Il grande imbroglio della proprietà della casa

Se ne sono accorti anche loro!

“Loro” sono i capitalisti, lo spiega bene The Economist quando ci racconta di un “danno collaterale” notevole che ha accompagnato quel grosso imbroglio che ha addomesticato ampi settori della classe lavoratrice in Europa occidentale e Stati Uniti. Il grosso imbroglio è stato il mito della proprietà della casa con cui sono state indottrinate le classi lavoratrici, conquistandole a tal punto che, governi e banchieri, insieme a palazzinari e con la connivenza di sindacati e partiti di sinistra, hanno potuto osservare, soddisfatti, milioni e milioni di lavoratori e lavoratrici passare un’intera vita sotto la mannaia del pagamento del mutuo. Donne e uomini assillati dal terrore di non riuscire a pagare il debito, quella sorta di pedaggio per entrare nella combriccola dei proprietari, ma dalla porta di servizio, e vedersi portar via la casa, come poi è avvenuto nella crisi dei subprime del 2007 e negli anni successivi. Una vita regalata ai padroni e consociati, che ha narcotizzato la volontà di lotta e il desiderio di cambiamento di lavoratrici e lavoratori. Possiamo con tristezza riallacciarsi alle affermazioni di Engels quando accusò la classe operaia inglese di “essersi venduta per un piatto di lenticchie”, e completare la frase, stavolta rivolgendoci alla classe operaia occidentale, tra cui ci siamo noi stessi, che si è venduta per qualche mattone e un po’ di cemento. Una proprietà irrisoria, però sufficiente a farci assimilare tutte le grullerie dei proprietari, come il razzismo, la sottocultura forcaiola, la richiesta di guardie nei quartieri per tutelare la “proprietà”, l’appoggio a politici squallidi di destra, come vediamo da tempo.

L’imbroglio è riuscito, ma ha avuto degli “effetti collaterali”, come quelli che racconta The Economist.

Non crediate però che la battaglia contro la squallida fandonia della corsa alla proprietà della casa non ci sia stata. La battaglia è stata combattuta prevalentemente nel sindacato che spingeva per l’adesione nei luoghi di lavoro, la sinistra sindacale (in cui militavo) proponeva la richiesta di edilizia popolare inserita in piani urbanisti per una città vivibile, con affitti al 10% del salario e case per i senza reddito. Battaglia dura, che abbiamo perso, che però è stato uno dei motivi che ha causato la rottura con la dirigenza Cgil in ferrovia e in altri settori e la nascita dei Cub e degli altri organismi autogestiti.

Di questa battaglia, anche se perduta, possiamo andare fieri, alcuni elementi di fondo sono stati ripresi dai movimenti di lotta per la casa. Si tratta di ampliarli e rilanciarli a tutto campo: la lotta non è finita!!!

The Economist  jan 16th 2020

La proprietà della casa 
è il più grande errore di 
politica economica dell'Occidente
È un'ossessione che mina la crescita, l'equità e la fiducia pubblica nel capitalismo
LE ECONOMIE POSSONO subire sia incidenti improvvisi che malattie croniche. I mercati immobiliari nel mondo ricco hanno causato entrambi i tipi di problemi. Un trilione di dollari di mutui in rovina hanno fatto saltare in aria il sistema finanziario nel 2007-08. Ma altrettanto perniciosa è la disfunzione strisciante che l’edilizia abitativa ha creato nel corso di decenni: città vibranti senza spazio per crescere; proprietari di case anziani che siedono in case semivuote che desiderano proteggere la propria vista; e una generazione di giovani che non possono permettersi facilmente di affittare o comprare e pensano che il capitalismo li abbia delusi. Come spiega il nostro rapporto speciale di questa settimana, gran parte della colpa risiede nelle politiche abitative deformate che risalgono alla seconda guerra mondiale e che si intrecciano con un’infatuazione della proprietà domestica. Hanno causato uno dei fallimenti economici più gravi e duraturi del mondo ricco. È urgentemente necessaria una nuova architettura.
Alla base di questo fallimento c’è la mancanza di costruzione, specialmente vicino alle città fiorenti in cui i lavori sono abbondanti. Da Sydney a Sydenham, le normative complicate proteggono un’élite di proprietari di case esistenti e impediscono agli sviluppatori di costruire i grattacieli e gli appartamenti richiesti dall’economia moderna. Gli affitti elevati risultanti e i prezzi delle case rendono difficile per i lavoratori trasferirsi dove si trovano i lavori più produttivi e hanno rallentato la crescita. I costi complessivi delle abitazioni in America assorbono l’11% del PIL, in aumento dall’8% negli anni ’70. Se solo tre grandi città – New York, San Francisco e San Jose – allentassero le regole di pianificazione, il PIL americano potrebbe essere superiore del 4%. Questo è un premio enorme.
( qui c’è il testo originale, scusate la mia traduzione approssimata, ma il concetto è chiaro, molto chiaro, tanto chiaro da non metterlo via con leggerezza)
The horrible housing blunder
Home ownership is the West’s biggest economic-policy mistake
It is an obsession that undermines growth, fairness and public faith in capitalism
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