Cos’è il carcere?

“… Io credo di aver superato la crisi che si produce in tutti, nei primi anni di carcere, e che spesso determina una netta rottura col passato, in senso radicale. A dire il vero, questa crisi l’ho sentita e vista negli altri, più che in me stesso, mi ha fatto sorridere e questo era già un superamento. Io non avrei mai creduto che tanta gente avesse una così grande paura della morte; ebbene è proprio in questa paura che consiste la causa di tutti i fenomeni psicologici carcerari. In Italia dicono che uno diventa vecchio quando incomincia a pensare alla morte; mi pare un’osservazione molto assennata. In carcere questa svolta psicologica si verifica appena il carcerato sente di essere preso nella morsa e di non poterla più sfuggire: avviene un cambiamento rapido e radicale, tanto più forte quanto più fino a quel punto si era preso poco sul serio la propria vita di idee e convinzioni. Io ne ho visti abbrutire in modo incredibile”.

 [A. Gramsci, Lettere dal carcere, Einaudi 1971]

 

“… Ma per aprire le carceri al controllo della pubblica opinione, per rompere la piccola tirannica sovranità della amministrazione, per far sentire ai reclusi che essi non sono abbandonati, che esiste un mondo di relazioni umane e di regole che li sostiene e li appoggia, non basta una riforma dell’edilizia penitenziaria né una polemica cogli arbitrii della custodia. Chi ha fatto le carceri a quel modo, chi ha delegato alla custodia quei poteri?  Nessuno si chiede conto di ciò perché esiste tra noi una omertà assoluta nel voler mentire, agli occhi stessi della coscienza, le colpe che abbiamo verso i fratelli più deboli. Ci danno fastidio perché sono lo specchio vivente della nostra mancanza di solidarietà umana, perché ci ammoniscono fastidiosamente della nostra stessa fragilità. E allora li chiudiamo dentro quattro mura, li affidiamo a degli specialisti di repressioni, per non vederli,per non sentire i loro lagni, per vivere in pace. E ipocritamente aggiungiamo che vogliamo che essi migliorino. Come se l’uomo, solo, fosse capace di bene. Ma l’uomo lasciato solo ha ancora la libertà di giudicare chi l’ha abbandonato. E spesso, agli occhi del recluso, le muraglie del carcere sembrano dilatarsi a dismisura ed avvolgere e chiudere in una segregazione morale volontaria il cosiddetto mondo degli uomini liberi, degli uomini che presumono di giudicare del loro prossimo e che sono subito costretti a chiudere disgustati gli occhi sul frutto delle loro malefatte, che chiamano giudizi.

[V. Foa in Il Ponte  n.3  marzo 1949]

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Una risposta a Cos’è il carcere?

  1. “Ma tu che ascolti una canzone, lo sai cos’è una prigione?”
    Claudio Lolli

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