Un fatto scabroso, ostico, rimosso… parliamone!
Riporto una nota del cappellano del carcere di Sollicciano e di Beppe Battaglia dell’Ass. Liberarsi. Conosco il compagno Beppe da lunghi anni di carcere e dal suo successivo impegno che svolge contro il carcere,affrontando sempre problemi non facili, quelli che fanno girare dall’altra parte le persone per bene.
Se siamo contro la galera, se la vogliamo abolire, se vogliamo farla finita col giudizio e la punizione dei tribunali e della “gente”, dobbiamo soffermarci soprattutto sui problemi non facili, quelli sgradevoli, imbarazzanti, quelli scomodi che non portano applausi ma insulti. Quelli che nessuno se la sente di affrontare, che, comunque, ci appartengono.
Qui di seguito uno di quelli…
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L’esorcismo ipocrita della mostrificazione
Si chiama Riccardo Viti ed è responsabile della morte di Andrea Cristina Zamfir, romena di 26 anni, trovata crocifissa ad una sbarra di ferro sotto un ponte tra Firenze e Scandicci. L’uomo è stato arrestato e si trova nel carcere di Sollicciano. Col suo arresto (e a quanto se ne sa, la sua confessione) è partito ad opera dei media il repertorio penoso della mostrificazione, spintosi fino al coinvolgimento della madre di Riccardo costretta a pronunciarsi in sintonia col coro. Noi vogliamo riflettere sul fatto, al costo di diventare una voce fuori dal coro. Naturalmente la nostra umana solidarietà va alle vittime, alla famiglia della ragazza uccisa, così come ci sentiamo vicini al dolore della madre di Riccardo che scopre all’improvviso il delitto insospettabile commesso dal figlio cinquantacinquenne. Detto questo, vorremmo soffermarci su un paio di riflessioni attorno al caso. La prima riguarda il fatto che fino ad un minuto prima dell’arresto, Riccardo Viti era da tutti considerato una persona perbene, l’uomo della porta accanto. Così come perbene sono considerate le persone che apparentemente mantengono uno stile di vita che, appunto, giustifica l’essere perbene. E poiché questo delitto, come tanti altri in passato, attiene ad una perversione erotico-sessuale, ci sembra legittimo pensare che forse il fenomeno è molto più esteso rispetto ai “casi” volta a volta scoperti. Ma ci sembra ragionevole supporre che si tratta di pratiche perverse e violente, che pur non sfociando nel caso clamoroso, sono molto diffuse e denunciano uno stato patologico latente che attraversa molti uomini apparentemente perbene e spesso, come le cronache giudiziarie dimostrano di volta in volta, si tratta di persone assolutamente insospettabili, senza distinzione di status sociali di appartenenza, stili di vita, cultura, formazione professionale, caratteristiche sociali. Come dire: il “mostro” è dentro di noi, ben occultato a tal punto da …autorizzarci a partecipare in modo attivo al percorso pubblico di mostrificazione del povero disgraziato di turno. E più la nostra partecipazione a questo processo è rigida, più –evidentemente- il “mostro” che c’è dentro di noi spinge forte. In realtà, le cose –a nostro avviso- sono molto più semplici: fatichiamo a riconoscere la fragilità come una caratteristica dell’umana esistenza. L’altra riflessione che vorremmo porgere riguarda proprio il processo di mostrificazione del disgraziato di turno. Questa sete di allontanare da noi ogni possibilità di contaminazione è davvero desertica. Conosciamo il repertorio dei media, ma essi hanno la necessità di incrementare le vendite mediante l’esaltazione dello scoop torcendo tutto a questa necessità imperiosa e …deformare informando (una grave responsabilità che i media ovviamente non vogliono riconoscere). La risultante è un fenomeno sociale omologato ed omologante. Chi si permette di dire “quello non è un mostro”? La necessità di affermare che non si tratti più di una persona umana, quali che siano le responsabilità che si è assunto, sorge dal fatto di doversi <<ad ogni costo>> chiamare fuori e lontano dalle similitudini tra noi e il “mostro”. Il “mostro”, la “belva”, infatti, come si sa, è qualcosa di diverso dagli uomini e delle donne che mostri non sono. Ecco, è questa esclusione perentoria a …dircela lunga. Secondo noi questa durezza escludente, ancorchè un falso eclatante, è forse la spia di ciò che ci spinge dentro e che nell’intimità del cuor nostro ci fa sentire …simili al “mostro”. E’ ben nota la storia del capro espiatorio, che gioca nei fatti lievi e nei fatti gravi. Così come è nota la metafora secondo la quale …a scricchiolare più forte è sempre lo scalino più scassato! Ora noi vorremmo segnalare che il coro mediatico contro Riccardo Viti, è di per sé un mandato sociale che allude apertamente all’eliminazione di questa persona. Non sono pochi i casi di persone che nella condizione concreta di Riccardo Viti hanno perso la vita senza il minimo dispiacere di alcuno. Anzi è proprio la teoria del capro espiatorio che richiede questo passaggio quali che siano le mani o le parole istiganti in tal senso. Quando c’è un mandato sociale così vasto, è ragionevole prevedere questa ulteriore conseguenza. Noi vogliamo collocarci fuori e lontano dal coro e ci auguriamo che Riccardo possa vivere a lungo per superare la tragica fragilità che lo ha reso responsabile di un fatto grave e ormai irreparabile.
Don Vincenzo Russo – (cappellano carcere di Sollicciano)
Beppe Battaglia – (presidente Associazione Liberarsi)
Gli appellativi come le condanne non servono ad affrontare i problemi e trovare una soluzione : pedofilia generalizzata , pornografia , delitti cruenti ,delinquenza e derive sociali di ogni tipo devono essere analizzate / i per cercare di capire dove questo tipo di società, di convivenza , di informazione mediatica , sta sbagliando . Sbalordire , condannare alla “forca” o propinare anni di galera non serve a niente , mentre sono convinto che senza capire dove questa società sta sbagliando ci porterà ad una deriva catastrofica. Purtroppo sono convinto di trovare poca condivisione, come don Vincenzo e Beppe . Sembra di parlare al vento !!
Difatti Gianni, non troveremo condivisione, ma la strada che abbiamo scelto è questa: interrogarci e interrogare tutte e tutti, come dici tu, dove questo sistema di relazioni sociali ed economici e questo sistema di potere ci conduce. Prima che sia troppo tardi-
Salvatiore , non era un atto di sfiducia o di ripensamento riguardo al nostro intervento e se ho dato questa impressione ,hai fatto bene a farmelo notare perchè non era mia intenzione mettere i remi in barca, dare negli altri questa indicazione di arrendevolezza di fronte ad una realtà difficile da penetrare con le nostre idee. La storia è sempre andata avanti a passi piccolissimi , con tanti sacrifici, galera , sangue e morti ; sarebbe ingiusto essere irriconoscenti o sfiduciati verso questi lottatori ed ancora di più allinearsi con i fatalisti , con quelli che non ragionano o sono “pigri” di comprendonio. Il plebiscito di domenica , parla chiaro, ma è anche vero che la storia ha un andamento sinusoidale ,ed ora siamo nella valle dell’onda ; questo è l’andamento della rivoluzione ,ma d’altra parte questo è il nostro sentire ed al cuore non si comanda. Ti abbraccio con il calore di sempre.