“L’autunno caldo” inizia alla Fiat a maggio.
La ripresa di mobilitazioni operaie sul finire degli anni 60 ha riguardato gran parte dell’Europa e del Nord America. Lo sviluppo industriale accelerato degli ultimi 20 anni aveva creato nuovi rapporti di forza che i vari movimenti operai stentarono a far valere nei confronti del padronato e della politica. Fu inevitabile che in molte situazioni questa consapevolezza fu attivata dalla classe operaia.
In Italia il ‘68
Fiat maggio 1969 (dal 1965 al 1968 la produzione di autovetture della Fiat aumentò di oltre il 70% da 994.000 a 1.750.000)
Officine Ausiliarie di Mirafiori – il punto sono i “Passaggi di categoria”. Questi reparti avevano subito una pesante riorganizzazione produttiva dell’azienda tesa a liquidare il vecchio nucleo degli operai di mestiere. Si trattava di lavoratori qualificati, che negli anni ‘50 erano stati trasferiti all’esterno della fabbrica producendo una moltiplicazione di piccole e medie imprese satelliti. Negli anni ‘60 in alcune lavorazioni gli operai vennero sostituiti dalla macchine, in altre aumentò la specializzazione di singole lavorazioni producendo un mutamento della composizione interna. Dopo questo processo quelli delle Ausiliarie non erano più l’aristocrazia operaia, ma venivano trattati come gli altri e anche peggio, ad esempio non avevano il premio di produzione.
L’11 aprile si era svolto lo sciopero per i fatti di Battipaglia, dove la polizia aveva sparato su lavoratori in sciopero contro la chiusura della manifattura tabacchi, uccidendone due e ferendone 200. Fu l’occasione per riunirsi e discutere su come organizzarsi per la richiesta del passaggio in massa di categoria, dalla terza alla seconda.
Officina 27 (sala prova motori della Meccanica) entrava in agitazione con brevi fermate interne e otteneva la seconda categoria per tutti.
La Commissione interna i primi di maggio apre la vertenza per le Ausiliare: abolizione terza categoria e passaggio di categoria automatico; regolamentazione dei superminimi e aumento inversamente proporzionale alle attuali paghe di fatto; elezione del delegato di reparto. Quest’ultimo obiettivo circolava anche in altre fabbriche torinesi (Castor, Singer).
Il 13 maggio i sindacati proclamarono il primo sciopero di un’ora interno alle Ausiliarie, ma gli operai lo prolungano di un’altra ora con assemblee partecipate, nelle quali molti si esprimono per un’intensificazione della lotta.
Fiat 69 Si aprono vertenze analoghe alle Grandi Presse (Officina 5) e per i carrellisti.
A partire dal 18, 19 maggio l’andamento degli scioperi fu tutto in crescendo, arrivando in pochi giorni a creare le prime serie difficoltà all’organizzazione della produzione.
Spesso gli scioperi venivano prolungati oltre i tempi stabiliti; altre volte operai di altri reparti si univano alle lotte di quelli in lotta prima ancora che il sindacato proclamasse lo sciopero. Spesso si formavano cortei interni per bloccare tutto. Comparvero cartelli con su scritto: “vogliamo lavorare di meno e guadagnare di più” e slogan come “potere operaio”.
Il dibattito partecipato e permanente fece emergere l’obiettivo di 50 lire l’ora di aumento e 80 lire per chi faceva il turno di notte.
Gli scioperi si estesero coinvolgendo anche le officine di Carrozzeria e di montaggio. Una mobilitazione in espansione e incontrollabile dal sindacato.
Erano in prevalenza operai assunti da poco, molto giovani e prevalentemente immigrati meridionali, impiegati in lavorazioni generiche, chiamati con disprezzo “avvitabulloni”.
Alle linee di montaggio (fase finale della produzione) iniziarono già dal 27 maggio, mentre era in corso il caos degli scioperi delle Presse, delle Ausiliarie e dei carrellisti, che alle Carrozzerie e al montaggio si avvertiva per la mancanza di materiale lavorato a “monte”.
Così mentre il 28 e 29 maggio il sindacato otteneva i primi risultati per le Ausiliarie, Presse e carrellisti che sospendevano gli scioperi, la mobilitazione si allargava a “valle”.
Il 28 e 29 maggio entrarono in sciopero operai delle linee di Carrozzerie e di montaggio. Il 30 l’intera produzione era bloccata, comprese le Fonderie (Officina 2) che chiedevano un aumento di 200 lire l’ora per equiparare le loro paghe a quelle del settore Siderurgico. Gli obiettivi si accavallavano, ogni settore ne richiedeva di nuovi. Se si fermava un settore, si fermavano anche gli altri, con forme di lotta innovative, anche se non avevano una rivendicazione specifica.
Più che vertenze rivendicative esprimevano una carica di ribellione impensabile solo alcuni mesi prima.
Fu un caos produttivo, ogni fermata ne spronava altre e man mano anche gli obiettivi cominciarono a uniformarsi intorno ai nodi nevralgici: la categoria; il sabato festivo; le ferie.
Era iniziato l’“Autunno caldo” …. continua nei prossimi post