Il 17 febbraio del 1977 era Giovedì. All’università di Roma Luciano Lama per ristabilire l’ordine …
Il 16 febbraio ’77, mercoledì, assemblea numerosissima del movimento all’università di Roma, si discusse come accogliere Lama: farlo parlare? Fischiarlo? Cacciarlo? L’assemblea alla fine decise di presenziare al comizio, subissarlo di fischi ma evitare lo scontro fisico. Una soluzione che andava bene a tutti e non creava problemi al movimento in una fase di crescita.
Gli «indiani metropolitani» prepararono un pupazzone di cartapesta molto alto pieno di tanti slogan ironici: «Più lavoro meno salario»; «Lama è mio e lo gestisco io»; «Vogliamo un affitto proletario il 100% del salario» (ironia superata dalla realtà)».
Il camion del comizio sindacale viene circondato da un servizio d’ordine di un centinaio di persone del pci. A qualche metro di distanza tutti gli altri: studenti, lavoratori, tra i due schieramenti una «terra di nessuno» tenuta sgombra grazie a una fila di servizio d’ordine del movimento che cercava di evitare il contatto col servizio d’ordine di Lama, cinque-sei metri indietro c’era il pupazzone con intorno gli indiani metropolitani la cui consistenza numerica andava man mano aumentando.
«È ora, è ora: miseria a chi lavora»; «Potere padronale»; «Andreotti è rosso Fanfani lo sarà»; «Più baracche meno case». Poi arrivò il lancio di palloncini ripieni di colore verso il camion.
I militanti del servizio d’ordine di Lama impugnarono gli estintori e si lanciarono contro le prime fila del servizio d’ordine del movimento che a stento riuscivano a trattenere quanti premevano indignati. Il cordone del movimento cedette consentendo agli «indiani» di partire alla controffensiva e arrivare a contatto con gli aggressori. Dietro c’erano tutti gli altri. A quel punto il parapiglia fu inevitabile. Il movimento incalzò il servizio d’ordine sindacale che arretrò fino a uscire dall’università.
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