Lunedì prossimo, 26 agosto, alle ore 15, le compagne e i compagni di Padova e tutti quelli che odiano i soprusi e l’oppressione, si sono dati appuntamento davanti al carcere Due Palazzi di Padova, in segno di solidarietà con i detenuti che da giorni protestano per avere chiarezza e giustizia per Aziz suicidatosi il giorno di Ferragosto.
Aziz Bouadili un ragazzo marocchino di 21 anni, si è suicidato la sera del 15 agosto [vedi Post qui ]. La voce che gira insistentemente nei reparti e nei cortili del Due Palazzi afferma che prima di suicidarsi Aziz avesse avuto una violenta lite con una guardia. Che ci sia stato o meno un pestaggio, non è dato ancora saperlo poiché è in corso l’inchiesta della magistratura, ma molte orecchie hanno sentito e sono disposte a confermarlo.
Conoscendo il carcere, sappiamo che anche pesanti minacce, una pratica diffusa tra gli agenti di polizia penitenziaria, possono aver indotto il ragazzo al gesto suicida. Un dato certo è che circa 200 detenuti del carcere, il 90% dei detenuti, dal giorno del suicidio non smettono di protestare con forza convinti che ci sia stato un suicidio indotto e comunque non vogliono che la morte di un ragazzo venga archiviata come la gran parte dei crimini perpetrati dal sistema di reclusione e dai suoi sgherri.
La scelta delle compagne e dei compagni del centro sociale Pedro, che hanno preso l’iniziativa di stare al fianco dei detenuti in lotta è il modo migliore per iniziare a cambiare i rapporti di forza nel sistema penitenziario ed evitare che fatti analoghi si ripetano.
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Giusta la scelta delle compagne/i del centro sociale Pedro di Padova e sarebbe molto utile giungessero fuori del carcere ,una o più testimonianze, circa la dinamica dei fatti che hanno portato al suicidio il giovane marocchino, come stanno avvenendo sempre più spesso conseguentemente ad altre cause (condizioni di vita “internamente”). Sarebbe anche utile far entrare dentro il carcere dei cellulari in grado di fare fotografie e registrare; “un tempo” si facevano entrare macchine fotografiche Polaroid e registratori a nastro; il materiale veniva stampato ad offset dai Collettivi e Comitati carceri esterni e distribuito nei quartieri in occasione di comizi volanti o mostre fotografiche itineranti….i NAP vennero dopo per dare maggiore forza e risonanza mediatica a detti episodi ed interventi e dare una “calmata” agli “operatori” delle carceri, sia internamente che esternamente, perchè non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire. Gianni Landi