Ci vuole una SCOSSA

Ora sarà chiaro per tutte e tutti!

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8 risposte a Ci vuole una SCOSSA

  1. Pino ha detto:

    La tecnologia non esclude la piazza e la piazza non esclude la tecnologia….vero è che non dobbiamo nasconderci dietro uno schermo, ma è vero anche che attraverso la rete è ancora possibile esprimere e diffondere senza filtri, altrimenti non avrebbe senso neanche questo blog. La TV è filtrata, il cinema è filtrato, l’editoria è filtrata: la verità è filtrata!! Un programmino et voilà: monto un video, un film e lo metto in rete. Telecamerina: riprendo e metto in rete. Apro un blog e scrivo e posso scrivere e pubblicare anche tutto quello che l’editore mi ha filtrato, dicendo: “ma no dai! Questo è meglio se lo togli!” . Posso leggere la stessa notizia su tutti i giornali, per verificare come la tagliano, la modificano o se decidono di non parlarne, senza dover comprare tutti i giornali e provando a costruire il mio pensiero critico a costo quasi zero (in confronto…). Ho 50 anni e nel 77, quando praticamente era già finito tutto, ne avevo 15. Ho militato, per quello che potevo e per quello che rimaneva. Oggi penso che se il movimento degli anni ’60 avesse avuto l’ attuale tecnologia, avrebbe stravinto.

  2. vittoria oliva ha detto:

    eh! però no scossone ce vorrebbe, però non abbiamo la forza, la consapevolezza, l’autorganizzazione, i soviet e il partito c’è rimasto solo o pc, e a vedere l’effetto Grillo che poi durerà 6 mesi un anno come i girotondini, i viola, i forconi, se vedono pure gli effetti negativi de o pc.

  3. vittoria oliva ha detto:

    ce sta gente che dice però o Grillo ce ha levato de torno il vecchio! e che ce cambia se non lo abbiamo tolto noi?

  4. massimiliano ha detto:

    buonasera pino, non credo sia così, relativamente alla tecnologia di oggi messa a disposizione di quegli anni.. a volte ci penso.. oggi le strade sono zeppe di telecamere, pensiamo ai sequestri lampo o a quello Moro.. pensa alle intercettazioni ambientali e alla lettura di mail finanche cancellate.. oggi ci sorvegliano già alla prima mail scomoda o veniamo identificati al primo corteo.. credo che oggi sia davvero difficile rimanere nell’ombra come i tanti compagni riuscivano nei 70.
    complimenti per il blog.

  5. Pino ha detto:

    Senz’altro Massimiliano! Ma se releghiamo la tecnologia a strumento essenzialmente e unicamente di controllo: attualmente NON è solo uno strumento di controllo, ma anche di comunicazione, di aggregazione, di diffusione culturale e informativa, di accesso agli atti pubblici, è uno strumento che ci permette (volendo) di leggere leggi, accordi contrattuali (da quelli provinciali e regionali a quelli nazionali), ci permette anche di essere informati in tempo reale di quello che succede ovunque sul pianeta e di diffonderlo, sempre in tempo reale. Certo c’è di tutto, ma se cerchi molto spesso trovi…eccome se trovi…per non parlare poi delle piattaforme in anonimo, più difficili da intercettare, del movimento globale degli hacker e della diffusione di “segreti” internazionali da parte di Assange, con Wikileaks. La tecnologia è uno strumento potente e pericoloso, ma lo è per tutti, non solo per il popolo…
    Il tuo parallelo somiglia, trasportato nel tempo, a quello di un messaggero a cavallo, che di fronte all’invenzione del telefono pensa: “Sì, ma adesso non saremo più tanto anonimi: il telefono può essere controllato….”.
    Forse è finito il tempo in cui la rivolta era costretta a ripiegare ed a continuare l’azione rimanendo nell’ombra…..ti ringrazio e ringrazio l’amministratore del blog per aver ospitato questa ed altre discussioni.

  6. massimiliano ha detto:

    Compagno Pino, concordo molto sulla tua risposta; hai certamente ragione quando parli della nuova forma comunicativa e di aggregazione, o anche dell’informazione, il progresso che possiamo oggi sfruttare in maniera intelligente; le forze in campo tuttavia restano comunque ad armi impari, questo è un dato oggettivo purtroppo; Wikileaks è stato certamente un terremoto che ha trovato impreparata l’establishment dei piani alti ma questi comunque possono sempre contare su coperture, tangenti, informazione controllata, fiumi di denaro su cui poter contare per insabbiare gli scandali, ma per noi operai il velo è sempre più fino… dalla manganellata gratis in piazza alle torture in caserma e via dicendo.. il nuovo modello fascista a cui gli italiani e gli europei si stanno assuefacendo, prevederà forme di coercizione sempre più ferree… ciao un abbraccio Massimiliano

  7. Pino ha detto:

    Esatto, compagno Massimiliano: il nuovo modello fascista a cui gli italiani e gli europei si stanno assuefacendo prevederà forme di coercizione sempre più ferree! Ma forse potremmo allargare i confini anche all’ America ed al dirompente mondo asiatico (chiaramente Cina compresa) e, non a caso, sembra sia proprio su questo fronte che la denuncia internettiana perde forza e convinzione…a cominciare dal M5S…ma chiediamoci allora come mai tendiamo a sottometterci al modello fascista…un motivo potrebbe essere il giogo culturale ebraico-cattolico: ci sottomettiamo (e non ci incazziamo ancora di più…) perché GIUSTIFICHIAMO interiormente L’INTERVENTO CASTIGATORE, legittimiamo il giustizialismo ( e non lo condanniamo e denunciamo apertamente) perché in fondo in fondo RICONOSCIAMO DI AVER PECCATO, meritiamo la coercizione ( e non la rifiutiamo né delegittimiamo) perché ci siamo permessi di contravvenire alle regole stabilite, cioè: ci abbiamo provato e ci ha detto male….di conseguenza la denuncia non assume toni di coralità, si frantuma e si sparpaglia immediatamente dopo aver preso corpo e viene portata avanti solo dai diretti interessati e dai loro parenti, quando mantengono vivo lo spirito d’indignazione.
    Pochi giorni fa ho fatto una ricerca sui MOVE, gruppo afroamericano che negli anni 70 si “permise” di costituirsi in comunità a Philadelphia: sono tutti in carcere dal 1978!!!! L’ unica che continua a parlarne è una di loro, che di anni di carcere se n’è fatti “solo” sette…e il figlio di due di loro, nato in carcere…gli unici due che non sono in carcere e non sono stati ammazzati….: ho trovato una serie di video-denuncia di quel periodo sulla loro storia, li ho scaricati e sto provvedendo a sottotitolarli in italiano, ma rimane il fatto, assolutamente incivile e fuori da ogni possibile giustificazione,che queste persone stanno in carcere per motivi politici da 34 anni e NESSUNO NE PARLA!!! Per ritornare a bomba: questo è un terreno importante su cui lavorare, sensibilizzare instancabilmente (con una denuncia quotidiana) sul tema del giustizialismo e dell’ applicazione delle pene e dell’ utilizzo della tortura e della violenza repressiva, per provare a scalfire il golem culturale ebraico-cattolico che ancora ci illudiamo sia esterno a noi e che invece affonda le sue radici dentro ognuno di noi e ci manovra come dei burattini ( finché non ne diventiamo CONSAPEVOLI….). Grazie di questa opportunità di confronto. Un abbraccio. Pino

  8. gianni ha detto:

    Giuste le considerazioni di Pino e Massimiliano e ne dobbiamo tenerne conto senza scoraggiarsi ,però ha sempre ragione Salvatore nel dire “spengiamo il computer e scendiamo in piazza per fargli sentire la scossa”, così facendo ci contiamo e tocchiamo con mano la nostra determinazione e cattiveria. La “scossa” la sentiamo noi ma la sentono anche loro e ci serve per creare dei gruppi di lavoro, di intervento nei quartieri, nelle fabbriche e tra i disoccupati. Non ci scordiamo che, quando nel ’68 la piazza “bolliva” nelle fabbriche, nelle carceri, nelle scuole scendevano a patti, fiorivano tanti giornaletti militanti e si dovetteeo inventare, Piazza Fontana, Brescia e le bonbe. Lotta dura e senza paura perchè abbiamo ben poco da perdere. Gianni

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