A tutte e tutti coloro che si indignano, oggi, per le crudeltà delle milizie dell’ISIS o ISIL o IS (Stato Islamico dell’Iraq e del Levante o della Grande Siria).
Questa banda di spregevoli mercenari, ben armati da potenti, seminano morte, devastazioni, eccidi e distruzione nell’Iraq destabilizzata, frantumata e massacrata dagli Stati Uniti di Bush, e nella Siria. Le loro azioni, gli eccidi e gli sgozzamenti sconvolgono i giovani occhi che le guardano. E’ comprensibile! Meno comprensibile è la presunta indignazione di politici, dotti professori e giornalisti, poiché dovrebbero sapere che nell’organizzare e armare bande di mercenari e permettere loro di compiere le più efferate violenze, le nazioni europee sono state maestre. L’obiettivo era sempre quello: grandezza, dominio e potere!
Possibile che nessuno si ricordi, tra le tantissime bande, che so, la “Legione straniera” (fondata dal re Luigi Filippo il 9 marzo 1831) per imporre col fuoco gli interessi di Parigi in ogni terra; oppure la “lettera di corsa“, un’autorizzazione a sgozzare e trucidare, ma anche rapinare, massacrare e impalare equipaggi di navi commerciali. Autorizzazione e anche appoggio militare che gli stati in ascesa nel 1600 e 1700 (Inghilterra e Francia) fornivano ai peggiori tagliagole che solcavano i mari. In questo caso l’obiettivo di queste bande di mercenari era di assaltare vascelli mercantili di potenze avversarie, uccidere l’equipaggio e rubare i beni. I proventi del furto venivano stimati da una autorità statale inglese, l’Admiralty Court e ripartite tra il sovrano inglese, l’armatore della nave, il capitano e l’equipaggio. Sia la Legione che i Corsari quanto a esecuzioni facevano impallidire gli attuali squallidi mercenari dell’ISIL. I corsari, al servizio dei regnanti illuminati d’Inghilterra, erano avvezzi al taglio della gola e questa morte, non proprio simpatica, tuttavia veniva auspicata dall’equipaggio catturato. Difatti numerose testimonianze dei rari sopravvissuti dei galeoni spagnoli raccontano di esecuzioni in cui il comandante del vascello catturato e gli ufficiali venivano “impalati”. Non vuol dire “legati a un palo”, impalare è quell’attività, molto in voga nell’ambiente cattolico al tempo dell’Inquisizione, che conosciamo per le molte immagini trasmesse e diffuse.
La storia del famoso: Henry Morgan, uno dei più feroci corsari e bucanieri al servizio dell’Inghilterra è indicativa. Nacque nel 1635 in Galles, nel 1659 divenne bucaniere e nel 1964 gli venne affidata dal re d’Inghilterra la “lettera di corsa”: poteva uccidere, sterminare, torturare tutelato dalla potenza in ascesa del Regno Unito.
Morì il 25 agosto 1688 di cirrosi epatica (beveva moltissimo), gli furono riservati funerali di stato, nonostante avesse saccheggiato Panama e il porto di Portobello, ma anche Santo Domingo, Maracaibo e Cuba; aveva effettuato scorrerie accompagnate da massacri enormi e feroci. Grazie a queste “nobili” imprese ottenne il titolo di “sir” e fu nominato “ammiraglio”, successivamente fu nominato anche governatore della Giamaica. Molto amato nei salotti inglesi, quando la corona glielo chiese si rivoltò contro i “suoi” corsari uccidendoli e facendoli arrestare. Si può dire che questo “eroe” inglese e suoi simili con tali imprese abbiano dato una mano al ruolo civilizzatrice mondiale delle armate inglesi.
Questo esempio di “eroe” dell’Inghilterra, “faro di civiltà”, quanto a massacri e eccidi ha molto da insegnare ad Abu Bakr Al-Baghdadi, capo del neo-inventato califfato di Iraq e Siria.


(guardate come sono simili gli stemmi di queste due bande -corsari e legione- di mercenari squartatori!)
I mercenari che partecipavano a queste “imprese” da una parte e dall’altra non avevano letto le ardenti parole della costituzione francese o inglese, anche perché la gran parte erano analfabeti, come penso che i mercenari dell’ISIL non abbiano nemmeno sfogliato il Corano, né testi musulmani. I mercenari che uccidono sotto qualunque bandiera vengono pagati per ammazzare e ammazzano. Non facciamo i “finti-tonti”!
Per la “legione straniera” lasciamo la parola a uno che c’è stato e poi ne è fuggito e che, da un carcere italiano, scrive a un suo ex-collega chiarendogli il ruolo di merda del mercenario.
[per la storia va ricordato che l’emissione della “lettera di corsa” fu vietata con la “dichiarazione di Parigi” del 1856, firmata dai paesi europei, ma NON dagli Stati Uniti, che difatti continuano a far uso di bande di mercenari al loro servizio. Ma anche gli altri stati, anche se hanno firmato!]
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Alessandria, 6 giugno 1967
Lettera aperta al caporal chef François Dever già compagno d’armi nel Secondo B.N.P. – Algeri.
François, io credo di sapere dove ti trovi in questo momento. Forse non con precisione assoluta, ma con una ragionevole approssimazione. A Israele o nel Vietnam o nel Laos. Più o meno questi devono essere i vertici del tuo triangolo, perdonami, di imbecillità. In qualcuno di questi posti ti hanno spedito, dopo averti regolarmente acquistato come già fu quando ci incontrammo in Algeria. Suppongo che oltre ad una ragionevole somma di denaro, ti abbiano anche ammannito una sostanziosa dose di belle parole. “Battersi sotto una bandiera che non sia la propria, se lo si fa per la libertà di un popolo è come battersi per la propria libertà”. Lo diceva il generale Salan, e certamente qualcun altro lo ha ripetuto a te. E troveranno sempre degli imbecilli come te e come me che ci credono. Perché questa è la verità: ci lasciamo convincere: siamo fregati dal fascino delle parole, dei facili entusiasmi, dalla nostra cocciuta convinzione che il coraggio possa essere espresso soltanto in un campo di battaglia. E ora sei certamente nella merda fino al collo. L’altro giorno leggevo una lettera di alcuni ragazzi che frequentano una strana scuola, una scuola nella quale sarebbe stato bello andare, ai nostri tempi, perché ci avrebbe, forse, costruiti diversamente. Quei ragazzi parlavano di scuole, di società, di partiti, di libertà e anche di guerra. E parlavano anche di merda. Una merda diversa dalla tua e dalla mia: una di quelle che puzzano perché hanno l’odore della terra, e di un coraggio diverso dal nostro. Il nostro puzza, François. Il semplice fatto che ci pagassero per fare la guerra avrebbe dovuto farci riflettere, renderci più attenti. Farci capire che non si paga un uomo perché conquisti la propria libertà. Lo si paga perché non si accorga di battersi per tutto meno che per la libertà, propria ed altrui. Lo si paga per farlo tacere. Poi per renderlo cieco e sordo. Lo si paga quando si vuole tamponare qua e là le incrinature vistose dei falsi ideali.
François, noi siamo andati per il mondo a fare le guerre coi fucili. Tu dici che è sempre stato onorevole, che si è trattato di combattimento leale, che potevano ucciderci. François, un uomo non si salva affidandosi alla “possibilità” di venire ucciso: un uomo sceglie di essere ucciso e lo fa quando il bene per cui si batte è superiore al valore della propria vita.
Per la libertà di chi ti batti adesso? Di Israele? E non ti sembra dannatamente complicata questa faccenda, tanto complicata da invitarti a farci un pensierino sopra?
Quei ragazzi di cui ti parlavo prima hanno cominciato presto a parlare, a parlarsi.
Noi non lo abbiamo mai fatto, sino ad ora, perché non avevamo nulla da dire di cui fossimo veramente convinti.
Che tu ti batta per Israele o per l’Egitto, non importa, ma dimmi: chi ti ha chiesto di farlo? gli israeliti e gli egiziani, oppure i loro capi o chi sta dietro i loro capi? Brutta faccenda François. Ti stanno fregando un’altra volta. Da qualsiasi parte tu sia, ti stai rendendo complice di qualcosa che puzza. Torna in Francia François. Vai a fare la guerra nelle officine, nelle miniere, nei quartieri bassi, nelle strade, perché è lì che si difende la libertà e ci si batte per quella bandiera dai moltissimi colori che deve sventolare per l’umanità.
Allora le guerre con i fucili, tra paese e paese, non saranno più necessarie.
Torna in Francia, François. Vai ad una scuola simile a quella dei ragazzi della lettera: se non c’è costruiscila tu. Vai nei dormitori pubblici, negli ospedali, nei manicomi, nelle carceri: vai lì a fare la guerra e falla pure con le armi se è necessario. Se devi morire scegli di morire per questo.
Non pensare che io abbia cambiato idea. L’ho semplicemente trovata; ti sembrerà strano ma non sono diventato vecchio: sono tornato giovane.
Torna in Francia.
Scegli questo e sarai, forse, un morto che fa paura e non un morto che puzza.
[dalla raccolta di lettere di detenuti in: Irene Invernizzi, Il carcere come scuola di rivoluzione, Einaudi 1973, pag.227]
E’ questa l’esortazione che ci sentiamo di indirizzare anche ai mercenari dell’ISIS.
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E’ giudto parlare di corsari, ricordando che questi tagliagole sono foraggiati dalle petromonarchie del golfo , con il tacito consenso di Usa e Israele. Importante per loro è seminare il caos e frantumare popoli e stati che si oppongono. In Siria però le cose non sono andate come previsto dagli anglosionisti…
Ho condiviso su Twitter questo blog di Salvatore e condivido ciò che sottolinea Moretti. Aggiungo che i militari italiani, a differenza di quelli dei “proletari in divisa” di quando ho fatto io il militare, sono ben pagati e non si comportano certamente con “eleganza” (stupri, violenza fisica, umiliazioni ecc.). Direi anche che ci stupiamo per gli sgozzamenti, ma non abbiamo fatto altrettanto quando gli americani, in Vietnam, lanciavano caramelle o farfalle esplosive per uccidere bambini/e vietnamiti ; non ci stupiamo quando vengono massacrate le popolazioni palestinesi, rifugiate in scuole ed ospedali, mediante aeroplani senza pilota (Droni) facendola apparire come una operazione chirurgica, asettica! Mi tornano a mente i metodi di tortura medievali passati e recenti, italiani o cileni, e quelli odierni mediante privazione sensoriale o per simulato annegamento, la garota spagnola del passato e l’iniezione letale (talora occorrono anche 20-30 minuti prima del decesso !) praticata negli USA. Riflettiamo ed approfondiamo su quanto ho sopra esposto e contestualizziamo senza fermarsi ad una risposta epidermica ed acefala.