Il 9 maggio 1976 la mattina alle 7,39 Ulrike Meinhof viene trovata impiccata nella sua cella. La corda era fatta da pezzi dell’asciugamano. Il corpo fu rimosso in fretta, nessuno poté vederlo. L’autopsia viene condotta senza la presenza di un legale della famiglia della vittima né un medico di fiducia…. Vedi qui e qui e qui
*** Negli anni Settanta alcuni gruppi di donne e di compagne si organizzarono sul terreno della lotta armata. Alcune sigle: “Violenza femminista”, “Donne combattenti per il comunismo”, “Alcuni collettivi femministi”, oppure semplicemente con uno slogan: “Organizziamoci contro il potere nemico”, “Streghe fuori, streghe dentro, siamo tutte nel
movimento”, “Bruciamo i covi della nostra oppressione”.
Da alcuni loro documenti:
“Non è vero che la violenza è estranea alle donne, da sempre la subiscono! Si tratta della violenza con cui ci hanno espropriato di tutto: corpo, mente, affetti; vita è la paura che ci ha fatto accettare di vivere di rinunce. Rompiamo questa violenza su di noi per arrivare ad esercitare una violenza finalmente liberatoria, una capacità offensiva che è l’unico mezzo per rompere questo cerchio di oppressione che ci circonda, per potere cominciare finalmente a vivere i nostri desideri” …
“Ci autodeterminiamo come soggetti della nostra liberazione nel progetto generale di distruzione dello Stato… Liberiamo le nostre forze contro chi ci vuole sottomesse: non schiave del nuovo comando nemico, non moderni angeli del focolare…”
“Io sono conservazione, autoconservazione, vita quotidiana, adattamento, mediazione dei conflitti, assopimento delle tensioni, sopravvivenza dei miei oggetti d’amore, nutrimento cibo; io sono tutto questo contro me stessa , contro la possibilità di capire chi sono e di costruirmi la mia vita , io sono nella mia pazzia, nella mia autodistruzione. Allora mi guardo dentro e cerco di smettere di pensare ciò che è bene e ciò che è male, al giusto o sbagliato… Sento il bisogno di rompermi, di spaccarmi, di non pensarmi sempre in continuo con la mia storia. Forse perché la mia storia non ce l’ho, forse perché tutto quello che mi viene davanti agli occhi come storia mi sembra qualcosa di altri, mi sembra un abito che mi è stato messo addosso e di cui faccio fatica a svestirmi… Allora cominci a pensare come rompermi, spaccarmi, sezionarmi, riscoprirmi, ricercarmi nella nostra ricerca collettiva nella nostra possibilità, utopia collettiva, vuol dire esprimere spaccatura, rottura contro il potere… vuol dire che non posso rompere con la mia rassegnazione e subordinazione se insieme non rompo contro i nemici che ho individuato, se non riconosco e tiro fuori la mia rabbia, la mia violenza contro l’ideologia e l’apparato di violenza che mi opprime… se non ritrovo con le altre la mia voglia di uscire,di attaccare, di distruggere… Ecco distruggere abbattere tutti i muri le barriere…”
“Con queste parole si dichiara dunque guerra all’immagine della donna eternamente passiva, marginale, inesistente”….
Le frasi fra virgolette sono tratte dall’ultimo capitolo del libro “ Mara e le altre” di Ida Faré e Franca Spirito, Feltrinelli 1979
Con amore e rispetto per le compagne e le donne che si rifiutano di subire e si ribellano!
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Grazie Salvo (Rossa)
Grazie a voi tutte che resistete ed esistete.
Bella la canzone degli Erode su Ulrike… l’ho ascoltata con piacere. Grazie
S.
caro Salvo e compagni, un tributo a Ulrike dai compagni greci
forza ragazzi!