In ricordo di Walter Alasia a 44 anni dall’uccisione

…15 dicembre 1976, ore 5 di mattina, una casa popolare viene circondata da un foltissimo schieramento di forze dell’ordine…

il piombo di stato ha cercato di spegnere il sorriso di un ragazzo di vent’anni appena compiuti.

Il sorriso di Walter sapeva di lotta, di solidarietà, di ribellione, di rivoluzione. Quel sorriso portava con se le parole, le azioni, gli insegnamenti dei molti volti che avevano attraversato quel territorio: Sesto San Giovanni. Un nome che aveva terrorizzato tutti i poteri oppressivi e antioperai. Nemmeno il fascismo era riuscito a “normalizzare” Sesto San Giovanni. Walter era nato lì.  Walter aveva respirato dalla nascita gli anni duri della metà del decennio Cinquanta, era cresciuto negli anni della riscossa operaia del decennio Sessanta e Settanta. Aveva giurato a se stesso e a quei volti di proseguire per la strada del comunismo! E questo ha fatto Walter, con coerenza, con determinazione, ma anche con gioia, quella che accompagna sempre, insieme a tante sofferenze, un percorso rivoluzionario.

quella mattina del 15 dicembre 1976…

«… si era trovato davanti quei “marziani”, quei poliziotti bardati con misure protettive, mio padre ha pensato per un attimo che venissero a prendere Walter perché non aveva risposto alla chiamata militare. Invece non c’era nessuna cartolina. Gli avevano chiesto della stanza di Walter e subito dopo aveva sentito sparare. Ha avuto un mancamento, ha cercato di sorreggersi appoggiandosi al tavolo, ma è caduto sulla schiena. Poi ha sentito i  colpi sparati in cortile e ha pensato subito che fossero contro Walter”. È arrivato il nostro medico, l’ha visitato, gli ha chiesto se voleva andare in ospedale , ma lui ha risposto che voleva restare lì, a casa sua, con sua moglie e i suoi figli. In questura gli hanno detto che Walter era un brigatista.”

“…è stata lei a sentire battere alla porta. Si sveglia a ogni minimo rumore e poi è abituata ad alzarsi durante la notte perché fa le punture a domicilio e capita che vengano a chiamarla a tutte le ore. Va a vedere chi è controllando dallo spioncino. Inizialmente pensa a uno scherzo di qualche amico di Walter, poi sente distintamente dire “polizia” e va a chiamare mio padre mentre quelli battono contro la porta col calcio dei fucili ripetendo “polizia, polizia!”. Per la concitazione mio padre non riesce a trovare le chiavi della porta, poi, finalmente, quando apre, anche per lei inizia il finimondo. Viene accompagnata in soggiorno, dove c’è mio padre sul divano, ma lei si alza e corre alla finestra per vedere mio fratello in cortile, poi torna da mio padre: “me l’hanno ammazzato! Me l’hanno ammazzato” urla fuori di sé».

[dalla testimonianza del fratello di Walter Oscar Alasia, da: I sovversivi di Pino Casamassima Ed. Stampa Alternativa, pag 58 e seg]

«…Un mese dopo, un fatto molto importante “scuote” Sesto San Giovanni: mercoledì 15 dicembre 1976, alle 5 di mattina, una casa popolare in via Leopardi viene circondata da un foltissimo schieramento di forze dell’ordine. Ci abita, insieme ai genitori, il ventenne Walter Alasia, militante delle Brigate rosse. Scoppia una violenta sparatoria alla fine della quale si contano tre morti: Alasia e due poliziotti. I genitori di Walter Alasia sono due noti comunisti sestesi, la madre lavorava alla Magneti Marelli. Walter Alasia è stato militante della sede di Lotta continua di Sesto uscendone prima del congresso del 1975. immediatamente il sindacato proclama uno sciopero di due ore per ricordare i due poliziotti e condannare il terrorismo. Il  giorno seguente il Comitato operaio Magneti e il Collettivo Falck diffondono un volantino contrario alla proposta del sindacato, il Coordinamento operai comunisti Breda siderurgica, Fucine, Termomeccanica espone un cartello dal contenuto analogo nei reparti. L’invito di questi operai è di non partecipare allo sciopero sindacale, indicazione che seguono alcuni reparti della Magneti e della Breda.  I “gruppi” Avanguardia operaia e Pdup vanno invece al corteo sindacale, mentre Lotta continua e Lotta comunista scioperano senza partecipare al corteo. Nel volantino dei Comitati comunisti per il potere operaio si invitano gli operai a piangere i propri morti e non quelli degli altri e si indica che il vero terrorismo è «quello economico che fanno i padroni, è quello della stampa, è quello che 50 poliziotti armati di mitra hanno fatto a Sesto nelle vie della Rondinella ieri mattina alle 5 e 30 contro gli operai che andavano a lavorare». [volantino del  16-12-76]

«…venerdì 17, si svolgono i funerali delle vittime, il sindacato partecipa a quello dei due poliziotti, mentre i Comitati operai decidono di andare a quello di Alasia: sono in 300 e portano una corona di fiori con scritto: A Walter gli operai comunisti rivoluzionari di Sesto. «C’è nebbia, il comune rosso, di nascosto, anticipa le esequie di quasi un’ora. Nonostante questo 300 compagni riescono ad essere presenti, 80 sono della Marelli, c’è anche Lotta continua di Sesto». Quando arriva il carro funebre , «i compagni della Magneti, che erano molti e noi della Breda ci siamo disposti su due ali: ognuno aveva il suo garofano rosso, i pugni si sono levati e si è intonato L’internazionale.

[da: Emilio Mentasti, La guardia Rossa racconta – Storia del comitato operaio della Magneti Marelli. Ed. Colibrì]

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