Ecco la prima presentazione del libro finito di scrivere qualche giorno fa, scaricabile e leggibile gratuitamente qui
-
Articoli recenti
- Coronavirus nelle carceri. Appello per la sospensione pene a detenuti malati e anziani
- Sono persone NON palle da ping-pong alla frontiera greco-turca
- Recensione del libro: “Esclusi dal consorzio sociale”
- Iran: 54.000 persone detenute scarcerate e ai domiciliari per impedire il contagio
- Presidio ambasciata greca a Roma – Solidarietà alle persone migranti
Commenti recenti
Archivi
Categorie
-
Unisciti a 250 altri iscritti
…. terminata la lettura del testo, mi permetto alcune osservazioni:
già dalle prime pagine, dalle prime righe, benchè il testo sia da subito intrigante, avverto osticità, una mancata planarità della escamotage narrativa. non perchè il testo e il senso sia difficile da comprendere, ma per la non esatta collocazione dell’io narrante. chi è l’autore? dove si trova? sto affrontando la lettura di un saggio? mi addentro fra le trame di in un romanzo? è un racconto più o meno di fantasia?
decido dopo qualche pagina che quanto leggo è una sceneggiatura per una piece teatrale. questo è il suo destino. forse, potrebbe anche essere il soggetto per un film, con una ambientazione scarna, claustrofobica alla “lars von trier”, ma con la cadenza di tarantino. nel film tutti i personaggi potrebbero essere rappresentati così come nel testo. nel caso della rappresentazione teatrale, il testo avrebbe necessità di una riduzione.
presa questa risoluzione – interpretati, perciò, gli incisi, le narrazioni, i dialoghi, come testo acciò destinato – la lettura può proseguire spedita, avvincente. ci troviamo catapultati in carcere, negli spazi angusti, compagni di “cella” dei cinque protagonisti e degli altri comprimari.
insomma se proprio volessi catalogare dentro un “genere” questo tipo di letteratura, la stiperei nello scaffale affianco a questo:
https://it.wikipedia.org/wiki/New_Thing.
una speciale narrativa che potremmo definire come “docu-racconto”. nel caso di “new thing” di wu ming 1, si traccia una iperbole di fatti circostanziati e realmente accaduti. nel caso di “esclusi” invece si tratta di un fantastico auspicio in cui l’autore non manca di lesinare dati, numeri, evidenze, riferimenti, accadimenti e valutazioni storiche.
l’opzione di adoperare la fantasia, di inventare una circostanza, benchè immersa più nel vero che nel verosimile, permette di rendere elastico, il tempo e lo spazio nella narrazione stessa.
potrebbe essere estremamente improbabile, che tali e tanti protagonisti di almeno 50 anni di storia si trovino incarcerati nella stessa cella, ma non del tutto impossibile.
e poi questa obbiezione, legittima per carità, è la stessa che lo scienziato oppone nel criticare un racconto di fantascienza. la forza e la trovata di questo racconto, è nei suoi paradossi didascalici, nella sua vocazione brechtiana di essere epica e istruttiva nel medesimo istante. per cui benvenga la “forzatura” della giustapposizione utopica/ucronica e poco importa se risulta “incredibile”. lo scopo è diverso, la riflessione altra. si tratta di aprire la scatola del “potere” di guardare cosa c’è dentro, di smontarne il contenuto, di metterlo in relazione con “l’umanità” dei personaggi – anche loro racchiusi nel luogo emblema della dis/umanità – utilizzando il dato esperienziale direttamente appreso.
trascorrendo il tempo della lettura, trascinati nella cella, all”‘aria”, nella bolgia mortifera che si anima di vivacità, di parole e rumori, odori e puzza, sussulti e sussurri dei sensi annichiliti dalla privazione, il pensabile tramuta in possibile. e allora al fondo delle coltri di una maglia infernale che ci attanaglia, fatta di obblighi, costrizioni, convinzioni, routine comportamentali, che scorgiamo il caos benefico, cui è difficile dare una sinergica direzione. in questa melma il “potere” è svelato nella sua forma arcaica, primigenia, radicale: il brutale controllo dei corpi e delle vite esercitato infliggendo dolore. queste sono le “istituzioni” reclusorie. e badate, ci dicono gli “esclusi” ormai consapevoli, non si tratta soltanto di carcere.
questo scritto è un grido lanciato. di dolore e di battaglia. una esortazione al fare e al dimostrare.
l’interrogativo finale – come in quel disco là, ricordate? – “se ho vinto se ho perso” può restare privo di punteggiatura…. in fondo, poi, non è così importante la risposta.
ah dimeticavo! forse ancor più di un film o una “piece”, direi – con i/le tant@ brav@ giovan@ fumettist@ che ci sono – che sarebbe un’eccellente soggetto per una “novel story”…. chissà che qualcun@ accolga l’idea?