Che “gennaio” quello di cent’anni fa negli Usa!
Proprio cento anni fa, di questi giorni, il 13 gennaio 1914 Joe Hill militante degli IWW e autore di canzoni di lotta, veniva arrestato mentre era di passaggio da Salt Lake City con l’accusa falsa di omicidio. Proveniva dal Canada dove aveva partecipato insieme a tanti altri wobbly alle manifestazioni alle foci del fiume Fraser (Vancouver).
La polizia di Salt Lake City si mise in contatto con il capo della polizia di San Pedro, in California dove Joe Hill precedentemente risiedeva. Era quello che aspettavano da tempo i segugi della California inferociti per l’attività di Joe nell’organizzare i lavoratori portuali negli IWW, i guardioni e i questurini volevano toglierselo di mezzo. E così il capo della polizia rispose: “vedo che avete arrestato un certo Joseph Hillstrom con l’accusa di omicidio. Avete preso l’uomo giusto. È un indesiderabile. È in un certo senso un musicista e scrittore di canzoni per il canzoniere dell’IWW”.
Joe fu assassinato presso la Prigione di Stato dello Utah a Sugar House, il 19 novembre 1915, ma i nemici di classe non riuscirono a spegnere la sua voce! Al suo funerale a Chicago parteciparono decine di migliaia di persone; fu il funerale più grande che avesse avuto luogo da quello dei martiri di Haymarket nel 1887.
(il governo degli Stati Uniti e la classe padronale furono talmente spaventati dall’esperienza degli IWW al punto che nel 1917 vennero sequestrati e distrutti tutti i documenti inerenti quella magnifica esperienza di organizzazione e lotta)
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Sempre a Gennaio, 9 anni prima, erano state fondate le IWW: il 2, 3 e 4 gennaio 1905 a Chicago
dal preambolo allo statuto degli IWW del 1905:
“…Queste tristi condizioni possono essere cambiate, e gli interessi della classe operaia sostenuti, soltanto da una organizzazione formata in modo tale che tutti i suoi membri in un’industria, o in tutte le industrie, se necessario, smettano di lavorare ogni qualvolta sia in corso uno sciopero o una serrata in un qualunque suo reparto, rendendo così l’offesa a uno un’offesa per tutti”.
Sempre nel 1914 si svolse una delle più dure e più significative battaglie della classe operaia.
Nel Colorado, a Ludlow, nelle miniere del miliardario Rockefeller vi lavoravano 11.000 -12.000 operai, molti dei quali immigrati italiani, spagnoli e greci. I minatori e le loro famiglie vivevano in un “camp” di baracche di legno e tende, in una zona dove d’inverno la temperatura scendeva anche di 20 gradi sotto zero; non esistevano edifici in muratura.
I minatori del CF&I (Colorado Fuel and Iron Company) erano pagati 1,68 dollari al giorno e costretti a lavorare in condizioni estremamente dure; i tassi di mortalità erano spesso il doppio della media nazionale americana. I tentativi di sindacalizzazione dei minatori del Colorado risalivano al primo sciopero del 1883 in cui cercarono di unirsi alla Western Federation of Miners e nel 1913 alla United Mine Workers of America (Umwa). Negli ultimi mesi la tensione era salita per l’arroganza dei guardioni. La rabbia esplose quando un sindacalista fu ucciso alla fine del 1913. Lo sciopero era ormai inevitabile.
La compagnia dei Rockefeller chiese l’aiuto della Guardia Nazionale. E questa è la cronaca:
«...una compagnia di uomini armati delle Baldwin Felts Detective Agency, chiamò anche la Guardia Nazionale. Il 20 aprile 1914, sotto gli occhi delle guardie del Colorado e del loro comandante Karl Lindenfelter, i detective dell’agenzia lanciarono bottiglie incendiarie su tende e baracche, poi indiscriminatamente aprirono il fuoco con la mitragliatrice “Death Special”. Decine di feriti, e soprattutto 20 morti, di cui 13 tra donne e bambini. Joe Petrucci, 4 anni e mezzo. Lucy Petrucci, 2 e mezzo. Elvira Valdez, 3 mesi. Gloria Pedregone, 4 anni. Frank Petrucci, 6 mesi…
La Guardia Nazionale assistette al massacro senza intervenire. Nelle altre città minerarie i lavoratori si armarono immediatamente: Denver, Trinidad, Colorado Springs furono occupate da minatori in armi. Il New York Times, ineffabilmente, criticò non l’atrocità del massacro ma gli errori tattici di Rockefeller Jr. che, uscendo dalla chiesa nella quale era solito pronunciare i suoi sermoni, a New York, disse che era colpa dei minatori: i suoi detective avevano sparato per difendersi da una aggressione, e non c’erano morti tra donne e bambini. La commissione d’inchiesta del Congresso Usa neppure rimproverò Rockefeller. Nessuno fu condannato. I minatori si erano massacrati da soli».
Su questa battaglia e sul contesto statunitense c’è un bellissimo romanzo denuncia (documentatissimo) di Upton Sinclair, King Coal – Re Carbone, del 1917, (altri libri-denunce di grande valore sociale e letterario di Upton Sinclair: La giungla (The jungle, 1906) implacabile denuncia delle dure condizioni di vita e di lavoro del proletariato nei macelli di Chicago, Petrolio! (Oil!, 1927), Boston (1928) sul caso di Sacco e Vanzetti).
Sugli IWW vedi il precedente post qui e qui
non sapevo di tutto cio’.grazie per avermelo fatto scoprire,Luca.
Ognuno ricorda i suoi “martiri”, i suoi “eroi”, i suoi “assassini”, i suoi “ladri” ed i suoi “militanti”, ieri come oggi, ma quello che più conta è l’angolatura dalla quale si guardano questi episodi di lotta.
Bravo Salvatore, ci intendiamo all’unisono, soprattutto senza piagnucolamenti, senza retorica, senza vittimismo con chiarezza di intenti da una parte e dall’altra, , perchè anche per Sacco e Vanzetti a me piace ricordarli come compagni anarchici impegnati concretamente nello scontro di classe senza tanti innocentismi. Gianni Landi
in grecia si dice : ‘avanti compagni, dietro ruffiani’.
Vi abbraccio.