QUANTA CONFUSIONE SUL CARCERE!

Le carceri sono indecenti, orrende e sottopongono le detenute e i detenuti a “condizioni inumani e degradanti”. Stavolta a dirlo è la Corte europea dei diritti dell’uomo, non i soliti estremisti-sovversivi. E allora che fare?

Piranesi-1Dunque molti e molte si porranno onestamente il quesito. Vedremo stilare elenchi di richieste e di rivendicazioni le più varie, utili, a detta di ciascun estensore del pacchetto rivendicativo, di alleviare la pena e, udite!, udite!, di renderla perfino gradevole e ovviamente rieducativa e risocializzante.

Noi, che della galera ne abbiamo fatto una scorpacciata ci domandiamo: come fanno menti così perverse a immaginare che sia possibile la permanenza “gradevole” in un luogo che ti toglie quanto di più prezioso ha un essere umano: la libertà?

Ma lasciamo stare! Ciascuno ha sullo stomaco il pelo che si merita.

Il problema non appartiene alla sfera morale (su cui ciascuno può dire la sua) ma a quella prosaica della fattibilità. Ossia che, se si vuole combattere la sofferenza inferta a chi viene sbattuto in galera, bisogna escogitare qualcosa che la sofferenza la diminuisca concretamente, realmente.

Dunque queste carte rivendicative che ciascun “soggetto politico” o “umanitario” stilerà dovranno essere presentate alle autorità competenti (Ministero della giustizia- Dipartimento Amministrazione Penitenziaria- Governo- Parlamento). A questi probabili estensori di pacchetti rivendicativi dovremmo ricordare, enumerandoli, i fattori –connessi alla reclusione- che provocano sofferenza ; stilare un elenco di tutto ciò che produce sofferenza in carcere. Vogliamo provarci? (solo un breve sunto, altrimenti vien fuori un’enciclopedia)

Ciò che provoca sofferenza è, oltre la mancanza di libertà, l’impossibilità di fare piranesi-2operazioni che riguardano il tuo corpo nel tempo che tu vuoi. Questo provoca sofferenza; l’impossibilità di gestire i tuoi ritmi quotidiani veglia/sonno; l’impossibilità di nutrirti nei tempi e nei modi che decidi; l’impossibilità di movimento; l’impossibilità di avere relazioni umane con persone da te scelte; l’impossibilità di fare la doccia quando vuoi, l’impossibilità di avere relazioni affettive; l’impossibilità di avere relazioni sessuali; l’impossibilità di parlare di ciò che si vuole, di fare ciò che si vuole, di leggere ciò che si vuole, di ascoltare ciò che si vuole… insomma l’impossibilità di vivere…che va dalla “Conta” della mattina, quando intorno alle 6 entrano in cella per sbattere le sbarre rumorosamente svegliandoti di soprassalto, fino alla sera quando, intorno alle 23, dopo aver fatto l’ennesima “Conta” spengono le luci ed ti “finiscono” la giornata! Possiamo aggiungerci le “squadrette” con i pestaggi; gli “sballi” ossia i trasferimenti improvvisi alle 5 di mattina ad altre carceri distanti centinaia di chilometri, che distruggono le relazioni che hai costruito e devi ricominciare da capo; e il peggiore di tutti: l’isolamento che uccide!!!

Il sovraffollamento, la mancanza di igiene, l’intonaco che cade …e le altre storture del carcere aumentano la sofferenza ma non è che ne creano di nuove.

È il carcere stesso erogatore di sofferenza…e allora che si può fare?

Il carcere si deve criticare, condannare, biasimare, deplorare… continuamente, ogni momento, ogni giorno. Solo così il carcere diventa un po’ meno “feroce”!

Solo mettendo il carcere sul banco degli accusati, ribaltando quindi il suo operare; mettendo in discussione la sua utilità, se ne attenua la sua ferocia…

Non si ottiene granché cambiando i regolamenti. Da considerare che il Regolamento Penitenziario vigente è del 2000 e prevede tante belle cose che nessuno ha mai visto in galera! E allora? Allora non serve molto rivolgersi alle istituzioni con un elenco di “rivendicazioni”. Il carcere va distrutto, e non nelle mura, prima ancora va distrutto nella testa e nella cultura (sub-cultura) degli uomini e delle donne di questo triste paese.

…Saremo noi che abbiamo nella testa un maledetto muro…

MURO«Il carcere si può definire lo specchio della società che lo contiene e i carcerati la sua immagine.
Il carcere è anche la negazione più assoluta delle esigenze e delle necessità fisiologiche e caratteriali                              dell’individuo che col tempo finiscono anche per comprometterne il suo equilibrio psichico».

[carcere di Volterra, 9 marzo 1971]

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11 risposte a QUANTA CONFUSIONE SUL CARCERE!

  1. sergio falcone ha detto:

    Il carcere va semplicemente abolito. Assieme alle società che lo generano.
    Nel nome del senso d’umanità e della libertà.

  2. vittoria oliva ha detto:

    questo ma meglio per una come me 😉
    eh Sergio quando se farà la rivoluzione si abolirà!
    però se uno non prende atto e poi nega i muri che ci sono in testa….

  3. Pingback: QUANTA CONFUSIONE SUL CARCERE! | controappuntoblog.org

  4. sergio falcone ha detto:

    [15 ottobre 2011] LETTERA DI DAVIDE, IN SCIOPERO DELLA FAME E DELLA SETE CONTRO IL CODICE ROCCO

    *

    Davide Rosci, condannato a 6 anni di reclusione a seguito dei fatti del 15 ottobre 2011, è in sciopero della fame e della sete per l’abolizione del reato di devastazione e saccheggio e la revisione del Codice Rocco.

    *

    A seguire la lettera aperta scritta da Davide l’8 gennaio 2013, all’indomani dell’assurda condanna. Sosteniamo tutti la sua battaglia!

    *

    “Quando sono stato arrestato il 20 aprile scorso, dissi che ero sereno; ciò che mi portava ad esserlo era la fiducia che riponevo nella giustizia, la consapevolezza che gli inquirenti non avessero in mano niente di compromettente e la percezione che, nonostante il grande clamore creato ad hoc dai mass-media, il processo fosse equo ed imparziale, così come previsto dalla legge.
    Mi sbagliavo! Ieri ho visto la vera faccia della giustizia italiana, quella manipolata dai poteri forti dello stato, quella che si potrebbe tranquillamente definire sommaria. Una giustizia che mi condanna a pene pesantissime, leggete bene, solo per esser stato fotografato nei pressi dei luoghi dove avvenivano gli scontri. Avete capito bene, ieri sono stato punito non perché immortalato nel compiere atti di violenza o per aver fatto qualcosa vietato dalla legge, ma per il semplice fatto che io fossi presente vicino al blindato che prende fuoco.
    Non tiro una pietra, non rompo nulla, non mi scaglio contro niente di niente. Mi limito a guardare il mezzo in fiamme in alcune scene, e in un’altre ridere di spalle al suddetto.
    Tali “pericolosi” atteggiamenti, mi hanno dapprima fatto guadagnare gli arresti domiciliari (8 mesi) ed ora anche una condanna (6 anni) che definirla sproporzionata sarebbe un eufemismo.
    Permettetemi allora di dire che la giustizia fa schifo, così come fa schifo questo “sistema” che, a distanza di anni e anni, dopo una lotta di liberazione, concede ancora la possibilità ai giudici di condannare gente utilizzando leggi fasciste. Si, devastazione e saccheggio è una legge di matrice fascista introdotta dal codice Rocco nel 1930, che viene sempre più spesso riesumata per punire dissidenti e oppositori politici solo perché ritenuti scomodi e quindi da annientare.
    Basta! Non chiedetemi di starmi zitto e accettare in silenzio tutto ciò, consentitemi di sfogarmi contro questo sistema marcio, che adotta la mano pesante contro noi poveri cristi e che invece chiude gli occhi dinanzi a fatti ben più gravi come il massacro della Diaz a Genova e i vari omicidi compiuti dalle forze dell’ordine nei confronti di persone inermi come Cucchi, Aldrovandi, Uva e molti altri ancora.
    Non posso accettarlo! Grido con tutta la voce che ho in corpo la mia rabbia a questo nuovo regime fascista che mi condanna ora a Roma per aver osservato un blindato andare in fiamme e che ora mi accusa di associazione a delinquere a Teramo, solo per non aver mai piegato la testa.
    Non mi resta altro che percorrere la via più estrema per far sì che nessun’altro subisca quello che ho dovuto subire io e pertanto così come fece Antonio Gramsci, durante la prigionia fascista, anche io resisterò fino allo stremo per chiedere l’abolizione della legge di devastazione e saccheggio, la revisione del codice Rocco e che questo sistema repressivo venga arginato.
    Comunico pertanto che da oggi intraprenderò lo sciopero della fame e della sete ad oltranza fino a quando non si scorgerà un po’ di luce in fondo a questo tunnel eretto e protetto dai soliti noti.
    Concludo nel ringraziare i mie fratelli Antifascisti, i splendidi ragazzi della Est, i firmatari del Comitato Civile, i tantissimi che mi hanno dimostrato solidarietà in questi mesi e soprattutto quanti appoggeranno questa battaglia.
    Quando l’ingiustizia diventa legge, la resistenza diventa un dovere!”,

    Davide Rosci

    *

  5. sergiofalcone ha detto:

    Reblogged this on sergiofalcone.

  6. Pino ha detto:

    LIBERTA’ VO’ CERCANDO CH’E’ SI’ CARA COME SA CHI PER LEI VITA RIFIUTA.

  7. gianni ha detto:

    Trovo vere in massimo grado le considerazioni espresse sinteticamente da alcuni detenuti del carcere di Volterra il 9 marzo 1971 ed è da queste che vorrei partire per interloquire con Pino , con Alessandro e con Sergio, in questi primi giorni del 2013. Mi sono occupato del carcere come militante anarchico del Collettivo George Jackson di Firenze ed anche prima, come facevano i compagni di Lotta Continua, alcuni dei quali confluirono nei NAP, non tanto per esibire i nostri meriti, quanto per dare dei suggerimenti concreti a giovani compagni che oggi si occupano di questa schifosa istituzione: il CARCERE. Non mi obbiettate che negli anni settanta la realtà militante e la presenza di attivisti era molto capillarizzata e quindi era più facile sensibilizzare l’opinione pubblica con vari strumenti (giornaletti, volantini, comizi volanti ecc.), perchè posso rispondervi che anche il ’68 era stato preceduto da tanti anni soporiferi……qualcuno però non aveva sonno, era stufo della degenerazione dei partiti , dei sindacati di “sinistra” od organismi vetero-anarchici, e cominciò a mettere in discussione tutta una prassi politica opportunista, intellettualoide, oscurantista, fuorviante rispetto ai “bisogni” e gli obbiettivi che ci si doveva porre per arrivare ad una società comunista ( mi si passi la genericità del termine, perché a buon intenditore..poche parole!). Tornando a bomba (!!) ,cosa facemmo riguardo al problema carcere? Organizzammo comizi volanti con megafoni, mostre fotografiche con materiale eloquente circa la condizione carceraria; denunciammo coloro che rifornivano gli alimenti ai carceri e si ingrassavano facendo la “cresta” sulle forniture in danno dei detenuti non malavitosi; facemmo richiesta di intervento all’interno dei carceri per organizzare dibattiti su argomenti quali la droga, l’arte, l’istruzione, la sessualità ecc.; tenemmo contatti con compagni interni al carcere perchè ci mandassero materiali fotografici (eseguiti con polaroid!!) e resoconti di tavole rotonde tenute dentro i carceri; stampammo giornaletti con ciclostile od offset a carattere locale ecc. Oltre a tutto questo, ed altro, qualcuno si occupò, come fecero meritoriamente i compagni dei NAP, di agire con metodi “illegali” nell’aiutare compagni ad evadere, nel punire i responsabili di pestaggi, di uccisioni, di ruberie in danno dei detenuti, di isolare nei manicomi giudiziari le avanguardie detenute, di punire architetti responsabili di aver progettato i nuovi carceri che sono delle vere e proprie bare in cemento armato dalle quali si esce soltanto “a piedi in avanti”. Non vi vengano a raccontare che non li avevamo avvertiti di fare orecchi da mercante e che eravamo degli esaltati, dei pazzi, degli assassini!! NOOOOOOOOOO, eravamo stufi di parlare a vuoto e dovevamo dare delle risposte più incisive, più eclatanti, delle quali si sarebbe dovuta occupare tutta la stampa nazionale ed avrebbe fatto tirare una boccata di sollievo ai detenuti. Salvatore lasciami dire che sei meraviglioso nel tuo equilibrio dopo trenta anni di galera ed ancora una volta ti abbraccio forte insieme alla mia compagna.Gianni Landi.

  8. contromaelstrom ha detto:

    Ciao Gianni, sei puntuale come sempre. Penso che dovresti scrivere la/le storia/e di quel periodo. Tanto ce ne sarebbe bisogno di far conoscere ai giovani le lotte e le conquiste di libertà di quegli anni. Ricambio l’abbraccio a te e Alberta

  9. Pino ha detto:

    Compagno Gianni,
    stavolta mi scuso io per non aver ancora risposto all’ultima tua sul suicidio:
    la conoscenza virtuale è comunque una forma di conoscenza e dal tuo primo commento sul suicidio come scelta, traspariva l’intento di spronare, di rianimare e non di giudicare chi decide di mollare tutto e scomparire.
    Detto questo, ti ringrazio per aver condiviso la tua esperienza PRATICA sul tema CARCERE e farò tesoro dei tuoi suggerimenti.
    Sul sito ABOLIZIONISMO, suggerito da Salvatore in un suo post, ho trovato tanti libri liberamente scaricabili che andrebbero diffusi gratuitamente (una bella pennetta da 8GB al prezzo della pennetta,per esempio, carica di libri, foto, lettere, testimonianze, lotte,link, contatti…), ho intenzione di farmi un giro delle sette chiese (centri sociali…) per chiedere uno spazio che sia permanente sull’argomento.
    Ecco: c’è bisogno di spazi dedicati permanentemente all’argomento carcere e soprattutto ai danni che il carcere provoca, altro che “riabilitazione” … la nostra appartenenza culturale (espiazione, punizione, capro espiatorio….) ci intrappola su un piano (collettivamente ampiamente condiviso) fuorviante e deleterio, ma la cultura siamo noi e focalizzare i nodi gordiani culturali e “picconarli” per un’evoluzione collettiva, è una delle opere umane più faticose.
    D’altra parte le coscienze rivoluzionarie non possono far altro che spendere la loro vita per modificare lo stato mentale e di cose del proprio tempo.
    L’Inquisizione è durata 600 anni: quante generazioni “bruciate” se non fisicamente, moralmente, socialmente, psicologicamente!! In 6 secoli quanti hanno sacrificato la propria vita credendo, sperando, resistendo, opponendosi…..nonostante tutto… Grazie Gianni e Grazie Salvatore!!
    A pugno chiuso compagni!

  10. Carlo ha detto:

    Il carcere è in un certo senso l’inferno sulla terra, il quale avrebbe dovuto risolvere il problema della criminalità, mentre finora ha alimentato solo sofferenza, odio e recidivi.

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