NOTA SUL VIETNAM
La lunga Guerra d’Indocina (1945 – 1954) combattuta ostinatamente dalla Francia con un notevole impegno militare e con il crescente supporto logistico e finanziario degli Stati Uniti, con la sconfitta campale di Dien Bien Phu,.La notte del 13 marzo, la notte del 13 marzo 1954.
Con gli accordi di Ginevra del 1954 la penisola indocinese venne, infatti, divisa in quattro Stati indipendenti: Laos, Cambogia, Vietnam del Nord e Vietnam del Sud[12] separati dal 17° parallelo: nel Vietnam del Nord si costituì una repubblica popolare di tipo comunista guidata da Ho Chi Minh e dal movimento Vietminh (con capitale Hanoi), strettamente legata alla Cina e all’Unione Sovietica, mentre nel Vietnam del Sud si instaurò il governo autoritario del presidente cattolico Ngo Dinh Diem (con capitale Saigon), appoggiato economicamente e militarmente dagli Stati Uniti.
Gli accordi di Ginevra specificavano in realtà la provvisorietà di questa soluzione in attesa di elezioni generali volte ad unificare politicamente la nazione, da tenersi nel giugno 1956:
Diem rifiutò di far tenere le elezioni generali previste per il 1956 che avrebbero potuto favorire l’influenza comunista sul governo del Sud.
Di fronte all’ostilità di Diem e all’aggressività delle forze militari sudvietnamite contro i nuclei vietminh ancora presenti a sud, la dirigenza di Hanoi (sotto l’impulso principalmente di Lê Duẩn) decise, all’inizio del 1957, di riprendere la lotta rivoluzionaria a sud contro il governo di Diem, organizzando alcune decine di gruppi armati principalmente nelle aree impenetrabili del delta del Mekong.
Diem, inoltre, accentuò ancor più gli elementi autoritari del suo governo schiacciando le opposizioni e limitando la libertà di stampa e di critica, alienandosi in questo modo una buona parte degli elementi nazionalisti inizialmente a lui favorevoli;
il movimento guerrigliero conobbe una costante crescita numerica e organizzativa. Nel maggio 1959 l’Unità 559 ingrandiva e potenziava la impervia strada bordeggiante il Laos e la Cambogia, il cosiddetto sentiero di Ho Chi Minh.
Gli attacchi e gli attentati guerriglieri si moltiplicarono: i funzionari del regime fantoccio uccisi passarono dai 1.200 del 1958 ai 4.000 del 1960.
Nel 1960 prende corpo nel Vietnam del Sud il Fronte di Liberazione Nazionale, per liberare il paese dai regimi fantoccio degli Usa che lo tiranneggiavano.
La politica del presidente Kennedy, già delineata nella campagna per la presidenza del 1960, riteneva indispensabile, di fronte all’ indebolimento della posizione statunitense a livello mondiale e dopo lo scacco di Cuba, una dimostrazione di potenza politico-militare nel Sud-Est asiatico, ritenuto un banco di prova della determinazione americana a sostenere la lotta contro la sovversione comunista.
Nelle stanze dell’ambasciata Usa a Saigon organizzarono quindi un violento colpo di stato, rovesciando e uccidendo Diệm e il fratello Nhu il 1º novembre 1963. Da allora nel sud fu un susseguirsi di colpi di stato che portarono al potere gruppi inesperti e sempre più corrotti: il generale Duong Van Minh, poi il generale Nguyen Khanh nel 1964 e infine la coppia Nguyen Cao Ky-Nguyen Van Thieu nel 1967.
Con l’assassinio di Kennedy e il vice presidente Johnson alla Casa bianca, questi contrario al golpe anti Diem, e malvisto dalla casta militare Usa, venne costretto a intensificare l’impegno statunitense..il segretario di Stato Dean Rusk, Robert McNamara sottosegretario alla difesa, l’ambasciatore Maxwell Taylor, il generale Westmoreland, e il consigliere Walter Rostow, gli stessi che convinsero Johnsson a predisporre l’ “incidente nel golfo del Tonkino” che costrinse il Senato statunitense approvò quindi la «Risoluzione del Golfo del Tonchino» , il 7 agosto 1964, con la quale conferì pieni poteri al presidente Johnson per aumentare il coinvolgimento statunitense nella guerra, “come il Presidente riterrà opportuno” .
Gli stessi “consiglieri” convinsero Johnson iniziare i bombardamenti aerei sistematici sul Vietnam del Nord; in risposta a questi attacchi il presidente Johnson ordinò quindi l’inizio immediato degli attacchi aerei di rappresaglia (Operazione Flaming Dart) nel febbraio 1965. I bombardamenti sarebbe continuati, sempre più violenti e estesi su nuovi bersagli, quasi ininterrottamente fino alla metà del 1968: fu la campagna di bombardamento aereo più pesante dai tempi della seconda guerra mondiale (300.000 missioni aeree), vennero sganciate più bombe sul Vietnam del Nord che sulla Germania (860.000 tonnellate).
I muri delle città europee si riempirono di scritte “Johnson Boia!” con tutte le varianti e le aggiunte.
Il responsabile del Military Assistance Command, Vietnam (MACV, Comando Assistenza Militare, Vietnam), generale William Westmoreland, che prevedeva un impegno quasi illimitato delle truppe da combattimento americane direttamente nella guerra, e diede annuncio pubblicamente delle sue decisioni. Iniziava l’ESCALATION: alla fine del ’65 erano presenti sul territorio vietnamita 184.000 soldati, cresciuti nel ’66 a 385.000 e nel ’67 raggiunsero 472.000 uomini.
L’impegno statunitense giunse nei primi del ’69 ad avere in territorio vietnamita fino a 550.000 soldati, tra forze terrestri, marina e aviazione. Dal 1964 l’aviazione statunitense iniziò a bombardare il territorio del Vietnam del Nord, le sue basi navali e perfino le città.
Il conflitto si estese ai due paesi confinanti, Laos e Cambogia, soggette ad invasioni e bombardamenti Usa.
La fede dell’opinione pubblica nella “luce alla fine del tunnel”[117], ripetutamente sostenuta dai roboanti proclami dei comandi e delle autorità americane, venne frantumata, il 30 gennaio 1968, dalla inaspettata offensiva generale sferrata dal nemico, dipinto come prossimo al collasso.
L’offensiva del Tet
Il 1968 viene eletto ala Casa Bianca Richard Nixon che inizia la sua strategia della “guerra segreta” fatta di bombardamenti al nord e al sud non fatti conoscere all’opinione pubblica per evitare proteste che dilagavano negli Usa.
Ma le proteste si intensificavano, la comunicazione per un breve periodo non fu in mano ai media, uccidendo quattro studenti e ferendone nove alla Kent State University, Ohio, dove la Guardia Nazionale degli Stati Uniti aprì il fuoco sugli studenti, il 4 maggio 1970. Nel corso di quattro giorni, gli studenti della Kent State protestarono contro l’invasione statunitense della Cambogia, che il Presidente Richard Nixon lanciò il 1º maggio.
Il 14 maggio dello stesso anno, due studenti della “storicamente nera” Jackson State University vennero uccisi, e molti altri feriti.
Gli accordi di pace di Parigi vennero infine firmati il 27 gennaio 1973, ponendo quindi ufficialmente termine all’intervento statunitense nel conflitto del Vietnam
entrò a Saigon il 30 aprile 1975. Il personale americano ancora presente nella capitale venne evacuato con una disperata operazione di salvataggio con elicotteri[210]; in precedenza il nuovo presidente Gerald Ford aveva pubblicamente dichiarato il disinteresse americano per le nuove e drammatiche vicende belliche.
La guerra del Vietnam si concluse quindi con la vittoria totale delle forze comuniste in tutta la regione indocinese e con il completo fallimento politico e militare americano.
Il Vietnam del Sud fu annesso al Vietnam del Nord il 2 luglio 1976.
« Ho chiesto al generale Westmoreland che cosa gli servisse per far fronte a questa crescente aggressione. Me lo ha detto. E noi soddisfarremo le sue richieste. Non possiamo essere sconfitti con la forza delle armi. Rimarremo in Vietnam. »
(Lyndon Johnson in un discorso televisivo alla Nazione il 28 luglio 1965)
Il 15 ottobre 1965, l’organizzazione studentesca “Comitato di coordinamento nazionale per la fine della guerra in Vietnam”, inscenò la prima manifestazione pubblica negli Stati Uniti, in cui vennero bruciate le cartoline di leva.
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