L’autolesionismo in carcere

In carcere gli atti di autolesionismo sono sempre stati un modo per dire NO alla reclusione. Una rabbia individuale, una ribellione disperata, un modo per far sentire la propria voce, quando ogni altra voce ti è stata tolta.  E’ una protesta estrema di fronte a soprusi e maltrattamenti, quando tutte le altre strade si sono chiuse.  E’ un atto di violenza rivolto contro il proprio corpo, quasi a volersene riappropriare, attraverso il dolore, per sentirlo di nuovo proprio grazie a una sofferenza inflitta da sé non dal sistema carcere. A volte si spinge fino al suicidio.

Gli atti di autolesionismo sono diffusissimi quando la lotta collettiva e organizzata è assente: erano numerosi prima della stagione delle rivolte iniziata nel 1969… oggi se ne contano circa 10.000 l’anno.  

Questa testimonianza risale a prima del 1970

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Una risposta a L’autolesionismo in carcere

  1. gianni ha detto:

    Io a Volterra ci sono stato nel lontano 1979, sia all’isolamento che in sezione, ma per fortuna era ancora il periodo che all’esterno era attiva la lotta armata! ad ogni modo le provocazioni, all’isolamento, non mancavano e ne fece anche a me il capo delle guardie, senza avere conseguenze ed il perchè l’ho capito poco tempo fa quando ho conosciuto uno che aveva fatto diversi anni in carcere e che chiamava don mimmo un detenuto che mi salvò dal pestaggio a Volterra in quanto figlio di “sparadritto” grande capo della ‘drangheta calabrese. Avevo conosciuto Mimmo (Domenico) ad Africo Nuovo durante un giro di comizi per Valpreda; a quel tempo lui era diciottenne a faceva parte del circolo Che Guevara!! quando arrivai in sezione a Volterra, fu lui a dirmi che mi aveva riconosciuto e chiedermi se avevo bisogno di qualche cosa…mangiai in cella con lui ed un siciliano per tutto il tempo e nessuno mi faceva provocazioni!Quando mi trasferirono a Firenze, al momento di lasciare il Mastio, il capo delle guardie mi disse: “vedo che lei ha buone amicizie in Calabria..ma non c’è niente di male!!” in quel periodo dormii tra due guanciali senza sperlo: i compagni esterni ed ul figlio di un inportantissimo capo della ‘ndrangheta calabrese….anche i carabinieri e Pier Luigi Vigna pensarono di aver preso “la Primula Rossa” ed in vece..non ero un cazzo!! Bei tempi!Bei ricordi!! Passatemi la logorrea .Gianni

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