Sal e a te!!!

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