Ecco un’altra infamia!
Il 4 marzo è stato depositato al senato il Disegno di Legge dal titolo: “Modifiche al codice di procedura penale e al testo unico delle leggi in materia di stupefacenti relativamente alla produzione, al traffico o alla detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope di lieve entità“.
È stato annunciato dal Ministro degli Interni Matteo Salvini e riguarda l’aumento delle pene per i fatti di lieve entità riguardo le droghe.
Tra i firmatari c’è il famigerato senatore Pillon, quello che ha presentato un Disegno di legge dal titolo: “norme in materia di affido condiviso, mantenimento diretto e garanzia di bigenitorialità” che ha fatto gridare al ritorno indietro di centinaia d’anni, “una proposta intrisa di violenza contro le donne che non si può emendare o correggere ma viene respinta senza condizioni da tutte le donne attive, coscienti e autodeterminate” così definiscono le compagne femministe di “non una di meno”.
L’obiettivo del DDL proposto dalla Lega sulle droghe è di aumentare le pene per le piccole quantità di sostanza, quindi prende di mira prevalentemente i consumatori. Il disegno di legge mira a produrre un maggior impegno della forza pubblica nella “caccia” ai consumatori e piccoli spacciatori, per far diminuire la forza pubblica al contrasto del grande traffico che, a sua volta, è utile a far crescer il PIL.
Ha detto Salvini in una intervista: «entra nel merito della lieve entità. Non esiste la modica quantità, ti becco a spacciare e vai in carcere con le misure cautelari. I venditori di morte li voglio vedere scomparire dalla faccia della terra».
Questo disegno di legge criminalizza un comportamento al posto di combattere le sue cause. Commenta il Forum droghe, «La logica della proposta di legge di Salvini è equiparare spaccio e consumo». D’altronde la modica quantità non esiste più dal 1990. Il ministro parlando di “abolizione della modica quantità” intende in realtà colpire anche il semplice consumo di stupefacenti e dunque l’‘uso personale”.
Nella proposta della Lega le sanzioni “Passano da un minimo di tre a un massimo di sei anni (attualmente da sei mesi e i quattro anni) e multe da un minimo di 5.000 a un massimo di 30.000 euro (attualmente da mille a 15mila euro), oltre a prevedere il sequestro del veicolo.
Questa proposta ricorda lo scriteriato decreto Fini-Giovanardi del 2006, che aveva addirittura abolito la differenza tra droghe leggere e pesanti, prima di essere cancellato dalla Corte costituzionale. Nel 2009 il decreto Fini-Giovanardi è stato tra le cause del sovraffollamento delle carceri, difatti il 41% dei detenuti era recluso per violazione delle leggi sugli stupefacenti. Nel 2014, con l’incostituzionalità del decreto, la percentuale è subito scesa di alcuni punti.
Nel 2018 le presenze in carcere per violazione delle leggi sugli stupefacenti sono state un terzo della popolazione carceraria (il 32,7%). La repressione ha colpito per quasi l’80% i consumatori di cannabinoidi (78,69%), molto di meno di cocaina (14,39%) e di eroina (4,86%) e, in maniera irrilevante, le altre sostanze.
Nel dettaglio dell’articolato, l’articolo 1 interviene sull’articolo 380 del codice di procedura penale, prevedendo che l’arresto obbligatorio in flagranza avvenga per i delitti concernenti sostanze stupefacenti o psicotrope puniti a norma dell’articolo 73 del Testo unico di cui al d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, cancellando la clausola di salvezza per i delitti di cui al comma 5 del medesimo articolo (ovvero per le fattispecie di lieve entità).
La situazione di persone detenute per problemi di stupefacenti: quasi il 30% dei detenuti entra in carcere per la legge sulle droghe mentre crescono in modo esponenziale le persone segnalate per consumo di sostanze psicotrope, soprattutto tra i minorenni, che quadruplicano rispetto al 2015. Più esattamente 14.139 dei 48.144 ingressi in carcere nel 2017 sono avvenuti per imputazioni di detenzione a fini di spaccio (art.73 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti Jervolino-Vassalli approvato 28 anni fa).
Il 34,5% delle persone detenute lo è per la legge sulle droghe: 13.836 presenti in carcere al 31 dicembre 2017 lo erano a causa del solo art. 73 del Testo unico (detenzione a fini di spaccio). Altri 4.981 in associazione con l’art.74 (associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope), solo 976 esclusivamente per l’art. 74. Mentre questi ultimi rimangono sostanzialmente stabili aumentano dell’8,5% i detenuti per solo art. 73.
Un quarto della popolazione detenuta è tossicodipendente. Preoccupa inoltre l’impennata degli ingressi in carcere, che toccano un nuovo record: il 34,05% dei soggetti entrati in carcere nel corso del 2017 era tossicodipendente.
Inoltre l’articolo 4 introduce la revoca definitiva della patente in relazione ai gravi fatti di cui all’articolo 73 del testo unico degli stupefacenti; sospensione in via cautelare della patente già dopo la sentenza di condanna in primo grado”. in modo di alleggerire la pressione sul grande traffico e sulle mafie.
Questa iniziativa del governo, se verrà approvata, produrrà un ulteriore sovraffollamento delle carceri attualmente con una capienza superiore alle 60mila unità a fronte di una capienza intorno ai 50mila posti, quindi con un sovraffollamento che supera le 10.000 unità.
Invece di metter mano alla diminuzione della popolazione detenuta, che ti fa il governo?
Udite… udite:
Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede e quello delle Infrastrutture e dei Trasporti Danilo Toninelli hanno firmato il decreto convertito in legge con cui viene approvato il Piano di edilizia penitenziaria 2019. Voci maligne asseriscono che poche settimane fa a Palazzo Chigi il governo ha incontrato l’Associazione nazionale dei costruttori edili. I tempi sono: due anni per la realizzazione di nuove carceri riconvertendo in parte caserme dismesse e immobili di proprietà dello Stato e realizzando due nuovi istituti a Forlì e Nola, per una capacità complessiva di circa 6500 posti detentivi. E i soldi? Il decreto afferma che le risorse non utilizzate per la riforma dell’ordinamento penitenziario, potranno destinarsi a interventi urgenti di edilizia penitenziaria. Bravi!, gli stanziamenti che avrebbero potuto migliorare le carenze igieniche e strutturali delle sezioni carcerarie degradate, dei passeggi insufficienti, delle sale colloqui inadeguate, delle celle ammuffite con bagni a vista, delle infiltrazioni di acqua piovana, tutto quello che offende la dignità di chi viene gettato in quei tuguri; stanziamenti che avrebbero potuto far aumentare il personale civile (educatori, assistenti sociali, ecc.) per permettere alle oltre oltre 20.000 persone detenute con un residuo pena inferiore a 4 anni, di avviarsi alle misure alternative (se si applicasse la legge 21.02.2014, n. 10), invece verranno utilizzate per costruire nuove carceri di pessima qualità, fatte rabberciando un patrimonio edilizio malandato. Ma forse farà crescere il PIL e tutti lor signori saranno contenti.
Ma poi perché lamentarci!!!! La colpa è nostra! Mica ci muoviamo, mica riempiamo le strade per dire: levatevi di mezzo voi e i vostri strumenti di tortura come il carcere.
ABOLIAMO IL CARCERE!
A corredo del post di ieri ecco come la realtà si incarica, con tragedie, a smantellare le idiozie criminali dei governanti: Ragusa: tossicodipendente 36enne muore in carcere, aperta un’inchiesta -La Sicilia, 25.03.2019
I genitori dell’uomo hanno presentato denuncia contro ignoti per fare chiarezza sul caso. La Procura di Ragusa ha aperto un’inchiesta sulla morte di Cesare Rugnetta, 36 anni, celibe e senza figli, avvenuta il 20 marzo scorso nel carcere di Ragusa.
L’uomo stava scontando un residuo di pena e in quanto tossicodipendente era stato preso in cura dal Sert e assumeva dosi di metadone per la disintossicazione.