Il 25 aprile scorso abbiamo ricordato i 40 anni dal “grande sogno”: la rivoluzione che prendeva corpo nel cuore dell’Europa, in Portogallo; la Revolução dos Cravos, la rivoluzione dei garofani. Quel tentativo rivoluzionario è stato sconfitto. Oggi nel “ricordare” dovremo lasciare meno spazio alle commemorazioni e più attenzione alle riflessioni critiche, anche per il “nostro” 25 aprile e i successivi tentativi rivoluzionari, per capire la complessità della lotta di classe.
Lo scritto che segue è tratto dal bimestrale francese “Communisme” sulle fasi dello scontro di classe in Portogallo dal 25 aprile ’74 sino alla caduta del governo di Gonçalves. Sono cronache e valutazioni degli avvenimenti della durissima lotta di classe prima e dopo la caduta della dittatura fascista di Caetano, utili per la comprensione delle condizioni che hanno consentito la dura controffensiva borghese. [l’articolo è stato pubblicato sul n.1 di Corrispondenza Internazionale del dicembre 1975]
“Champalimand”). Secondo questa nuova tendenza dell’oligarchia, il vecchio sistema fascista e coloniale ha fatto il suo tempo e non è più in grado di contenere il movimento operaio e popolare, né di salvare i legami con le colonie.
I1 25 aprile è il prodotto della convergenza di tutte queste contraddizioni, su un obbiettivo preciso e limitato: il rovesciamento della dittatura di Caetano. Sarebbe dogmatico vedere negli avvenimenti del 25 aprile soltanto una manovra della borghesia. L’MFA è La forza politica che dà l’ultimo colpo al fascismo, ma questo era già stato fortemente scosso dai movimenti di liberazione africani e dal movimento antifascista in Portogallo.
DAL 25 APRILE AL 28 SETTEMBRE (SCONFITTA DELLA MANIFESTAZIONE DELLA “MAGGIORANZA SILENZIOSA” E DIMISSIONI DI SPINOLA)
Le libertà democratiche accordate dopo il 25 aprile, non sono un regalo dell’oligarchia, né del MFA, ma una conquista delle masse popolari portoghesi con l’aiuto determinante dei movimenti di liberazione. La classe operaia e il popolo portoghese sono pienamente coscienti di questa verità: le grandi mobilitazioni popolari del 25 aprile e del 1° maggio sarebbero state inconcepibili, se non fosse esistito un autentico movimento antifascista in seno al popolo. I1 quale ha ben capito, dopo il 25 aprile, che queste libertà non se le è conquistate per rimirarsele, ma per servirsene.
La borghesia, dal canto suo, cerca di trasformare questa sconfitta in una vittoria e organizza rapidamente il suo primo governo provvisorio sotto la protezione del MFA. Tutte le forze politiche borghesi vi sono rappresentate, dalle personalità legate al fascismo, fino al PCP, che la borghesia, in quel momento, considerava capace di mantenere la classe operaia nel quadro della democrazia borghese e di frenarne le rivendicazioni economiche. Per questo scopo, il PCP conta su uno strumento: l’Intersindacale, da esso creata negli ultimi anni del fascismo. Si trattava, allora di una specie di coordinamento dei sindacati fascisti in cui il PCP si era infiltrato; dopo il 25 aprile, si tenta di farne un sindacato unico burocratizzato e rispettoso della santa proprietà borghese.
Non ci vorrà molto ad accorgersi che la classe operaia ha in mente altri progetti ….
A partire dal 25 aprile, si scatena un grande movimento antifascista: le masse esigono e spesso realizzano l’epurazione di tutte le aziende e degli organismi pubblici, così come esigono e realizzano lo smantellamento della tristemente famosa P.I.D.E. Contemporaneamente, il vasto movimento rivendicativo che ha origine alla base, supera rapidamente tutti i limiti che l’Intersindacale tenta d’imporgli. Le commissioni operaie, elette da assemblee generali di fronte a cui sono responsabili, svolgono in questo periodo un ruolo importante nella lotta economica.
Gli scioperi della T.A.P. e della Lisnave (agosto-settembre 1974) sono i punti culminanti di questa lotta economica antifascista: essi hanno dimostrato, ad un tempo, i progressi e i limiti di un movimento operaio che si basa sulle rivendicazioni economiche e sull’epurazione dell’apparato borghese, ma che non si pone ancora né il problema della distruzione di questo apparato, né il problema del potere. Ma, nonostante ciò, questo grande movimento rivendicativo ha dimostrato che la classe operaia non è affatto disposta ad accontentarsi delle briciole del banchetto borghese; ha anche dimostrato alla borghesia che il PCP non è in grado di controllare, come vorrebbe, la classe operaia.
Le leggi per il controllo della stampa e la legge anti-sciopero sono le prime risposte del “fronte unito borghese” contro il movimento operaio e popolare.
Durante tutto questo periodo, I’MFA appariva ancora come una forza monolitica, il cui progetto era di far avviare la democrazia borghese, prima di ritirarsi nelle caserme.
Il primo tentativo fascista del 2 settembre 1974, rappresenta l’esplosione delle prime contraddizioni in seno alla borghesia. Da un lato, quei fatti dimostrano che il movimento operaio e popolare è pronto a difendere in piazza contro i fascisti le sue conquiste. Dall’altro, dimostrano che un settore della borghesia non crede più (e forse non ci ha mai veramente creduto) nell’agibilità di una democrazia borghese, nella misura in cui il PC non può garantire un efficace controllo sul popolo.
DAL 28 SETTEMBRE 1974 AL 25 APRILE 1975 (ELEZIONI ALL’ASSEMBLEA COSTITUENTE)
Nel periodo che ha inizio col 28 settembre nuove contraddizioni s’innescano in campo borghese, soprattutto sulla questione dell’unità sindacale. Una parte della borghesia, che fino a quel momento non aveva contestato l’influenza del PCP sull’Intersindacale, comincia a preoccuparsi.
I1 PC e il PS, rappresentano due differenti alternative per il capitalismo portoghese. Per quanto riguarda i “socialisti”, essi considerano che il modo migliore di mantenere debole e sottomessa la classe operaia è quello di dividerla. Di qui il loro progetto di “pluralismo” sindacale. Per il PC, è preferibile inquadrare la classe operaia in un apparato sindacale unico, burocratico e collaborazionista.
Nella classe operaia, divisa per anni durante il fascismo in decine di corporazioni, l’unità sindacale è molto ben vista. Ma l’unicità sindacale delle lotte che la classe operaia vuole (e che i marxisti-leninisti difendono) non ha niente a che vedere con la falsa unità preconizzata dal PC.
La coincidenza è puramente formale. I1 forte senso unitario che si sviluppa nella classe operaia, come anche l’influenza di cui il PC gode in questo periodo sul MFA, fa propendere quest’ultimo per l’alternativa del sindacato unico.
L’11 marzo, si assiste al secondo tentativo dalla destra filofascista (e per alcuni anche apertamente fascista) di impadronirsi del potere, tentativo che, come il primo, le si rivolta contro. Se esso dimostra che il pericolo fascista è sempre presente, sembra che si tratti di un’esagerazione da parte dell’apparato propagandistico del PC, che vuole mostrarsi alle masse come la principale forza antifascista. E, comunque sia, il PC trarrà un grande beneficio politico dai fatti dell’11 marzo. Se ne servirà per rafforzare la propria influenza sul MFA e per ottenere da questo, ad esempio la messa fuori legge del MRPP e l’arresto dei suoi dirigenti.
Dall’11 marzo in poi il movimento di massa ha un nuovo e importante slancio. Ovunque si formano organismi unitari di massa, commissioni di lavoratori, di quartiere (moradores). Il movimento s’impadronisce delle caserme (comitati di soldati e marinai) dove molti capiscono che, se il Portogallo non vuol fare la fine del Cile, bisogna farla finita con l’esercito borghese.
Le commissioni di lavoratori sono organismi “unitari, democratici e apartitici”. Sono elette nelle assemblee di fabbrica, di fronte alle quali sono responsabili. I loro compiti consistono nello organizzare le lotte e l’autodifesa degli operai della fabbrica e il controllo operaio sulla produzione.
Le commissioni di quartiere sono elette dalle assemblee di quartiere. Hanno il compito di organizzare la vita pratica del quartiere, migliorare le condizioni di vita, e di organizzare l’autodifesa degli abitanti.
Commissioni di lavoratori e commissioni di quartiere sono organismi popolari a partire dai quali si costruiscono delle strutture di coordinamento (assemblee di commissioni). Questi organismi popolari di base, cui il carattere unitario conferisce una grande forza, si presentano sulla scena politica come un nuovo elemento decisivo. Essi testimoniano che il movimento operaio e popolare è maturato e indirizza la propria avanzata verso il problema fondamentale di ogni rivoluzione: il problema del potere.
DAL 25 APRILE AL V° GOVERNO PROVVISORIO
Le elezioni del 25 aprile 1975 segnano l’esplosione della crisi aperta tra i vari partiti borghesi. I1 PCP, che ha applicato una strategia d’infiltrazione nell’apparato statale borghese, comincia a porre in discussione la validità delle elezioni e a predicare una linea putschista. La sua influenza sulla V* divisione dello stato maggiore (l’organo di propaganda del MFA), la pretesa identità di certi suoi punti di vista con quelli del MFA, lo spingono su questa strada. Dal canto suo, il PS (sostenuto dal PPD), a cui i risultati elettorali hanno dato un’audacia senza limiti comincia ad attaccare apertamente il PC.
In tutto questo periodo, I’MFA, che appare ancora unito, cerca di porsi come arbitro della polemica, mettendosi al di sopra delle lotte partitiche. Con l’istituzionalizzazione del MFA, vengono alla luce chiare tendenze a un “socialismo militare” fondato sull’alleanza “Povo-MFA” (Popolo-MFA).
I dirigenti del MFA esaltano il “contatto diretto” con le organizzazioni popolari e la “morte naturale” dei partiti. La loro ambizione è certo quella di trasformare l’MFA in un “movimento di liberazione” sul modello dei movimenti africani.
Le organizzazioni popolari hanno acquisito una tale forza, da costringere i partiti a confrontarsi faccia a faccia con loro. Il PS le condanna apertamente.
Il PC le condanna nella misura in cui non riesce a controllarle, ma intanto comincia a manovrare per riuscirci: una volta sotto il suo controllo, questi organismi, isolati, avrebbero il compito di gestire meglio il capitalismo di stato. I1 fine è di distoglierli dal problema fondamentale: il problema del potere.
Per tutto questo periodo, gli organismi di massa continuano ad aumentare la loro influenza. Possiedono già una parola d’ordine che dimostra un alto livello di coscienza politica: “Scioglimento dell’assemblea costituente”.
L’affare Repubblica segna il punto culminante della crisi. La lotta dei lavoratori di Repubblica è usata demagogicamente dal PS e dal PC. I1 PS cerca di far credere che il PC controlli il giornale; il PC cerca di far credere che si tratta di un semplice conflitto di lavoro. Ma le cose stanno molto più avanti: Repubblica è il primo mezzo di comunicazione conquistato dagli organismi unitari di massa. L’affare “Radio-Renacensa”, svolge lo stesso ruolo, ma questa volta è l’arcireazionaria Chiesa Cattolica ad attribuire al PC il controllo dell’emittente.
Le violenza fasciste che si scatenano nel Nord del Portogallo sono il diretto risultato dello stato di crisi in cui versa il paese. I fascisti cominciano ad organizzarsi, approfittando del malcontento prodotto dagli intrighi burocratici del PCP. L’atteggiamento dei rivoluzionari e delle organizzazioni di massa è preciso: bisogna opporsi alla scalata del fascismo, ma questo non significa doversi appoggiare al PC: occorre infatti non seminare illusioni sull’“antifascismo del PC”, come occorre negargli una base d’azione per la sua politica antipopolare.
Ne1 frattempo, la guerra aperta PS-PC continua. Il PS abbandona il governo e lancia una campagna “contro la dittatura del PC”. Dietro questa campagna, si delineano le forze più reazionarie. Spinola, dal suo esilio dorato, appoggia il PS, mentre il PCP, con la sua tattica putschista e burocratica, resta sempre più isolato. Alzando barricate, tenta di opporsi ai raduni e alle manifestazioni del PS, e identifica abusivamente come fascisti tutti quelli che seguono il PS.
Le organizzazioni di massa danno prova di maturità politica, mantenendosi ai margini di questa battaglia “tra lupi”. Quando il 18 luglio, a Porto, il PCP cerca di strumentalizzare una manifestazione di 10.000 persone – commissioni di lavoratori e di quartiere che protestano contro la disoccupazione e chiedono lo scioglimento della Costituente – per dirigerla contro un raduno del PS, è un fallimento completo.
Il MFA, di fronte alla crisi politica che si aggrava di giorno in giorno, tenta ancora di mantenere la sua facciata monolitica: avanza un “progetto di potere popolare” come materializzazione del progetto di alleanza “Popolo-MFA”.
IL V° GOVERNO PROVVISORIO
I1 V° governo provvisorio voleva essere, all’origine, il simbolo dell’unità del MFA di fronte al dilaniamento reciproco dei partiti politici. Ma ci si accorge ben presto che questa unità è solo un mito. infatti, l’MFA è attraversato dall’alto in basso dalle stesse contraddizioni che dividono la società portoghese e, soprattutto, da quelle contraddizioni che sono presenti all’interno della borghesia.
Il 7 agosto, il “gruppo dei 9”, pubblica il famoso documento di Melo Antunes.
L’esistenza stessa di questo gruppo e del documento è una prova dell’eterogeneità del MFA. Seppure ha preso in prestito una certa ideologia antiegemonica, il documento è la prima presa di posizione di membri del MFA che riguardi direttamente gli organismi popolari di massa. Esso si pronuncia a favore di una stabilizzazione della situazione secondo i desideri della CEE, che fa della “democrazia” e del “pluralismo”, le condizioni imprescindibili per ogni aiuto economico.
“E’ necessario – dice il documento – respingere con energia l’anarchia e i1 populismo che conducono inevitabilmente alla dissoluzione catastrofica dello Stato in una fase di sviluppo in cui l’assenza dello Stato rende impraticabile qualunque progetto politico“.
I “nove”, hanno capito che le organizzazioni popolari riguardano direttamente lo Stato borghese. Essi identificano con molta chiarezza il loro nemico. Vogliono ristabilire l’ordine borghese e la disciplina borghese nell’esercito. Per condurre in porto il loro progetto devono farla finita con il V° governo provvisorio, troppo legato al PC e incapace, quindi, di diventare la base di un nuovo “fronte unito borghese”.
Nel frattempo, i fascisti continuano a riorganizzarsi: l’arcivescovo di Braga, Da Silva, organizza il 10 agosto, una manifestazione “religiosa”: al grido di “Alt al comunismo”, si raccolgono 25.000 fedeli, che il vescovo incoraggia a commettere attentati fascisti.
Mentre il documento dei 9, appoggiato dal PS e dal PPD comincia a guadagnare adesioni tra gli ufficiali, un gruppo di ufficiali del COPCON – la polizia militare – pubblica il 13 agosto un altro documento, il “documento del COPCON”, da cui risulta chiaro che le idee rivoluzionarie sono penetrate in un settore minoritario del MFA.
Questo documento chiarisce grandemente la situazione del Portogallo. Denuncia le alternative borghesi rappresentate tanto dai “9” quanto dal PCP. Se da un lato critica il burocratismo e il dirigismo del PCP, dall’altro identifica con precisione il contenuto borghese del documento di Melo Antunes: “Non è respingendo contemporaneamente la socialdemocrazia, il capitalismo di stato, la democrazia popolare, e le conquiste delle classi lavoratrici che permetteremo a questo di assumere la direzione del processo, o anche soltanto di consolidare le posizioni già raggiunte. La proposta presentata, conduce al recupero da parte della destra, aprendo a questa un terreno di manovra per la distruzione della rivoluzione, malgrado le intenzioni democratiche e patriottiche presenti nella testa dei firmatari del documento“.
Gli ufficiali del COPCON propongono un’alleanza tra I’MFA e tutti i sostenitori del potere ai lavoratori come soluzione transitoria, fino alla convocazione di un’Assemblea Popolare Nazionale, fondata sugli organismi di massa che essi appoggiano e di cui esaltano lo sviluppo. Questo punto, particolare, rivela una visione idealistica del MFA, che viene ancora presentato come capace di conservare la sua unità e di svolgere ancora un ruolo rivoluzionario.
Il successivo svolgimento dei fatti dimostra che le tendenze di destra interne al MFA si sono rafforzate, dopo che i “9” hanno conseguito una posizione dominante, provocando la caduta del V° governo provvisorio. Quanto al PC, sempre più isolato, esso tenta una serie di manovre tanto a sinistra (l’effimero “Fronte Rivoluzionario”) che a destra (appelli all’unità con il PS).
Intanto, il movimento di massa si sviluppa con forza e raggiunge il suo apice il 20 agosto con l’immensa manifestazione delle commissioni di lavoratori e di quartiere della regione di Lisbona, in cui 100.000 persone appoggiano il documento del COPCON e scandiscono “Contro le superpotenze unità col terzo mondo”. I1 movimento cosciente dello slittamento a destra del MFA,
il quale, – mirando a ristabilire “l’ordine” e a reprimere il movimento di massa – è oggettivamente una porta aperta alla preparazione di una offensiva fascista.
Il Consiglio della Rivoluzione, ormai dominato dai “9”, comincia a mettere in pratica il loro programma, soprattutto per quanto riguarda il richiamo all’ordine dell’esercito. Emana una legge che proibisce la pubblicazione di informazioni sulla vita politica nelle caserme. La stampa popolare sfida il Consiglio, ignorando deliberatamente questa legge, 10 settembre, a Porto, 1500 soldati, sostenuti da 10.000 lavoratori, sfilano in corteo contro il ripristino di questa disciplina.
IL VI GOVERNO PROVVISORIO
Il VI governo provvisorio, segna una fase di ripiegamento tattico del PCP che, non avendo trovato sostegno alle varie manovre per realizzare il suo “fronte antifascista” è costretto a capitolare di fronte al PS e a dividere con esso quel potere che aveva tentato di conquistare da solo.
Il VI governo vuole appunto essere quello del compromesso tra le diverse tendenze del MFA e i partiti borghesi. Ristabilire l’ordine e la disciplina: questo è il suo programma. All’ombra del PS e del PPD, le forze fasciste continuano intanto a riorganizzarsi: le manifestazioni reazionarie, gli assalti alle sedi dei partiti rivoluzionari (e non solo a quelle del PCP e del MDP), la liberazione degli agenti della P.I.D.E. ecc … sono i segni di questa riorganizzazione.
Per il movimento di massa il problema principale, in questo momento, è quello di accumulare forze, approfittando delle divisioni in campo borghese. Gli organismi popolari di massa hanno già proclamato la loro determinazione a difendere le loro conquiste e ad avanzare nel processo rivoluzionario.
La battaglia per l’epurazione dell’esercito e contro il ristabilimento della disciplina, quella per l’epurazione dell’apparato civile (soprattutto la giustizia e la polizia, che sono ancora i vecchi apparati fascisti), sono alcune battaglie parziali che rinforzano e unificano il movimento di massa, permettendogli di accumulare nuove forze in vista degli scontri futuri.
Da “Communisme” del 18 settembre 1975
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